L’artista-majorette pontifica ma non si espone

19 Mag 2011 19:57 - di

«Per lungo tempo ho pensato di essere ebreo ed ero felice di esserlo. Poi ho conosciuto Susanne Bier (regista danese ebrea) e non ero così contento. Ma dopo ho scoperto che in realtà ero un nazista. La mia famiglia era tedesca. E questo mi fa anche piacere. Cosa posso dire? Capisco Hitler… simpatizzo un po’ con lui». Per questa frase il regista danese Lars Von Trier è stato letteralmente bandito dal Festival di Cannes, in quanto «persona non gradita».

Celentano e Grillo al riparo
La gaffe sui cui è scivolato il regista di film cult come Le onde del destino  è solo l’ultima di una lunga serie di “infortuni sul lavoro” di attori, musicisti o cineasti a cui la fama dà improvvisamente alla testa. Alcuni, investiti da un ruolo messianico, approfittano del successo per tentare la carriera di Masaniello o Savonarola. In Italia vantiamo due fuoriclasse come Beppe Grillo e Adriano Celentano. Entrambi accomunati dalla passione per le prediche pubbliche. Da una parte il blogger e comico genovese promuove, sponsorizza, benedice i suoi e maledice destra e sinistra, ma si guarda bene dal metterci la faccia. Dall’altra, è ancora più pavida la scelta del ragazzo della via Gluck che, al di là delle telefonate ad Annozero e le lettere sgangherate al Fatto quotidiano, non rischia nulla. Un bel mestiere, quello dell’artista sponsor e nume tutelare: si resta a bordo ring, si fa il tifo a squarciagola senza rischiare nemmeno un occhio nero. Ieri Grillo in un’intervista al quotidiano di Travaglio e Padellaro si è messo al riparo: ««Basta discorsi su apparentamenti, percentuali, poltrone. Noi non li facciamo. Al ballottaggio i nostri elettori possono fare quello che vogliono: restare a casa oppure portare crisantemi al capezzale della politica». Scaltro come un Bertoldo del terzo millennio, lasciando le mani libere agli elettori del suo Movimento 5 Stelle al secondo turno delle amministrative ha già vinto. «Noi siamo il neorealismo della politica – dice – abbiamo tolto gli attori di professione, per mettere sul palco gente comune». Versione nuova dell’«armiamoci e partite» aggiornato in «Candidiamoci e andate». Attività nella quale i nostri artisti sono campioni del mondo.  

Chiamalo ancora in campagna
Prendete Roberto Vecchioni: la canzone vincitrice del Festival di Sanremo ha ispirato il titolo del comizio conclusivo per il candidato della sinistra, Giuliano Pisapia: “Chiamami ancora Milano”. Non è mancata “Bella ciao” conclusiva intonata dai militanti in piazza Duomo. Nella categoria dell’artista majorette che scalda i cuori delle tifoserie ballando e cantando, ma quando c’è da scendere in campo va sotto la doccia, merita un posto d’onore Nanni Moretti. Tutti in piazza contro il Cavaliere e contro la sinistra incapace di dire “cose di sinistra”. Alle elezioni, però, non ci si presenta, si affida qualche peana al candidato di turno (Roberto Benigni in favore di Prodi alla trasmissione di Enzo Biagi) come testimonial dorato. Il campione delle majorette elettorali è Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti. Nel ‘99 incassò elogi assieme a Piero Pelù e Luciano Ligabue per il brano pacifista Il mio nome è mai più, con tanto di video glamour girato da Gabriele Salvatores e con i proventi “politically correct” devoluti a “Emergency” di Gino Strada. Inutile domandarsi che fine abbia fatto quello spirito arcobaleno ora che la Libia viene bombardata e, come mai, improvvisamente, sia diventato più importante fare la campagna elettorale per un sindaco anziché ripetere le preoccupazioni per il popolo libico così come ci si preoccupava delle popolazioni dell’ex Jugoslavia, dell’Iraq e dell’Afghanistan.

A chi piace vincere facile
Forse al nostro artista “impegnato” andrebbe ripetuta la domanda dello spot-tormentone del “Gratta e vinci”: «Ti piace vincere facile?». Perché se campagna sociale deve essere, meglio non arrischiarsi nel condannare i bombardamenti su Tripoli, così caldamente sollecitati dalle truppe bersaniane. Molto più conveniente suonare una sola nota, quella del “Si”, che esce ora da una chitarra, ora da una tromba e poi da un basso, un violoncello, un mandolino, un sax, un clarinetto. È lo spot suonato o cantato da Eugenio Finardi, Roy Paci, Luca Carboni, i Tetes De bois, Teresa De Sio, i Quintorigo, i Velvet e Piero Pelù (ancora lui), che hanno deciso di dare il loro sostegno a Legambiente per il referendum abrogativo del 12 e 13 giugno sul nucleare. Dopo Fukushima è quasi un gol a porta vuota.
Nel nostro Paese l’artista che si mette in gioco in campagna elettorale, soprattutto se si schiera con il centrodestra, rischia di venire irriso. Ombretta Colli, finquando è rimasta l’artista impegnata nonché compagna di un mito come Giorgio Gaber, era tenuta in considerazione come un’icona greca in un museo di Atene. Considerazione andata in frantumi allorché si è candidata per Berlusconi alla guida della Provincia di Milano e ha vinto (colpa imperdonabile per la sinistra). Se si esclude la toccata e fuga in Parlamento di personalità come Gino Paoli o Massimo Ghini (nel consiglio comunale di Roma), l’artista conviene come tifoso non come giocatore. Se poi è un irregolare, rompiballe come Luca Barbareschi, la certezza è quella di venire ridicolizzato. Dopo il rimpensamento e il ritorno nella maggioranza dopo aver dato il nome di Futuro e libertà al gruppo di Fini, la domanda più carina che gli è stata rivolta è stata: «Quante produzioni Rai ha incassato per tornare con Berlusconi?». Forse per questo in pochi rischiano di metterci la faccia, consapevoli di essere meno a rischio di demolizione mediatica.    

Chi si sporca le mani
Altro approccio rispetto all’estero: in Brasile un cantautore come Gilberto Gil è stato anche in ministro della Cultura, stesso dicastero in Grecia per una figura come Melina Mercouri che seppe conciliare senza imbarazzi l’impegno politico con l’attività di attrice e di cantante. Come pure in Gran Bretagna Glenda Jackson ha incarnato i valori “labour” andandosi a prendere i voti porta a porta senza bisogno di girotondi, blog o concertoni.  Ma anche l’approccio mentale è diverso: se per un italiano medio Arnold Scharwzenegger resta il volto di Terminator e di Conan il barbaro, negli Usa dopo la carriera di governatore della California è considerato uno dei padri nobili dei repubblicani. Da loro Arnold, da noi Ornella: candidata nella lista “Milano al centro” a sostegno di Letizia Moratti, la signora Vanoni ha rimediato 36 preferenze. Almeno lei non si è accontentata di fare la majorette.

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