Coraggio, difendiamo anche Abele
«Siete paurosi, incerti, disperati (benissimo)/ma sapete anche come essere/prepotenti, ricattatori e sicuri:/prerogative piccoloborghesi, amici./Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte coi poliziotti/io simpatizzavo coi poliziotti».
È improbabile che quei quattro di Sorano, che fuori da un rave party hanno massacrato a bastonate due carabinieri lunedì mattina per sottrarsi a un test alcolico, abbiano mai sentito parlare di Pier Paolo Pasolini e della sua poesia su Valle Giulia. Nulla unisce quel passato con questo presente se non la certezza che anche stavolta Pasolini non avrebbe avuto dubbi su quale parte scegliere. E nulla unisce quei giovani con questi, tranne quegli aggettivi incollati sui giovani di allora che potrebbero essere trasposti su quelli di oggi (il diciottenne e i tre minorenni, tra cui una ragazza). Potrebbero andar bene tutti: «Paurosi, incerti, disperati, prepotenti ricattatori». Ma è soprattutto quel «sicuri», il più attuale e angosciante. Sicuri di un impunità, obbligatoria, inevitabile? Ma «sicuri» anche di trovare ascolto e giustificazione, sicuri di diventare oggetto di letture sociologiche che daranno la colpa alla società, alla tv commerciale (un attacco alle televisioni ci sta sempre bene), ai modelli diseducativi della classe politica, al governo. Dell’alibi non hanno bisogno, ci sarà un commentatore illuminato di turno che fornirà la chiave di lettura
Allora saltiamo a pie’ pari i commenti di chi, per ruolo e per curriculum politico, i ministri dell’Interno Roberto Maroni e quello della Difesa, Ignazio La Russa, hanno sempre avuto la stessa posizione. Prendiamo gli altri, il campo avverso, gli illuminati, i responsabili (non quelli di Scilipoti), i dubbiosi, quelli che non conoscono bava alla bocca, con l’alito profumato di tolleranza e comprensione. I professionisti della risposta che parte dalla premessa: «Il problema è un altro…».
Andiamo dall’altra parte. Provate a leggere le agenzie di ieri. Chi si è affrettato a dichiarare con prese di posizione all’insegna del «legge e ordine»? Quelli del Carroccio o del Pdl? Chi si è rammaricato per la mancanza di valori della famiglia? Quelli dell’Udc? Risposta sbagliata. Sono stati quattro esponenti del Pd bersaniano e postveltroniano. Guarda caso i massimi esponenti toscani. Partiamo dall’uomo nuovo dell’opposizione, il sindaco di Firenze Matteo Renzi: «Questi devono pagare, non facciano i furbi sui processi», l’accusa di tentato omicidio con la quale sono stati fermati «mi sembra il minimo». E ancora: «Dobbiamo pensarci anche a livello sociale: questi sono ragazzi che stanno in provincia di Firenze. Sarebbe doveroso ora fare una riflessione su che tipo di messaggio educativo abbiamo dato». Se l’avesse detto uno Stracquadanio o un Borghezio gli avrebbero dato del forcaiolo. Lo diranno anche di lui? Allora aggiornate l’elenco dei forcaioli, perché potrebbe entrarci anche il governatore della Regione Toscana, Enrico Rossi che comincia a chiedersi se non sia il caso di vietare i rave party: «Occorrono norme per regolamentarli», controlli per «garantire la convivenza civile e il rispetto delle regole», e «se ci sarà la possibilità di assumere iniziative al riguardo credo che ciò debba senz’altro essere fatto». È l’illuminato Rossi a porsi una domanda di buon senso: «Come si fa a prendere a botte due carabinieri solo per la paura del ritiro della patente? Che educazione e che valori hanno questi ragazzi? Loro dovranno essere giudicati per quello che hanno fatto ma noi, dovremmo riflettere su come sia possibile che tutto ciò possa accadere. Anche nella nostra civile Toscana». Non c’è due senza tra: poco dopo il segretario regionale del Pd, Andrea Manciulli invita tutti a un esame di coscienza. «La ferocia con cui sono stati colpiti due rappresentanti dello Stato credo che debba farci subito porre la domanda su quale sia il modello di vita che stanno assumendo le nuove generazioni, se quello dello sballo e della lotta contro il “sistema” pare essere la strada da seguire per molti ragazzi. Una violenza così gratuita lascia sconcertati e non può trovare giustificazioni, ci auguriamo quindi fermezza nel giudizio da parte della magistratura». Ancora più “reazionaria” la posizione di Vittorio Bugli, capogruppo del Pd in Consiglio regionale toscano che mette «in discussione, proprio alla luce della vicenda di Sorano, sono gli stili di vita, il rapporto con sostanze ed alcol, i modelli di riferimento di giovani apparentemente “normali” ma che troppe volte scopriamo così brutalmente in difficoltà».
C’è chi è rimasto sempre dalla stessa parte, che quella divisa l’ha indossata, che di pattuglia ci è stato. «Fossi stato io, avrei sparato. Forse ci sarebbe scappato il morto. Così sarebbero andati addosso alle forze dell’ordine. Come sempre. Se ti difendi ti massacra la stampa e qualche magistrato, se non ti difendi, ti massacrano questi…». A Filippo Ascierto trema la voce, una carriera nell’Arma, ora in Parlamento. La voce trema per la rabbia. Il deputato Pdl parla da addetto ai lavori e prova a immaginare la dinamica che ha fatto scegliere ai suoi “colleghi” di correre il rischio di diventare vittima per non tramutarsi in carnefice. «Potevano sparare e non l’hanno fatto. Forse perché quei ragazzi avevano l’età di un fratello maggiore o di un figlio. Da un figlio non te l’aspetti». Chissà se riusciranno mai a capire da che parte sta il coraggio e dove la viltà. Qui abbiamo Abele, «ma non c’è Caino, perché persino la furia omicida di Caino ha una motivazione, ha un senso, una logica, per quanto aberrante. Ma è meglio risparmiare il termine bestiale, perché qualsiasi etologo potrebbe rimproverarci: un animale aggredisce per fame o per paura». Non riesce a definirli, non c’è termine appropriato: «Vigliacchi, non avranno neanche capito che il più forte è chi ha avuto il sangue freddo di non sparare, di non reagire». Le ragioni, le spiegazioni, le argomentazioni lasciano il tempo che trovano: «Questi escono dai rave party con il cervello bruciato dalle droghe sintetiche. Dieci euro di pasticche e non sanno chi sono dopo. Vorrei sapere dove sono i genitori. Possibile che non ti accorgi di avere dentro casa un figlio così?». Si sarebbe detto un tempo, ragazzi di buona famiglia. Uno degli arrestati ha il papà negoziante e la mamma impiegata postale. Che gli avranno detto. Ascierto non riesce a immaginarlo: «Mamma lo sai che ho quasi ammazzato due carabinieri a bastonate?». I quattro di Sorano sono schegge impazzite di un universo giovanile dove la violenza è all’ordine del giorno. Prendete la cronaca cittadina di un qualsiasi quotidiano locale, la pagina del lunedì è un bollettino di guerra sulle risse nel centro storico. Diventato un ring, un’arena gladiatoria per aspiranti sballati, dove il coraggio si esercita secondo i criteri più balzani. A Roma una piazza storica come Campo de’ Fiori è finita sulle guide di internet più che per la statua di Giordano Bruno per la pratica dell’eyeballing. Attività ricreativa che comporta il versarsi vodka negli occhi. Una delirante tecnica di sballo importata dall’estero. Il problema è un altro? No, il problema è questo.