Negazionismo? Una legge sbagliata, le opinioni non sono mai reato

30 Apr 2016 15:09 - di Redazione

La battaglia ingaggiata al Senato da Gaetano Quagliariello e Carlo Giovanardi contro la legge che introduce il reato di negazionismo (una modifica della legge del 1975 che reprime le discriminazioni razziali) ritenendolo un’aggravante da punire con severità viene applaudita dagli storici di sinistra. Un caso culturale cui Repubblica ha dedicato un’intera pagina con un titolo che coglie un paradosso solo apparente: No al reato di negazionismo, la strana alleanza storici-Giovanardi. In realtà non è affatto strano che gli storici, anche se di orientamento diverso da quello dei senatori di centrodestra contrari al reato di negazionismo, si oppongano ai cosiddetti reati di opinione. Marcello Flores, direttore dell’istituto storico della Resistenza, osserva che Giovanardi ha pienamente ragione quando accusa la legge di entrare in una casistica enorme lasciando al giudice l’arbitrio di decidere cosa sia reato e cosa no.

E proprio da storico ha parlato Gaetano Quagliariello in Senato contro la filosofia di un provvedimento generico (non fa riferimento alla Shoah ma cita in modo confuso i genocidi, i crimini di guerra e i crimini contro l’umanità) che mira di fatto ad imporre una verità di Stato. Quale storico potrebbe essere d’accordo?

L’opinione non è un reato, mai. – ha detto Quagliariello – e la storia ci insegna che contrastare i cattivi pensieri comprimendo la libertà è il modo migliore per alimentarli. Diverso è il caso della diffamazione; diverso ovviamente è il caso dell’incitamento a delinquere o a commettere concretamente atti di discriminazione per motivi razziali, civili, nazionali o religiosi. Ma qui ci troviamo in altri ambiti del diritto penale che sarebbe bene non confondere con la sfera delle opinioni, che al diritto penale io credo debbano rimanere totalmente estranee. Le opinioni si combattono con le altre opinioni, si combattono nelle aule delle scuole e delle università e non in quelle dei tribunali, si combattono con le parole e con i mezzi di diffusione delle stesse, si combattono con la cultura e con l’esempio, con la memoria e con l’educazione. Non si combattono con la galera, mai”. Il rischio concreto, ha aggiunto, è “la messa fuorilegge non solo del pubblico confronto su temi molto controversi della nostra attualità, ma anche di pagine di dibattito culturale e storiografico su frangenti della storia non solo italiana. Vi sono ad esempio opinioni sullo stalinismo, che rimuovono o anche giustificano il genocidio e i crimini contro l’umanità perpetrati dal regime comunista: ho letto quelle pagine nei manuali di storia e non le condivido, ma non vorrei mai che fossero catalogate come reato”. Infine, per Quagliariello, quella sul negazionismo “è una legge-bandiera destinata nel migliore dei casi a restare disapplicata e nel peggiore a produrre assurdità”.

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