Ebola, l’Oms annuncia una cura entro l’anno. Si frena sul rischio di diffusione

5 Set 2014 19:20 - di Redazione

Le probabilità dell’arrivo di qualche caso di Ebola entro fine mese in Italia sono di circa il 5%, in generale in Europa sono sotto il 10%. Secondo l’esperto di modelli previsionali delle epidemie, il fisico Alessandro Vespignani, coordinatore del gruppo di epidemiologia computazionale della Fondazione Isi e professore alla Northeastern University di Boston il cui lavoro è stato pubblicato su Plos, dobbiamo prepararci al possibile arrivo di qualche caso e l’unica strategia per contrastare la diffusione è riportare alla normalità le regioni colpite e non il blocco gli spostamenti. «Ovviamente spero di essere smentito – ha spiegato Vespignani all’Ansa – dal lavoro che centinaia di persone stanno facendo in Africa occidentale ma le previsioni che abbiamo oggi non sono incoraggianti, entro fine mese prevediamo infatti tra i 6 e 10 mila casi di Ebola». Se gli sforzi che si stanno facendo in questi mesi dalle organizzazioni sanitarie locali e internazionali non riusciranno a modificare la situazione attuale, «dobbiamo prepararci – ha aggiunto Vespignani – all’arrivo di qualche caso anche in Europa e Usa. Si tratta di probabilità contenute tra il 5 e 10% e, considerando il sistema sanitario dei nostri Paesi, non dovrebbe esserci alcun rischio di diffusione». Si tratta di un rischio per ora basso ma destinato a crescere con il perdurare del focolaio africano. «L’unico modo per contrastare Ebola – ha precisato Vespignani – non è quello di limitare il traffico aereo e le comunicazioni, misure che anzi danneggiano i mezzi sanitari e di soccorso, bensì fare un grande sforzo, come d’altronde si sta facendo, per aiutare la popolazione locale. Un evento che deve essere da lezione anche per il futuro: con un spirito filantropico dobbiamo capire che per proteggerci da queste malattie sempre più pericolose, vedi anche il Dengue, è necessario aiutare i Paesi meno sviluppati a creare un miglior sistema sanitario». Lo aveva detto anche giovedì il nostro ministro della Salute: «Il rischio di contagio è veramente bassissimo e il sistema di sorveglianza sta funzionando». Sono le rassicurazioni di Beatrice Lorenzin a proposito delle ricadute dell’emergenza ebola in Italia. Il ministro ha spiegato che «gli elementi di quarantena e di allerta che sono stati attuati nei porti e negli aeroporti stanno dando i loro frutti, tanto che abbiamo dei falsi allarmi che io non leggo in modo negativo: vuol dire che c’è una grande attenzione e come si prospetta un elemento di rischio, viene subito allertato». Intanto si apprende che il sangue delle persone guarite da Ebola potrebbe essere un’arma per combattere il virus molto più facile da ottenere su larga scala rispetto ai trattamenti sperimentali. Lo affermano diversi ricercatori tra cui Peter Piot, uno degli scopritori del virus, secondo cui anche se le evidenze scientifiche sull’efficacia ancora non ci sono vale la pena di testare questo metodo insieme agli altri più innovativi. L’utilizzo degli anticorpi delle persone guarite fa parte dell’elenco di 8 trattamenti e due vaccini sperimentali in discussione in queste ore da parte di circa duecento esperti dell’Oms. Il metodo non è mai stato sperimentato in maniera organica, ma è stato usato in passato in casi di antrace, tetano e altre malattie che producono tossine, con risultati talvolta fortunati. Una trasfusione con il sangue di un 14enne guarito è stata praticata anche a Kent Brantly, il medico missionario statunitense infettato in Liberia che è stato anche il primo a ricevere il siero sperimentale ZMapp. Anche il “network del sangue” dell’Oms, che riunisce diversi enti regolatori delle trasfusioni, si è detto in un documento favorevole a provare questa strada, non solo con il sangue di chi è sopravvissuto a questa epidemia ma anche con quelli di chi è guarito in focolai degli anni passati. La stessa Oms, nel documento preparatorio della riunione di Ginevra, afferma che un primo lotto di sangue potrebbe essere pronto entro l’anno. La strada pare essere quella giusta: «Abbiamo raggiunto un consenso» sull’impiego di prodotti a base di sangue e del siero di pazienti sopravvissuti per trattare Ebola, ha affermato da parte sua la direttrice generale aggiunta dell’Organizzazione mondiale della sanità Marie Paule Kieny al termine della riunione di oltre 200 esperti a Ginevra. Per le Nazioni Unite, «l‘obiettivo è quello di fermare la diffusione di Ebola nei Paesi colpiti entro sei-nove mesi, e prevenire la diffusione internazionale del virus», ha detto il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon. «Tale risultato può essere raggiunto solo se vi è una mobilitazione urgente e necessaria sia nei Paesi colpiti che in tutta la comunità internazionale», ha aggiunto.

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