I Cinquestelle fanno i conti con lo “schiaffo” arrivato da Bolzano. Il movimento è davvero nell’angolo?

29 Ott 2013 10:06 - di Redattore 54

Dicono che Beppe Grillo abbia alzato il tiro su Giorgio Napolitano perché ha capito, dai voti arrivati dal Trentino Alto Adige, che per il suo movimento le cose si mettono maluccio. Che cosa è accaduto? A Trento i grillini avevano otto mesi fa 63mila voti. Oggi ne hanno 14mila. A Bolzano stessa musica: sono passati dai 25mila voti delle politiche di febbraio ai 7mila consensi attuali. Un calo del 6%. Per i Cinquestelle insomma la musica è cambiata. Il Foglio analizza la questione e decreta che è la crisi di un “format”, quello del leader vociante in piazza, quello del V-day. L’Unità esulta sottolineando che sarebbe stata punita la “demagogia protestataria” che non porta a nulla. Ma di certo non si può dire che si è assistito a una rivincita della politica, perché i dati sull’astensionismo parlano chiaro. Lo stesso fondatore del Movimento Beppe Grillo riconosce il fallimento: “Non abbiamo fatto niente, ci hanno messo nell’angolo”.

Davvero il format si è logorato? Forse bisogna guardare un po’ più in profondità, perché in verità di rabbia da intercettare ce n’è ancora parecchia in giro e il voto di protesta è tutt’altro che scomparso. Allora c’è qualcos’altro che non funziona. Il punto è che Grillo e il suo movimento hanno incarnato molto bene quel modello di “democrazia di sorveglianza” che è descritto dal politologo francese Pierre Rosanvallon come una “controdemocrazia”, cioè come una forma di partecipazione popolare che è ostile alle istituzioni, alla “democrazia di rappresentanza”. La sorveglianza, la denuncia, l’amplificazione di alcuni temi, tipo la corruzione della politica, attraverso i vaffa-day e i comitati civici funzionano molto bene se non sei in Parlamento. Quando sei dentro la “democrazia di rappresentanza” devi seguirne le regole, altrimenti non sei più niente. Non sei più il sorvegliante, e non sei nemmeno l’eletto, o meglio risulti essere un eletto “inutile”. Ecco che cos’è che alla lunga ha logorato il “grillismo”, lo ha depotenziato, lo ha reso persino macchiettistico annullando la positività di comportamenti simbolici di grande importanza, come la restituzione dei rimborsi o il rifiuto dei privilegi di “casta”. Esempi che non sono più sufficienti a coprire un vuoto di significato: Grillo e i suoi devono scegliere, o sono partito o sono antipartito. Ma già si intravede che alla fine dell’avventura ci sarà lo sfaldamento generalizzato: Grillo pretende l’autosufficienza numerica (“altrimenti mi ritiro”) che contiene in sé la violazione logica dei cardini della democrazia parlamentare; gli eletti si lasceranno risucchiare chi nelle file della sinistra radicale chi in quelle del volontariato o dell’impegno ecologico. Forse a livello locale il grillismo potrà far maturare sul campo buone esperienze amministrative. Delle quali però nulla sappiamo, e non certo solo per colpa dei media. I social network sono infatti un canale, sia pur privilegiato, di informazione. Trascurare tutti gli altri non è stata una scelta vincente.

 

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