Meno male che in Francia la Boldrini non c’è: non passa la grammatica gender

13 Nov 2017 16:28 - di Niccolo Silvestri

In tempi decisamente bui per chi ancora si ostina a definirsi conservatore una buona notizia arriva dalla Francia del laicismo imperante e del politically correct. Il ministero dell’Istruzione capitanato da Jean-Michel Blanquer ha infatti rigettato il manifesto con cui  centinaia di professori hanno chiesto di cambiare le regole della grammatica francese piegandole all’uguaglianza di genere. Che cosa significa? Tutto e niente. Di certo è l’indizio che anche in Francia c’è un esercito di docenti che non ha un cacchio da fare di veramente utile per la scuola e per gli studenti. Accademici che giocano a fare i nuovisti solo per apparire alla moda. Sono loro ad aver inventato la cosiddetta “grammatica inclusiva“, cioè una sintassi capace di superare – pensate un po’ che roba – la prevalenza del maschile nelle declinazioni dei nomi, propria di diverse lingue flessive come ad esempio l’italiano. Sono ben 314 quanti tra docenti ed accademici non hanno provato neanche un po’ di imbarazzo a rivolgersi al governo per invocargli di imporre dall’alto un cambio di regole. Credevano di aver trovato la quadra con cui salvare capra e cavoli: la formuletta si chiama “regola di prossimità” e significa declinare l’aggettivo seguendo il genere del sostantivo più vicino. Ad esempio, non più «ragazzi e ragazze sono bellissimi» ma «ragazzi e ragazze sono bellissime». Per sfortuna degli ardimentosi sovvertitori di genere, la politica francese è sprovvista dell’omologo della “nostra” Laura Boldrini, la presidente della Camera che ha trascorso un’intera legislatura a cambiare l’ultima vocale delle cariche istituzionali: sindaca, presidenta, ministra, sottosegretaria e via elencando. Al contrario, il loro ministro non ha esitato a bollare l’iniziativa dei professori come l’«ennesimo attacco alla lingua francese». A suo giudizio, «bisogna dire semplicemente che dinanzi al plurale si deve coniugare al maschile, che nella lingua francese equivale spesso al genere neutrale». Come dire che l’evoluzione di una lingua è compito che spetta ai popoli che la parlano e non ai docenti che la insegnano, men che meno può essere imposta dai governi a colpi di decreto. Speriamo solo che alla Boldrini non venga in mente di dichiarare per questo guerra all’amico Macron.

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