Luca Pesenti: con la Brexit i popoli si sono rimessi in movimento

25 Giu 2016 15:45 - di Gloria Sabatini
Nella pioggia di commenti delle ultime 24 ore sulla bufera referendaria britannica, l’interpretazione di Luca Pesenti esce dal coro: lo studioso non brinda alla Brexit né si veste a lutto, chiede invece superare le letture stereotipate, paura sì paura no, e di interpretare la società britannica con le categorie della Gran Bretagna e non dell’Italia. Docente di sistemi di welfare comparati alla Cattolica di Milano, nato a Busto Arsizio, Luca Pesenti scrive sul suo profilo Facebook durante lo spoglio ancora in corso: «La “sociologia della Brexit” che sta emergendo dai primi dati disponibili sembra evidenziare un dato, il conflitto è tra quelli che Latouche chiamava “naufraghi dello sviluppo” (quella fetta debole e non eccellente della società inglese che ha votato Leave) e la crescente “secessione delle élites” su cui è ritagliata l’Unione europea (il capitale umano di eccellenza, giovane, tendenzialmente apolide e discretamente “liquido” di cui si nutre l’economia globale). C’è da pensare, molto…».
Si aspettava questo tsunami?
Non me lo aspettavo, pensavo che avrebbe vinto la spinta europeista, invece c’è qualcosa di nuovo su cui riflettere, gli exit poll, che negli ultimi giorni davano un testa a testa o la vittoria del remain, hanno fallito. Evidentemente la “secessione delle élites” ha generato un punto di rottura ormai superato, e i popoli si sono rimessi in movimento. Ora in Europa servirebbe le Grande Politica.
P maiuscola. Quindi niente letture psicologiche del tipo “è il voto della paura…”
Direi proprio di no. Purtroppo non sono molto ottimista perché  oggettivamente manca un livello della classe politica adeguato rispetto a coloro che l’Europa l’hanno pensata e costruita nel dopoguerra. Bisognerebbe avere il coraggio di andare oltre l’interpretazione stereotipata, che per esempio leggo sul Corriere, che indugia sulla “nonna che ha rottamato il nipote”. Così giriamo intorno alla domanda fondamentale e poi il modello di di welfare inglese è molto diverso dal nostro,i britannici sono abituati alla competizione, al mercato, lo Stato è più leggero. Mi ha molto colpito che chi ha scelto leave non è contrario al modello capitalista, ma semplicemente preoccupato di un libero mercato che premia forti e istruiti abbandonando tutti gli altri, con in mezzo anche il conflitto con i New comers migranti. Un elemento completamente trascurato dall’Ue, non esistendo un modello sociale europeo. Altro che populismo.

E da domani? Come si risponde al catastrofismo di queste ore?

Questa crisi può diventare un salutare bagno di umiltà e di realismo per i tecnocrati: basta che non diano la colpa al populismo, ai razzisti, agli xenofobi eccetera eccetera. La colpa è di chi ha concepito l’Europa come un supercarcere di regole e divieti. 

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