Farsi trovare pronti
Tutte le strade partono da Roma: così l’Italia ha ridisegnato le rotte della sua strategia geopolitica
Il Piano Mattei, il corridoio Imec - India, Medio Oriente ed Europa, il ritrovato protagonismo nel Mediterraneo sono la risposta lucida del governo al mondo che cambia e chiede nuovi orizzonti, senza cedere ad allarmismi e piagnistei
Per troppo tempo l’Italia è stata raccontata come l’anello debole dell’Occidente: instabile nei conti, subalterna in Europa, esposta sul fronte migratorio, irrilevante nello scacchiere geopolitico. Una narrazione comoda, spesso alimentata anche dall’interno. Oggi, però, quella lettura non regge più. Non perché l’Italia sia diventata improvvisamente una potenza globale, ma perché ha finalmente rimesso in ordine una cosa essenziale in politica estera: una direzione.
Il Mare torna Nostrum
Il Mediterraneo, da linea di frattura e vulnerabilità, è tornato a essere ciò che storicamente è sempre stato per il nostro Paese: una piattaforma strategica. Ed è lungo questa direttrice che va letto il nuovo peso internazionale dell’Italia.
Dal Piano Mattei alla politica africana
Il Piano Mattei per l’Africa rappresenta il primo tentativo credibile, dopo decenni, di costruire una politica strutturata verso il Sud globale. Energia, infrastrutture, formazione, cooperazione industriale: non assistenzialismo ideologico, ma interesse nazionale dichiarato.
Il Vertice Italia-Africa di Roma ha segnato un passaggio politico chiaro: l’Italia non si limita più a subire gli effetti dell’instabilità africana, ma propone un modello di partenariato che lega sviluppo, sicurezza e contenimento dei flussi migratori. Un messaggio che, non a caso, è stato ascoltato anche a Bruxelles. Perché l’Europa sta finalmente comprendendo ciò che Roma sostiene da anni: senza Africa stabile, non esiste Europa sicura.
Immigrazione: l’Italia detta l’agenda europea
Sul fronte più divisivo, quello dell’immigrazione, l’Italia ha smesso di limitarsi a una difesa emergenziale ed è passata a esercitare un’iniziativa politica strutturata. Il Patto europeo su migrazione e asilo, approvato nel 2024, riflette in modo evidente questa impostazione: condivisione delle responsabilità tra Stati membri, rafforzamento delle frontiere esterne, cooperazione sistematica con i Paesi di origine e di transito.
I dati e le decisioni più recenti poi confermano che quella che per anni è stata liquidata come una posizione “isolata” oggi è diventata linea. L’Unione ha progressivamente abbandonato l’approccio dell’accoglienza indiscriminata, spesso scaricata sui Paesi di frontiera, per adottare una strategia fondata sulla deterrenza e sul controllo. Hub per i rimpatri in aree extra-UE, criteri più rigorosi e coerenti per il riconoscimento dell’asilo, accelerazione delle procedure di rimpatrio verso Paesi considerati sicuri: sono i pilastri della linea italiana, ormai assunti come riferimento a livello comunitario. Così, anche il protocollo con l’Albania, al netto delle polemiche della sinistra e di certa magistratura, ha avuto un effetto politico preciso: ha spostato il baricentro del dibattito europeo, costringendo Bruxelles a confrontarsi con soluzioni prima considerate impraticabili.
Le intese, inoltre, con Tunisia, Libia ed Egitto – culminate nel partenariato strategico UE-Egitto – segnano un cambio di paradigma: i flussi non si governano solo a Lampedusa, ma a Sud del Mediterraneo.
Imec, porti ed energia: l’Italia torna nodo, non periferia
Il protagonismo, insomma, non è fatto solo di diplomazia, ma di infrastrutture e catene del valore. In questo quadro si inserisce l’Imec – il corridoio economico che collega India, Medio Oriente ed Europa – che apre una competizione strategica sulle rotte globali alternativa ai modelli dominati dalla Cina.
L’Italia, con i suoi porti e la sua collocazione geografica, è candidata naturale a essere uno degli snodi principali di questo sistema. Trieste torna al centro come porta d’ingresso verso l’Europa centrale, mentre il rafforzamento del ruolo energetico italiano – soprattutto grazie al rapporto con l’Algeria – consolida il Paese come hub mediterraneo del gas e delle future interconnessioni energetiche.
Washington, Atlantico e credibilità internazionale
A differenza del passato, l’Italia di oggi viene percepita come un partner prevedibile e affidabile. Il rapporto con Washington si è rafforzato lungo la direttrice euro-atlantica: intesa con Donald Trump, sostegno all’Ucraina, allineamento strategico, chiarezza di campo.
La scelta di non rinnovare l’adesione alla Via della Seta cinese ha rappresentato un segnale inequivocabile: l’Italia non gioca su due tavoli quando sono in gioco gli equilibri strategici dell’Occidente. È una decisione che ha avuto un costo nel breve periodo, ma ha prodotto un dividendo politico in termini di credibilità internazionale.
Europa e conti pubblici: il riconoscimento passa dai fatti
Anche in Ue il clima è cambiato. L’Italia è il Paese che ha incassato più risorse dal PNRR, rispettando – pur tra difficoltà – scadenze e obiettivi. Le rate non sono concluse, ma il dato politico è evidente: Bruxelles riconosce all’Italia una capacità di esecuzione che in passato veniva sistematicamente messa in dubbio.
Sui conti pubblici non esistono miracoli né indulgenze: la procedura per disavanzo eccessivo resta un vincolo reale. Ma proprio qui si misura il salto di qualità: non più scontro ideologico con l’Europa, bensì negoziazione basata sulla credibilità, sulla traiettoria di rientro e sul rispetto degli impegni.
L’Italia torna “attore da consultare”
Il punto non è dire che “va tutto bene”. Non va tutto bene. Il punto è un altro: l’Italia ha smesso di essere un problema da gestire ed è tornata a essere un attore da consultare.
Il Mediterraneo non è più solo la frontiera delle emergenze, ma la piattaforma da cui l’Italia proietta influenza: verso l’Africa, verso il Medio Oriente, dentro l’Europa, nel perimetro atlantico.
Se questa linea verrà mantenuta – senza complessi di inferiorità e senza avventure ideologiche – l’Italia potrà finalmente giocare il ruolo che la sua storia, la sua geografia e i suoi interessi le assegnano: non spettatrice, ma cerniera strategica dell’Occidente.