E ora… si naviga di bolina
La politica ha in comune con lo sport il fatto che la realtà conta più delle chiacchiere.
Quindi inutile negare che – come recita un manifesto “ottimista” del Pd – è cambiato il vento. Ma quando uno è partito per una direzione ed è arrivato – bene o male – in vista della destinazione, le cose che sicuramente non si fanno sono 1) cambiare rotta, 2) buttarsi a mare e nuotare, 3) ammainare le vele e lasciarsi portare dalla corrente. Si cambia la velatura, si tagliano le onde e il vento.
Guardandosi indietro, in lontananza, si vede il cielo di tempesta al quale abbiamo sottratto la barca/Paese. Potevamo andare a fondo con la crisi già due anni fa, siamo ancora in regata.
In mare aperto non c’è molto tempo per le riflessioni, bisogna agire. C’è un capitano e il suo dovere e portare in porto l’equipaggio. Una volta a terra si può discutere di tutto, prima di partire per il prossimo viaggio.
In meno di quarantott’ore è stato ridisegnato il tragitto, si cambiano le vele e c’è già un capitano in seconda.
La maggioranza va avanti di bolina. Significa che non ci saranno virate (da parte di nessuno) e che nessuno lascerà la barca. Le voci di scissioni, rifondazioni e ritorni ai bei porti sicuri di una volta restano chiacchiere da osteria. Solo le galline, arrivate a metà del traversamento, si girano per tornare indiero. E solitamente finiscono sotto una macchina.