Quando c'erano loro...
Nella «Rai cattocomunista» non si salvava neanche Arbore: «Mi toglievano i programmi perché non ero schierato»
Lo showman, grande innovatore e tra i talenti più straordinari conosciuti dalla nostra tv, racconta com'era "mamma Rai" ai tempi della vera lottizzazione: «Non avevo protettori. Togliere a me per dare a un figlioccio di chissà chi era facilissimo»
Non bastava un talento straordinario come quello di Renzo Arbore. Per rimanere solidi e sicuri nella Rai cattocomunista serviva far parte della cordata giusta. E lui, musicista e mattatore, non lo era. Anzi, forse peggio, non era di alcuna cordata e dunque sacrificabile per fa posto ad amici e sodali. A raccontarlo è oggi lo stesso Arbore, in una lunga intervista a La Stampa in cui ripercorre aneddoti di vita e di tv, in occasione dell’uscita del suo ultimo libro, Mettetevi comodi. Vita, peripezie e tutto il resto, scritto con Andrea Scarpa (Fuoriscena).
L’elogio della goliardia: «Essere malandrino e mai triviale, sempre divertendosi a mischiare alto e basso»
«Il libro segue una serie di circostanze di cui ho parlato poco. L’incontro con Padre Pio, l’amicizia che per me è un bene primario, il mio lavoro da talent scout. La mia invenzione del movimento beat che era altro da quello anglosassone e non va confuso con gli Anni 60 di Rita Pavone e Bobby Solo. I nostri front-man erano Renato Zero, Mita Medici, Shel Shapiro, Maurizio Vandelli degli Equipe 84. Vorrei anche che qualcuno storicizzasse la goliardia», spiega Arbore, che tra i «grandi goliardi» annovera Scalfari, Craxi, Iannuzzi, De Crescenzo, Pannella. «Epopea estinta, rimangono le leggi goliardiche con i misteri gloriosi, essere malandrino e mai triviale, sempre divertendosi a mischiare alto e basso», spiega, rivelando che comunque non tutto è perduto: «A Siena e a Camerino qualcosa resiste».
Inventore di programmi e costruttore di immaginario
Poi, tra memorie sui suoi outfit così caratterizzanti («Roberto D’Agostino mi disse che vestivo come un clarinettista Anni 40. Una sorta di americano-contadino di Foggia») e sulla sua propensione al collezionismo («Ho sempre comprato tutto quello che potevo all’insegna del “Non posso non averlo”») si arriva alla tv, dove è stato grande innovatore e, ancor di più, costruttore di immaginario. «Quelli della notte, Alto gradimento, Doc, Indietro tutta, L’altra domenica… ho fatto l’inventore di programmi come farebbe un regista, per resistere al tempo. Film ne ho girati, anche quelli tutti nuovi», ricorda Arbore, al quale Michela Tamburrino, che firma l’intervista si rivolge sottolineando che questi «successi che l’avranno portata a essere adorato in Rai…». E qui arriva la pietra tombale su tutta la retorica su quanto fosse libera e votata al talento la Rai, prima che su di essa si abbattesse l’era oscura di “TeleMeloni”.
Arbore vittima della Rai cattocomunista
«Macché… Invece i programmi me li toglievano per ragioni politiche. Non ero schierato e dunque non avevo protettori. Togliere a me per dare a un figlioccio di chissà chi era facilissimo. Mi cancellarono Doc uno stupendo programma musicale che aveva accolto James Brown, Joe Coker», racconta Arbore, spiegando che «nessuno scendeva in guerra per me» e che anche Speciale per voi «me lo portarono via perché un dirigente democristiano diceva che non ero manovrabile, gestibile. Lo diedero un racconto Pompeo De Angelis, amico dei democristiani. E crollò miseramente». Ci fu anche un allontanamento dalla Rai, «con Boncompagni, per 5 anni, colpa di Scarpantibus… Per voi giovani mi fu tolto dai cattocomunisti. Lo diedero a Paolo Giaccio e Mario Luzzatto Fegiz indicati dall’alto. Degnissimi colleghi, per carità». «Vede, io non ero orientato, non seguivo le manifestazioni di piazza negli anni di piombo. Abbandonai anche il fenomeno beat che aveva creato quando si politicizzò».
«Mi toglievano i programmi perché non ero schierato»
Dunque, «tanta gloria ma anche tanti dispiaceri. Mi levarono pure Rai International che considero un fallimento, scippata prima che la portassi a termine». Oggi, dice Arbore, c’è una tv diversa, «che non è d’autore» e il suo desiderio è che «la Rai mi facesse fare un programma sulla mia biografia inedita. C’è un po’ di vanità in tutto questo, non lo nego, ma lo faccio perché sarebbe triste se tanto lavoro venisse dimenticato».