Com’è cambiata l’Italia: a scuola? Meglio accompagnati dai genitori

13 Mar 2013 20:03 - di Priscilla Del Ninno

I giovani italiani? Quelli che ieri erano i trentenni bamboccioni etichettati dall’ex ministro Padoa Schioppa, sono diventati i precari choosy bollati dalla Fornero, e oggi, addirittura, a detta di una ricerca del Cnr, promossa dal Policy Studies Institute di Londra, bambini sempre meno autonomi. Secondo lo studio, che ha visto il coinvolgimento dell’Italia, della Germania e di altri 15 Paesi del mondo, i piccoli alunni di casa nostra vanno a scuola accompagnati da un adulto; più con l’automobile che con i mezzi pubblici, e di loro solo l’8% torna a casa per conto proprio, a fronte del 25% dei coetanei inglesi e del 76% dei tedeschi. Quello che l’indagine non dice, però, è che l’autonomia di spostamento dei piccoli italiani, già molto limitata da paura e diffidenza che gli aberranti fatti di cronaca, quasi quotidiana, non aiutano a stemperare, si è ulteriormente ridotta negli ultimi anni, con la complicità di un inasprimento progressivo della burocrazia scolastica, che di stagione in stagione aumenta il cumulo di richieste di documenti, autocertificazioni, autorizzazioni e deleghe deresponsabilizzanti. Scontata, naturalmente, la ricaduta negativa, sia sul benessere che sullo sviluppo psico-fisico. «L’autonomia di spostamento dei bambini è passata dall’11% nel 2002 al 7% nel 2010, mentre l’autonomia dei bambini inglesi è al 41% e quella dei tedeschi al 40%», spiega Antonella Prisco, ricercatrice dell’Istituto di scienze e tecnologie della cognizione del Consiglio nazionale delle ricerche (Istc-Cnr). Un divario nell’emancipazione infantile che, al di là di cifre e percentuali, confronti sociologici ed esami statistici, si spiega con un’involuzione delle abitudini quotidiane che ha portato a negare ai piccoli scolari di oggi, non solo quelle conquiste da guadagnarsi sul cammino dell’affermazione della propria identità, ma anche la possibilità di nutrire quel bagaglio esperienziale fatto di quelle piccole avventure che hanno alimentato immaginario collettivo e ricordi individuali dei quelli che sono gli adulti di oggi. Un’altra bocciatura, insomma, che grava sulle nostre spalle: e dopo lo spread e il pil, ora sono i piccoli alunni accompagnati e ripresi a scuola, in barba a processi di autonomia e mezzi pubblici, a stabilire l’unità di misura dei nostri traguardi negativi in ambito europeo. Così, dopo gli economisti e i commentatori politici di mezzo mondo, arrivano anche gli scienziati a bocciare i nostri standard.

 

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