«Rivoluzione etica contro la mafia»: Alfano commemora Dalla Chiesa a 31 anni dal sacrificio

3 Set 2013 17:48 - di Corrado Vitale

La  sera del 3 settembre del 1982 arrivò nelle redazioni una notizia che aveva dell’inaudito: il prefetto di Palermo Carlo Alberto Dalla Chiesa era stato assassinato insieme con la giovane moglie Emanuele Setti Carraro e l’agente  Domenico Russo.  Era fino ad allora inimmaginabile che la tracotanza mafiosa arrivasse a tanto, arrivasse cioè a colpire lo Stato in una delle sue figure-simbolo più riconosciute e ammirate. Per l’opinione pubblica italiana fu uno shock. Da allora, tante coscienze si svegliarono  e compresero che la mafia non era “semplice” delinquenza, o una misteriosa entità di cui tanti negavano persino  l’esistenza. No, la mafia era molto, molto di più e di più pericoloso. Era un “potere” nemico dello Stato e un fattore di corruzione permanente della società. Era quindi, insieme,  eversione e neo-barbarie.

Di qui la conquista di una consapevolezza nuova da parte  degli italiani. A questo processo di  reazione civile si è richiamato Angelino Alfano commemorando a Palermo la figura del generale assassinato dalla mafia:  «Dalla Chiesa – ha detto il ministro dell’Interno e segretario del Pdl – ha versato il suo sangue per la liberazione della Sicilia dalla mafia, con l’avvio di una rivoluzione etica che solo negli anni a venire ha dato i suoi frutti. Il sangue non è stato versato invano». Nello stesso tempo, Alfano ha sottolineato anche i successi conseguiti negli ultimi anni sul fronte della lotta antimafia.  «I più grandi boss mafiosi sono al 41 bis e la caccia a chi non è stato ancora catturato prosegue senza sosta. Abbiamo approvato negli anni passati delle leggi importantissime che hanno consentito sequestri e confische dei patrimoni mafiosi per miliardi di euro».

Vale la pena  ricordare che la confisca dei beni dei boss, insieme con la previsione del reato di “associazione a delinquere di tipo mafioso” rappresentano  i punti qualificanti della legge Rognoni- La Torre, approvata pochi giorni dopo l’omicidio Dalla Chiesa (dopo quasi tre anni che giaceva nei cassetti) , con cui s’inizio la vera e propria legislazione antimafia. Su questo punto, Alfano ritiene  che si «possa ancora di più rafforzare e ammodernare lo strumento che regola e gestisce questi fondi, cioè l’agenzia per i Beni confiscati. Stiamo studiando degli interventi normativi che vanno proprio in questa direzione».

Quello dei poteri dello Stato contro la mafia, è la grande questione della lotta al malaffare, un’azione che oggi deve svolgersi necessariamente anche a livello transnazionale, vista la ramificazione  mondiale delle reti criminali. Ricordare dalla Chiesa significa anche ricordare, i grandi passi avanti compiuti in questi decenni nell’azione di contrasto alle cosche. Ma continua a essere anche motivo di rabbia e dolore ripensare al fatto che l’eroico generale del Carabinieri. che aveva conseguito grandi e decisivi successi nella lotta al terrorismo brigatista, fu incaricato di combattere la mafia senza i poteri che sarebbero stato necessari. Così, amaramente affermò  Dalla Chiesa poco tempo dopo il suo arrivo nel capoluogo siciliano: «Mi mandano in una realtà come Palermo con gli stessi poteri del prefetto di Forlì».

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