Carlos, e l’episodio che non c’è: la strage di Bologna

9 Mag 2011 19:54 - di

C’è anche Olivier Assayas nella giuria del Festival di Cannes, che si apre domani. Assayas è uno dei registi del momento: il suo Carlos, sulla vita del terrorista internazionale Ilich Ramirez Sanchez, ha vinto il Golden Globe 2011 come miglior miniserie ed è stato ipercelebrato dalla critica. Anche il pubblico l’ha premiato tanto che, dopo la messa in onda in anteprima del 21 aprile, il canale Fx ha subito lanciato le repliche, terminate ieri. Carlos funziona: c’è intrigo, mistero, storia, avventura. Eppure anche questo prodotto tecnicamente perfetto ha una lacuna, almeno guardato dal punto di vista di un pubblico italiano che sia avezzo agli intrighi e ai misteri della propria storia: fra le tante peripezie criminali che hanno visto Carlos protagonista o che ne hanno incrociato i percorsi manca un riferimento alla strage di Bologna.
Carlos irrompe nelle nostre cronache con il dossier Mitrokhin. Il lavoro certosino della commissione parlamentare che lo studiò portò a far emergere un fatto noto agli ambienti giudiziari e di polizia, ma sottovalutato e comunque sconosciuto ai più: la notte del primo agosto 1980, a Bologna, erano presenti Thomas Kram e Christa Margot Fröhlich, che facevano parte del gruppo terroristico guidato dallo “sciacallo”. Il giorno dopo l’Italia conobbe il più grave attentato della sua storia post-bellica: la strage di Bologna, che fece 85 vittime e oltre 200 feriti. È noto che per la bomba nell’affollatissima sala d’attesa della stazione emiliana sono stati condannati Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini. È altrettanto noto che molti dubbi pesano su quella “verità giudiziaria”.
La sentenza che bolla l’eccidio come neofascista è il frutto di un processo indiziario così carico di incongruenze, buchi neri, illogicità da essere stato considerato una “soluzione di comodo” anche da numerose voci della sinistra politica e culturale, cui pure avrebbe fatto molto più comodo sventolare l’unica sentenza che “certifichi” l’esistenza di una destra stragista (tutte le altri stragi attribuite ai “fascisti” sono rimaste senza condanne). Tali sono i dubbi che l’anno scorso, durante la commemorazione, Giorgio Napolitano sottolineò che «la trasmissione della memoria di quel tragico fatto non costituisce solo un doveroso omaggio alle vittime, ma impegna anche i magistrati e tutte le istituzioni a contribuire con ogni ulteriore possibile sforzo a colmare persistenti lacune e ambiguità su trame e complicità sottese a quel terribile episodio».
Dopo le rivelazioni della commissione Mitrokhin e sulla spinta costante dei due deputati di An che ne facevano parte, Enzo Raisi e il compianto Enzo Fragalà, fu aperta un’inchiesta bis che si concentrava sull’ipotesi della pista palestinese: l’attentato fu una ritorsione perché l’Italia aveva violato il “Lodo Moro” (noi chiudevamo gli occhi sul transito di bombe e armi sul nostro territorio, il terrorismo palestinese non ci colpiva), arrestando il capo del Fronte popolare di liberazione della Palestina in Italia, Abu Saleh. In questo scenario, di cui parlò anche Francesco Cossiga, furono sollecitate rogatorie internazionali per Kram e Carlos, i quali poi rilasciarono anche diverse interviste. Kram si è limitato a negare un proprio ruolo nella strage di Bologna e ha parlato della sua presenza in città alla vigilia dell’attentato come di una casualità. Carlos, dal canto suo, ha puntato l’indice contro la Cia, il Mossad e Gladio. Qualche giorno fa, proprio in relazione al successo del biopic che gli è dedicato, il terrorista è stato nuovamente intervistato da una testata italiana. «La mia non è una verità, ma un’opinione tecnica fondata: sono convinto che l’attentato sia stato l’opera delle atrocità di Gladio», ha detto a Repubblica, sottolineando l’«incongruità» delle accuse agli ex Nar. E, ancora, alla domanda sul perché non si decida a dire ciò che conosce degli «episodi più oscuri del terrorismo in Italia», lo “sciacallo” ha risposto che non accetta la tutela della giustizia francese, incompetente sui casi italiani, e che nessuno gli ha mai chiesto di essere sentito a Roma. Molti interrogativi restano aperti e di nessuno vi è traccia nello sceneggiato che tanto successo sta avendo. In fondo, non stupisce: per Assayas sarebbe stato davvero troppo complesso addentrarsi nel vespaio dei misteri italiani irrisolti. Più semplice cavarsela facendo vedere l’arresto a Fiumicino di una “affiliata” di Carlos, che trasporta una valigia con dentro esplosivo ad alto potenziale. Si tratta presumibilmente della Fröhlich, che nel 1982 fu realmente arrestata in quelle circostanze, ma che nello sceneggiato rimane anonima e senza nemmeno i dati anagrafici in sovraimpressione che vengono offerti per gli altri personaggi. Per chi vorrebbe vedere la propria storia raccontata senza infingimenti è una delusione simile a quella che si registrò con la fiction sulle foibe Il cuore nel pozzo: ebbe sì il merito di affrontare l’argomento, ma non il coraggio necessario per farlo senza smussare gli angoli. Nel caso della strage di Bologna, però, il problema è a monte: è nella risposta che ancora manca all’appello di Napolitano di un anno fa, del quale con una serie di interrogazioni è stato investito anche il governo.

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