“Il Natale offende l’Islam”: in Brunei chi festeggia rischia 5 anni di galera

22 Dic 2015 17:07 - di Laura Ferrari

Il sultano del Brunei Hassanal Bolkiah ha vietato i festeggiamenti del Natale nel suo piccolo Stato. Non è permesso alcun tipo di festeggiamento in pubblico, perfino l’invio degli auguri. Per i trasgressori è prevista una condanna fino a cinque anni di carcere. La misura drastica è stata giustificata dal governo come misura per non danneggiare i fedeli musulmani nel Paese a maggioranza islamica. Secondo i media britannici, il bando era stato introdotto per la prima volta nel 2014 ma è stato rinnovato quest’anno con ancora più forza dopo l’appello lanciato da un gruppo di imam. I funzionari del ministero per gli Affari religiosi sarebbero già entrati in azione per farlo rispettare: controllano i negozi per assicurarsi che non ci siano esposte decorazioni natalizie come i capelli di Babbo Natale o gli striscioni con gli auguri. I cristiani possono celebrare la loro festività ma devono farlo in privato e solo dopo aver avvertito le autorità.

Il Brunei, uno dei Paesi più ricchi del mondo

Il Brunei, piccolo sultanato nel Borneo, uno dei Paesi più ricchi del mondo, con enormi risorse di idrocarburi, ha approvato nel 2013 l’istituzione della sharia, che è entrata in vigore nell’aprile dello scorso anno. Il codice penale islamico, che è stato discusso anni, prevede – tra le altre disposizioni – l’amputazione degli arti per i ladri, la fustigazione in caso di assunzione di alcool o pratica dell’aborto, l’imposizione ai non musulmani del pagamento di una tassa di sottomissione e protezione, a lapidazione per adulterio. Per Bolkiah, 69 anni, al potere da quasi mezzo secolo e in carica anche come premier, «è Iddio che ha creato le leggi, e noi possiamo dunque usarle per ottenere giustizia». Gli aneddoti sul sultano del Brunei e sulla sua sterminata ricchezza sono numerosi. Il Brunei è una monarchia assoluta dove non si tengono mai elezioni e il sultano detiene tutti i poteri, tra cui quello religioso. Quasi il 70 per cento della popolazione del sultanato – che ha una storia secolare di autonomia economica tra i giganti indiano, cinese e britannico – è musulmana sunnita, mentre il resto dell’esigua popolazione – pari a quella che abita a Firenze: circa 366mila persone – è divisa tra buddisti, cristiani delle varie Chiese e animisti.

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