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Maduro Venezuela

Alta tensione

Maduro riappare in pubblico per smentire le voci di una fuga dal Venezuela: c’è stata prima una telefonata con Trump

Trump conferma la telefonata con il leader venezuelano ma frena sulle tensioni: “Non leggeteci nulla, il Venezuela non è un Paese molto amichevole”

Esteri - di Alice Carrazza - 1 Dicembre 2025 alle 11:09

Nicolás Maduro è riemerso dalla sua inspiegabile assenza domenicale come un uomo che vuole mostrare calma, pur sapendo di essere seduto su un vulcano. Il presidente venezuelano è apparso all’evento dedicato ai premi per il caffè d’eccellenza nella zona orientale della capitale, ponendo momentaneamente fine alle speculazioni che lo davano in fuga mentre gli Stati Uniti stringono la morsa militare attorno al Paese. In queste stesse ore, il presidente americano Donald Trump ha confermato di aver parlato al telefono con il suo omologo venezuelano Nicolás Maduro. “Non è andata né bene né male”, ha risposto alla giornalista che gli chiedeva com’era andata la telefonata.

Le immagini di Maduro

Le immagini diffuse online lo mostrano seduto mentre consegna medaglie ai produttori di caffè, sorseggia varietà pregiate e pronuncia brevi commenti che evitano accuratamente la crisi in atto. Quando, al termine della cerimonia, dichiara che il Venezuela è «indistruttibile, intoccabile, imbattibile», il messaggio appare indirizzato più a Washington che al pubblico presente.

La telefonata con Trump e il gelo diplomatico

La comparsa di Maduro arriva dopo la conferma del presidente statunitense Donald Trump di aver parlato al telefono con il leader comunista. Di fronte ai giornalisti sull’Air Force One, Trump ha risposto con un secco: «Non voglio commentare. La risposta è sì». Alla domanda se la conversazione fosse stata positiva, il presidente ha rimosso ogni tono interpretativo: «Non direi che sia andata bene o male. Era una telefonata».

Né Maduro né il suo entourage hanno speso una parola sull’argomento. Jorge Rodríguez, presidente dell’Assemblea Nazionale, ha liquidato la questione in conferenza stampa, definendola estranea ai temi del giorno.

Intanto gli Stati Uniti hanno rafforzato il dispiegamento navale ai Caraibi, con più di una dozzina di navi da guerra e circa 15.000 soldati. Washington parla di un’operazione contro il narcotraffico; Caracas vede un’azione di pressione destinata a indebolire il potere di Maduro.

Quando Trump ha avvertito che lo spazio aereo venezuelano dovrebbe essere considerato «completamente chiuso», il segnale è stato interpretato in Venezuela come un presagio di attacco imminente. Il presidente americano ha poi ridimensionato: «Non leggeteci nulla… perché consideriamo il Venezuela un Paese non molto amico».

La crisi si sposta sul terreno energetico

Nel frattempo, Maduro ha scelto l’Opec come teatro diplomatico per contrattaccare. In una lettera al segretario generale, il leader venezuelano ha accusato gli Stati Uniti di voler sequestrare con la forza le immense riserve petrolifere del Paese. Si parla di «minacce esplicite, costanti e reiterate» che metterebbero «seriamente in pericolo la stabilità della produzione petrolifera venezuelana e del mercato internazionale».

Il ministro degli Esteri Yvan Gil Pinto ha rilanciato il documento su Telegram, garantendo che il Paese «rimarrà fermo nella difesa delle sue risorse energetiche naturali» e concludendo: «Niente ci fermerà. Continueremo a essere liberi e sovrani!».

Il dipartimento di Stato statunitense, in passato, ha respinto accuse simili, definendo l’azione di Washington focalizzata sul contrasto al narcotraffico e sulla protezione degli americani da ciò che considera «il veleno mortale del regime di Maduro».

La denuncia più grave: “omicidio” nei Caraibi

Domenica, Caracas ha compiuto un passo pesante: ha dichiarato che cittadini venezuelani risultano tra i morti degli attacchi statunitensi contro presunte barche del narcotraffico. Rodríguez ha accusato gli Stati Uniti di «omicidio», ricordando che «ogni essere umano ha diritto al giusto processo; nessun essere umano può essere ucciso in modo brutale».

È la prima volta che il governo venezuelano ammette pubblicamente vittime tra i suoi connazionali, dopo mesi di attacchi iniziati a settembre. Una commissione speciale del Parlamento verrà istituita per indagare «i gravi eventi che hanno portato all’omicidio di venezuelani nei Caraibi».

Washington, tra accuse, ombre legali e dissenso interno

Il quadro negli Stati Uniti non appare meno teso. Le rivelazioni del Washington Post su presunti ordini del segretario alla Difesa Pete Hegseth – che avrebbe dato indicazione di non lasciare sopravvissuti durante un attacco – hanno provocato un terremoto bipartisan. I presidenti repubblicani delle commissioni Difesa di Camera e Senato, insieme ai democratici Jack Reed e Adam Smith, hanno chiesto un «resoconto completo» delle operazioni.

Il Pentagono insiste: gli attacchi sarebbero «legali sia secondo il diritto statunitense che quello internazionale». Ma i briefing a porte chiuse, privi del supporto di avvocati militari, hanno alimentato diffidenza anche tra gli alleati più fedeli dell’amministrazione Trump.

Un Paese in allerta e un cielo che si restringe

La scelta di Trump di considerare lo spazio aereo venezuelano «completamente chiuso» ha costretto Caracas a varare un «piano speciale» per garantire l’ingresso e l’uscita dei cittadini. Allo stesso tempo, il governo denuncia che Washington avrebbe sospeso unilateralmente i voli di rimpatrio dei migranti.

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di Alice Carrazza - 1 Dicembre 2025