Per Kipling la terra è piatta (forse…) e la democrazia è una burla

15 Ago 2016 8:26 - di Marco Valle

Per molti Rudyard Kipling è solo l’autore de “Il libro della giungla”, che gli valse il Premio Nobel per la letteratura nel 1907, a soli 41 anni. Potenza del cinema d’animazione disneyano che trasformò la storia di Mowgli in un meraviglioso film (più un recente remake, meno sognante ma altrettanto evocativo). Ma Kipling è anche “Kim”— il magnifico romanzo ispirato al great game otto-novecentesco che oppose in Asia centrale inglesi e russi — , “Capitani coraggiosi” e tanti racconti di viaggio e guerra (tra cui un intenso reportage dedicato agli alpini italiani nel primo conflitto mondiale: “La guerra nelle montagne”, Mursia 2011) e splendide poesie come “If”, la più conosciuta e meno compresa.

 Da qualche tempo Kipling viene volutamente dimenticato

Fu un gigante della letteratura mondiale, ma “stranamente” da qualche tempo dimenticato, oscurato. Non a caso. Gli zeloti del “politicamente corretto” anglo-americani e poi nostrani non perdonano a Kipling la sua visione imperiale e colonialista, la convinzione di una missione bianca e occidentale rispetto ai “terzi” e “quarti” mondi. Un pensiero complesso e pessimista (gli imperi, tutti gli imperi sono caduchi…), espressa in versi mirabili ne “Il fardello dell’uomo bianco”. Ma il babbo di Mowgli, Akela e Kim fu anche un fine umorista (già, anche i conservatori sanno ridere e far ridere…) come conferma la breve novella “Il villaggio che votò la teoria della Terra piatta”, una divertente ed elegantemente perfida satira contro l’arroganza dei politici, la stupidità popolare, il potere della stampa, l’oppressione giudiziaria, la democrazia parlamentare.

 Quella novella di Kipling che dà fastidio

La narrazione parte da un’esigenza di giustizia che si trasforma in freddo desiderio di vendetta: un gruppo di amici, formato da un imprenditore, un giornalista, un deputato (ovviamente conservatore) e la voce narrante stanno viaggiando in auto vicino a Huckley, un piccolo borgo della campagna inglese, quando vengono fermati dalla polizia locale per eccesso di velocità e (causa il suono di un clacson…) oltraggio alla giustizia; portati in tribunale sono costretti a pagare multe salatissime. I malcapitati si rendono presto conto che si tratta di un raggiro di Sir Thomas, il signorotto locale (guarda caso, anche deputato progressista) per turlupinare i forestieri e fare cassa. Da qui l’elaborato piano di rivincita, studiato in più mosse.Da subito i burloni portano il nome di Huckley all’attenzione della cronaca di tutto il British Empire con strampalate teorie riguardanti le presenza di mucche malate (proprio in quei giorni in Parlamento si stava discutendo della diffusione di un virus).Non paghi, i quattro mattacchioni orchestrano una splendida messinscena e, fingendosi membri di una fantomatica “Società Geoplanaria”, organizzano un’assemblea nel villaggio per convincere — con ricche libagioni e fiumi di birra — i cittadini a votare la teoria della “Terra piatta”. I villici, stupefatti e grati per l’inattesa festa, votano a maggioranza assoluta la mozione dei generosi geoplanari. Unici contrari: il parroco e il medico locale, gli astemi del paese.

 Ridere dei riti democratici

Da quel fatidico giorno Huckeley, con gran rabbia del feudatario radical-chic, viene invasa da pullman carichi di turisti e matti assortiti; poi il borgo diventa famoso per altre stramberie, fatte risalire ad improbabili credenze primitive paleo celtiche. Grazie alla complicità di un impresario teatrale, la situazione paradossale arriva anche sui palcoscenici di Londra, dove viene eseguita una buffa danza druidica, spacciata come la celebrazione tradizionale dei cripto pagani di Huckeley e, al tempo stesso, viene lanciata la melodia, un canto insinuante, tormentoso e terribilmente orecchiabile, “La terra è piatta”. Il successo musicale dell’anno. Attraverso la cassa di risonanza dei giornali, tutta la nazione (dominions e colonie comprese) inizia a burlarsi di questo eccentrico villaggio e del suo callido deputato, finché la vicenda approda persino in Parlamento, trasformandosi in una questione politica che decreterà la rovina del signorotto progressista. La scena finale è un capolavoro. L’austera Camera dei Comuni si trasforma per l’occasione in un circo con tutti i deputati, ormai impazziti, che cantano a squarciagola il ritornello de “la terra è piatta”. «L’ultimo filo s’era spezzato. La nave dello Stato, senza timone, era abbandonata sulla montante marea della melodia: il villaggio che votò che la terra è piatta, il villaggio che votò che la terra è piatta…». Chi ha detto che dei riti democratici non si può ridire?

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