Cortei degli studenti in tutta Italia contro la scuola-azienda: «Non è buona come dice Renzi…»

10 Ott 2014 11:37 - di Redazione

Passano gli anni. Ma gli slogan sono sempre gli stessi. Cadono le prime foglie che annunciano l’arrivo dell’autunno e gli studenti si rimettono in marcia. La parola d’ordine è: Mobilitazione. Nel mirino c’è il governo Renzi, gli Jobs Act, lo Sblocca Italia, la nuova scuola prospettata dal presciente del Consiglio. Ma, soprattutto, c’è il giovanilismo del premier. Che per gli studenti, sembra di capire, è una sorta di strategia di marketing politico.
«Il Premier non può usare la condizione giovanile come uno slogan fine a sé stesso», si lamenta Gianluca Scuccimarra, coordinatore dell’Unione degli Universitari che assieme alla Rete degli studenti oggi porta in piazza migliaia di giovani sotto l’hashtag #10ottstudentiinpiazza. E se chiedi a questi ragazzi che si riversano nelle strade, il perché della mobilitazione ti sembra di sentire i loro padri e le loro madri: «per chiedere una scuola, un’università, un Paese diverso, per dire che siamo noi la bellezza di questo Paese e che non possiamo più permetterci di vivere nella precarietà ed essere privati dei nostri diritti».
Certo, ora c’è il web, ci sono i social, Facebook, Twitter. Ma la sostanza è la stessa. Gli slogan sembrano teletrasportati dalle proteste del ’78 e, ancor prima, del ’68: «E’ ora che la politica si prenda le sue responsabilità dando risposte reali ad una generazione precaria privata del proprio futuro. La stessa generazione che domani sarà in piazza per dire che è la Grande Bellezza di questo Paese e che ha fame di diritti e cambiamento».
Per Alberto Irone Portavoce della Rete degli studenti «negli anni gli studenti italiani sono stati dimenticati, messi da parte ed esclusi, come molti altri soggetti. Vogliamo riprenderci il nostro ruolo di motore della società, vogliamo dimostrare al paese e alla politica che siamo noi la Grande Bellezza di questo paese. Vogliamo quindi una scuola all’altezza delle nostre idee, una scuola che sia un luogo aperto e vivo, non il palcoscenico di competizioni e individualismo. Vogliamo una scuola all’altezza degli standard europei e veramente innovativa, non restaurata da provvedimenti saltuari». «E’ necessario ripartire investendo sull’istruzione tutta, dalla scuola all’università, questo è l’unico cambiamento che chiederemo oggi nelle piazze e che continueremo a chiedere anche il 25 ottobre insieme ai lavoratori perché non possiamo permetterci di vivere nella precarietà, che ci impedisce di investire sui nostri desideri e sulle nostre aspettative» gli fa eco Scuccimarra.
Complice il bel tempo che regala scampoli di sole, in tanti hanno disertato le lezioni per accodarsi ai cortei. L’ironia non manca mai, bisogna dirlo. E si materializza sugli striscioni e negli slogan gridati a squarciagola: «Non è buona come pensi la tua scuola Mr. Renzi», «Ci portate alla deriva siamo noi l’alternativa». Il sospetto, forte, è che gli studenti stiano realizzando ora di essere stati”asfaltati” dal dinamismo del premier. Lo ha detto alla Camusso, non avrà problemi a dirlo agli studenti: ascolto tutti ma poi decido io… Che la partita in gioco sia importante lo dice il fatto che agli studenti si sono uniti i docenti, i precari, i ricercatori e i Cobas. L’attacco è, soprattutto, a quella che viene definita la “scuola-azienda” con un preside che gestisce da manager l’istituzione. Anche qui, nulla di nuovo rispetto ai decenni scorsi quando si invocava un livellamento verso il basso. Salvo poi ritrovarsi trattati da somari nei confronti degli studenti degli altri Paesi europei.
A Roma il corteo è partito da piazza della Repubblica dietro lo striscione” La buona scuola siamo noi”, a Milano da piazza Cairoli, a Cagliari da piazza Garibaldi. Tutti puntano verso le istituzioni scolastiche territoriali o le sedi del ministero dell’Istruzione. Molte sotto le bandiere rosse dei Cobas.
Immancabile, in molti casi, le violenze che, di solito, fanno da cornice a queste proteste. Così per protestare «contro le politiche di tagli e di privatizzazioni, che in piena continuità con i governi precedenti, sono tutte poste a tutelare ancora una volta gli interessi delle banche a discapito degli studenti e delle loro famiglie costrette a pagare tasse onerose e vivere in condizioni sempre più precarie» parte una selva di uova verso la sede della Banca d’Italia in via Cavour a Palermo.

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