La guerra tra i satiri (tristi) del “Fatto”

25 Apr 2011 19:44 - di

L’aria che si respira nella redazione del Fatto non è proprio pasquale, anzi, a volerla dire tutta, è un po’ “tetris” e travagliata, giusto per usare delle metafore satiriche che rendono bene l’idea ma che non fanno ridere. Proprio come l’inserto satirico del quotidiano che, a quanto pare, riesce nell’impresa di divertire perfino meno delle barzellette di Silvio, cui è quasi interamente dedicato. Se a questo si aggiunge che Il Misfatto, lontano figliastro del celeberrimo Cuore in edicola non ha mai brillato, portando poco valore aggiunto a un giornale che va fortissimo, si capisce perché domenica si sia consumata la sua violenta decapitazione, conseguente a una spaccatura ormai profonda in seno alla redazione più antiberlusconiana del mondo.
È una sfida tra tiranno-satiri, ma di sinistra, per una volta: da un lato il vicedirettore Marco Travaglio e i suoi duri e puri con tutti, dall’altro i seguaci di Luca Telese, che potremmo definire, così, per caso, i “responsabili”: quelli che se c’è da menare il Cav non si fanno pregare, ma se gli tocchi le trasversalità s’incazzano democristianamente, figuriamoci se ironizzi sulle icone di riferimento, dagli Asor Rosa ai Grillo. Ma qualcuno, si racconta in redazione, pare si sia sentito toccato anche nei suoi ideali scilipotiani, come le poltrone. Ecco che così, da quando Travaglio diventa il braccio destro di Antonio Padellaro (ottobre 2010) qualcosa in redazione s’inceppa, quella nomina a qualcuno non piace. Fino a quando, pochi giorni fa, il vicedirettore decapita il Misfatto, pare sulla base di vendite magre e risate scadenti, scatenando la reazione dei demo-telesiani defenestrati. I quali ovviamente, per non entrare in rotta direttamente col vicedirettore responsabile (del loro siluramento) e per comprensibile cautela col direttore Padellaro, vanno all’attacco del neodirettore dell’inserto, il famoso vignettista Stefano Disegni, con il quale i vertici del foglio satirico erano da tempi ai ferri corti e contro cui anche molti lettori, negli ultimi tempi, avevano urlato alla lesa maestà per alcune strisce pungenti sui loro riferimenti politici di sinistra. Il disegnatore, che ironicamente i demo-telesiani definiscono “Il Grande Professionista della Satira”, però, li ha fulminati tutti, in una striscia apparsa nell’ultimo numero, quando ha immortalato i lettori critici del Fatto come i pasdaran della satira a senso unico, quella che piace ai telesiani: “Che giornale leggiamo noi”? chiede un generale un po’ tetris. “Il Fatto!”, rispondono le truppe. “E dove vogliamo vedere la satira fedele alla linea?”. “Ovunque! E in televisione nei nostri programmi preferiti: Bondi servo! Berlusconi mafioso! Bersani incapace!”. “E ora, ronde, cosa non amiamo noi?”, “La disgustosa bruttezza della satira quando non è allineata ai nostri sacri inattaccabili convincimenti!”. “Cioé?”. “Quando è qualunquista, reazionaria, fascista!”. “Cioè?”. “Quando osa attaccare qualcuno dei nostri idoli, Beppe Grillo, i pacifisti, Asor Rosa”. “Perché la satira non può attaccare Asor Rosa?”. “Perché è bello, buono, di sinistra, uno di noi…”.
Travaglio, nonostante i mal di pancia dei telesiani e di molti lettori, ha scelto proprio Disegni, “il satiricamente scorretto”, per rilanciare il giornale, ignorando le accuse dei suoi avversari, che gli contestano addirittura gli sfottò a doppio senso e lo additano per aver colpito perfino, udite udite, Asor Rosa, per quella cazzata sul golpe contro Berlusconi universalmente riconosciuta come tale. L’altro argomento forte utilizzato dai demo-telesiani è quello dell’età. Nell’editoriale di addio, quello firmato “Il Misfatto”, i vertici silurati pescano nei bassifondi dell’oscurantismo meritocratico: “Si toglie ai giovani per dare ai babbioni”, scrivono, con riferimento al 58enne Disegni, mica al bacucco dittatore 75enne Berlusconi, che va per la maggiore nei loro incubi gerontofoli. Poi Luca Telese, sul suo blog e su Dagospia, spiega che quell’editoriale era da considerare a firma del “collettivo di persone che per un anno ha mandato in edicola ogni domenica il Misfatto”. E ammette: «Noi ce l’avevano proprio con Disegni (ma non solo con lui). Perché il Grande Professionista della Satira ha scalpitato da matti per farsi dare un giocattolino, dopo – come abbiamo raccontato – aver rifiutato la proposta (di Padellaro e anche mia) di condurlo quando non c’erano certezze, perché non voleva mettere in gioco il prestigio della sua firma». Rispetto alle accuse di satira morbida con la sinistra, Telese ricorda con orgoglio posizioni irridenti contro Saviano, Moretti, e perfino D’Alema, addirittura.
Ci sarebbe da spiegare come mai quel foglio così caustico con loro vendesse poco, anche se le cifre fornite da Telese parlano di uno straordinario successo in edicola, che al vicedirettore pare non risulti. Ma, scanso equivoci, anche nel caso in cui il flop fosse vero, la colpa sarebbe comunque di Disegni: “L’anticonformista che non risparmia la sinistra, da dieci numeri disegna una infinita e noiosissima striscia a puntate (ridono solo lui e Bondi) in cui Berlusconi, con una grande e originale trovata, è raffigurato come un cazzo scappellato. Viva la satira anticonformista che non ha paura di andare controcorrente rispetto alle certezze della sinistra becera!», scrive il leader dei telesiani, Luca. E allora, dov’è la ragione? Qual è la linea? Ma soprattutto, dov’è la satira?
Una cosa è certa: la prima faida intestina tra giornalisti  antiberlusconiani si consuma nel segno della censura, la madre di tutte le battaglie contro il tiranno mediatico. Sullo sfondo, certo, anche di vicende personali, ambizioni, narcisismi, ma se il punto dirimente diventa, agli occhi dei lettori, chi è più allineato alle posizioni ortodosse della sinistra, bè, vuol dire che tra quegli spiriti liberi che accusano gli altri giornali di berlutappetinismo, qualcosa non torna. Come direbbe qualcuno: “Dacci oggi la nostra vignetta quotidiana, sempre giusta e di sinistra, diciamo sanfedista, vigilate con severità contro la satira eretica che instilla il dubbio, guai al dubbio! Perché odiamo i dubbi? Perché sono come la pancetta, quando scopri che non ce l’hai, non ti piace più…”. Firmato: Stefano Disegni, “Come tu mi vuoi” (Il Misfatto, p.VIII, domenica 24 aprile 2011, vigilia della festa della Liberazione).

Commenti