Nuovi culti: la goliardia vale per Gesù ma non con i pm
L’ultimo blasfemo abita a Milano e si chiama Roberto Lassini. Per un manifesto (idiota) dovrebbe pagare caro e pagare tutto. Ieri la Procura di Milano ha trasmesso al ministro della Giustizia la richiesta di autorizzazione a procedere nei suoi confronti e nei confronti di Giacomo di Capua, capo della segreteria del parlamentare Pdl Mario Manotovani come committenti della stampa dei manifesti con l’espressione “Via le Br dalle Procure”.
Esclusa la crocefissione in sala mensa, in stile Fantozzi, scartato il rogo per non irritare gli ambientalisti e la gogna per evitare l’occupazione di spazio pubblico, non resta che una pena esemplare. Potrebbe essere congrua la lettura ad alta voce del libro di Gustavo Zagrebelski ed Ezio Mauro. Il blasfemo Lassini conferma il trend italico del terzo millennio con annesso proverbio riveduto e corretto: «Scherza coi santi e lascia stare i pm».
Da Milano a Nuova Dehli
Agli indignati in servizio permanente effettivo si potrebbe regalare un biglietto di sola andata Milano-Nuova Dehli. Le prove tecniche di blasfemia a latitudini diverse. In India l’immagine di una divinità induista su un sexy bikini presentato a una sfilata di moda in Australia ha mandato su tutte le furie le destra nazionalista indiana e anche provocato l’intervento di un tribunale. Per timore di reazioni negative, la collezione è stata immediatamente ritirata, con le scuse dello stilista australiano. «Vogliamo domandare scusa a coloro che si sono sentiti offesi – ha scritto in un comunicato dell’azienda di costumi da bagno Lisa Blue – e blocchiamo la produzione della collezione che è stata presentata. Nessun prodotto sarà in vendita in nessun negozio del mondo». A provocare l’indignazione degli indù nazionalisti è stato un disegno della dea della ricchezza Lakshmi stampato sul dietro del bikini indossato da una modella alla fashion week di Sidney appena conclusa. La foto è stata pubblicata da diversi quotidiani indiani e stranieri. Alcuni esponenti del movimento fondamentalista Shiv Shena sono scesi in strada a New Delhi bruciando la foto «sacrilega» e urlando slogan contro il governo australiano e contro l’azienda Lisa Blue. L’Alta Corte di Allahabad, nello stato dell’Uttar Pradesh, ha poi denunciato alcuni quotidiani e chiesto al governo di intervenire contro il costume considerato blasfemo. Secondo il comunicato di Lisa Blue, «l’icona della dea era stata usata per celebrare le diverse culture e religioni nel mondo». Cambia un costume e metti un manifesto, sostituisci la blasfemia di una dea al manifesto milanese e il gioco è fatto.
La norma che non c’è più
In Italia le cose sono cambiate nel 2000, quando è stata cancellata la norma che puniva con la reclusione di un anno chi si rendeva responsabile di vilipendio della religione cattolica. Il caso era stato sollevato dalla Corte di Cassazione, secondo cui l’articolo 402 del codice penale che prevedeva questo reato era in contrasto con i principi di uguaglianza e di libertà di religione assegnando a quella cattolica una «tutela privilegiata» rispetto alle altre religioni.
Non se ne abbia a male quell’anziano signore tedesco che ogni domenica si affaccia tutto vestito di bianco da un terrazzatissimo edificio del centro di Roma. Doveva capirlo subito che aria tirava, dal giorno in cui è stato eletto. Quelli del manifesto gli avevano dedicato la prima pagina dal titolo esilarante: “Il pastore tedesco”. Blasfemi loro? No, oscurantisti noi, che ci siamo offesi in quanto cattolici. Datevi di gomito sghignazzate pure voi per sentirvi politicamente in linea con il trend del terzo millennio. Lassini è un berlusconiano, becero e insulso, non ha mica il talento di una Sinead O’ Connor che strappò in diretta tv la foto di Karol Wojtyla, reo di difendere il diritto alla vita. Come pure non potremmo mica paragonare le campagne artistiche di un Maurizio Cattelan, eclatante l’opera raffigurante Giovanni Paolo II colpito da un meteorite.
Chi protesta è fanatico
Al netto delle aberrazioni e dei fanatismi persino la vicenda delle vignette blasfeme sull’Islam ha avuto i suoi paradossi “politicamente corretti”. La difesa della libertà d’espressione, anche quella di irridere la religione altrui è stata certificata a tutti i livelli. Emblematica la nota sdegnata dell’ottobre scorso del ministro degli Esteri danese, Lene Espersen, nella quale ha categoricamente smentito di essersi scusata, al Cairo, per le vignette satiriche del profeta Maometto pubblicate da un giornale danese nel 2005 e che scatenarono un’ondata di proteste, anche violente, nel mondo islamico. Vari media mediorientali, inclusi il quotidiano in lingua inglese Egyptian Gazette e la tv Al Arabiya, avevano riferito che la ministra ha presentato le scuse al Cairo, dove ha incontrato anche il grande Imam di Al Azhar, Ahmed el Tayyeb.
La denuncia di “Avvenire”
Si arriva poi a casi come quello riportato ieri dal quotidiano Avvenire. «Un pubblico ministero della Procura presso il Tribunale di Roma: richiesto da un esposto dell’Associazione ascoltatori radio-tv (Aiart) di ispezionare il brevissimo spot di una marca di auricolari per telefonini nel quale si evoca la Passione di Nostro Signore, ma solo per presentare un messaggio promozionale a sfondo sadomaso, il magistrato ha liquidato l’ignobile spot come esempio preclaro di “umorismo goliardico”. Non importa che l’Istituto di autodisciplina pubblicitaria – massima autorità per chi produce e diffonde messaggi promozionali – abbia già sanzionato il filmato vietandone la riproposizione all’emittente che ha colpevolmente accettato di mandarlo in onda – Italia 1 – come a qualunque altro operatore televisivo. Si direbbe che questo pm romano non conosca legge oltre a quella del suo naso, che gli consiglia di ignorare l’affronto ai sentimenti religiosi di gran parte degli italiani».
Insomma, non c’è più religione e se esiste ancora si può basare al massimo sul culto di Bruti Liberati. Se un edificio deve restare sacro quello non è in piazza San Pietro, ma a piazza Cavour. Ecco perché Lassini è peggio di Sinead O’Connor, della stilista australiana Lisa Blue, dei pubblicitari più spregiudicati, dei vignettisti anti-Islam danesi. Peggio di loro c’è solo il candidato pasticcione del Pdl Roberto Lassini, blasfemo doc, a denominazione di origine (molto) controllata e (poco) protetta.
L’autorizzazione di Alfano
A questo punto spetta al ministro della Giustizia, Angelino Alfano decidere sulla richiesta della Procura di Milano per vilipendio all’ordinamento giudiziario in relazione ai manifesti anti pm. Finora il Guardasigilli ha detto “no” in tre note circostanze: il reato di offesa al prestigio del Capo dello Stato per il quale la procura di Roma aveva chiamato a rispondere il leader dell’Italia del Valori Antonio di Pietro e il direttore di Libero Maurizio Belpietro. Ultimo no, quello che avevo visto indagata l’attrice Sabina Guzzanti guarda caso per il reato di vilipendio di Benedetto XVI. Ma in quel caso si parlava solo di un Papa.