C’è accordo su Schengen, ma è bufera sul nucleare
Schengen, Libia ed economia. Silvio Berlusconi e Nicolas Sarkozy aprono il confronto sui temi caldi del momento e alla fine trovano una convergenza profonda su tutto. Italia e Francia “fanno pace” sulla questione dei migranti e concordano sullo sforzo militare italiano in Libia. Di abolire Schengen non se ne parla, ma c’è intesa sulla necessità di riformare l’accordo. Il premier italiano e il presidente francese decidono anche di mantenere in vita i contratti in materia di energia nucleare, rilanciano l’Unione per il Mediterraneo, parlano di cooperazione economica e di sostegno alle aziende, con l’occhio rivolto alla vicenda Parmalat su cui lavoreranno due stretti consiglieri di Palazzo Chigi e dell’Eliseo, affrontano il problema della successione di Jean-Claude Trichet alla presidenza della Banca centrale europea e Sarkozy si dice «molto felice» di sostenere la candidatura di Mario Draghi, perché «è un persona di grandi qualità e in più è italiano».
Non è un caso quindi che Berlusconi, alla fine del vertice, parli di risultati «molto, molto positivi». «È emersa – rileva il presidente del Consiglio – una forte convergenza di Italia e Francia su tutti i temi che abbiamo affrontato». Convergenza sottolineata da Sarkozy: «Le tensioni – afferma – non hanno ragion d’essere. È sempre una gioia stare in Italia in quanto presidente della Repubblica francese, perché ogni francese si sente vicino all’Italia, alla sua storia, alla sua cultura, alla sua civiltà e alla sua qualità della vita».
E la moratoria nucleare, che fine a fatto? Resta in piedi, naturalmente, ma è un problema temporaneo. I contratti tra Enel e Edf vanno avanti. «Siamo assolutamente convinti – sostiene il Cavaliere – che l’energia nucleare sia la sfida del futuro per tutto il mondo», ma il recente incidente accaduto in Giappone «ha spaventato i nostri cittadini», come dimostrano «i sondaggi che abitualmente facciamo sull’opinione pubblica». Perciò «se fossimo andati oggi al referendum il nucleare in Italia non sarebbe stato possibile per molti anni, quindi il governo responsabilmente ha ritenuto di proporre questa moratoria, per far sì che si chiarisca la situazione in Giappone e per far sì che magari dopo un anno, dopo due anni, si possa ritornare ad avere un’opinione pubblica consapevole della necessità di ritornare al nucleare. Questa è la posizione del governo italiano, una posizione di buon senso per non aver rigettato la possibilità di proseguire verso quello che credo sia il destino ineluttabile». Precisazioni che consentono a Sarkozy di affermare che «se gli italiani decideranno di tornare al nucleare, la Francia sarà un partner accogliente e amico».
Dichiarazioni che lette con la lente delle opposizioni svelano il bluff del governo. Un «tentativo di imbroglio» e non un vero e proprio ripensamento sul nucleare. «Berlusconi ha candidamente ammesso di aver boicottato il referendum», afferma il capogruppo dell’Idv in Senato Felice Belisario. E i parlamentari del Pd a Palazzo Madama parlano di «scippo alla democrazia» compiuto ai danni dei cittadini italiani. «Dopo le parole di Berlusconi – dice Stella Bianchi, responsabile Ambiente del Pd – il referendum già indetto per il 12 e 13 giugno resta valido», mentre Anna Finocchiaro, presidente dei senatori, dice: «Senza vergogna le parole del premier sul nucleare». Duro il commento di Pierluigi Bersani: «Se gli italiani verranno scippati del referendum sul nuclare hanno un’occasione: ci sono le amministrartive e ormai avranno capito che per liberarsi del nucleare devono liberarsi di Berlusconi».
Sarkozy e Berlusconi, in una lettera a Herman Van Rompuy e Josè Manuel Barroso, rispettivamente presidente del Consiglio europeo e presidente della Commissione, scrivono poi che «le pressioni alle frontiere esterne comuni stanno provocando conseguenze per l’insieme degli stati membri dell’Ue» e la «situazione migratoria potrebbe trasformarsi in una vera e propria crisi in grado di minare la fiducia che i nostri cittadini ripongono nella libera circolazione all’interno dello spazio Schengen». Da qui la necessità di riformare il trattato: perché viva, non perché venga abrogato. «In circostanze eccezionali – dicono i due – crediamo che ci debbano essere delle variazioni». Da qui la richiesta alla Ue di «esaminare la possibilità di ristabilire temporaneamente controlli alle frontiere». Sarkozy, plaudendo «all’eccellente lavoro dei due ministri dell’Interno Roberto Maroni e Claude Gueant» sull’emergenza immigrazione, afferma di «capire i problemi dell’Italia», ma sottolinea anche che «in termini di solidarietà il Paese che accoglie più rifugiati in Europa è la Francia con 52mila profughi l’anno». Cifre su cui Berlusconi concorda. «Siamo consapevoli – sostiene – che lo sforzo della Francia è stato cinque volte superiore allo sforzo dell’Italia in tema di immigrazione. La Francia ogni anno ha ricevuto più di 50mila immigrati, l’Italia di contro ne ha ricevuto una media di diecimila».
Riconoscimenti reciproci che portano Berlusconi e Sarkozy a mettere nero su bianco, nella lettera congiunta alla Ue, l’esigenza di «rafforzare l’agenzia Frontex», opportunità che «costituisce un imperativo prioritario». Per questo, fanno notare, «un accordo deve essere trovato da qui a giugno 2011 sulla revisione del regolamento dell’Agenzia», con lo sviluppo delle «operazioni di sorveglianza e intercettazione».
Per quanto riguarda la Libia il nostro presidente del Consiglio e il capo dell’Eliseo concordano sul fatto che «Gheddafi debba andarsene» e promettono: «Lavoreremo mano nella mano». Il presidente francese dopo essersi dichiarato soddisfatto della decisione presa dal governo italiano di mettere i propri aerei al servizio della democrazia, dichiara che non verranno inviate truppe di terra, perché la risoluzione dell’Onu non prevede questa opzione. «Abbiamo accettato di intervenire su obiettivi militari mirati escludendo vittime civili. Una soluzione – osserva Berlusconi – che abbiamo dovuto assumere, rispettando moltissimo la posizione della Lega: ho sentito Bossi, Maroni e Calderoli e siamo d’accordo che ci sentiremo di nuovo». Il premier italiano e Sarkozy concordano sulla necessità «di intensificare la pressione militare sui centri di comando e le truppe di Gheddafi».