La rinascita dall'inferno
Iran, salvata dal patibolo l’ex sposa bambina che ha ucciso il marito violento: ma la grazia non si deve al tribunale di Teheran
La vita umana, in Iran, può avere un prezzo negoziabile. Ma non è un prezzo qualsiasi: è il “prezzo del sangue” (diya), la somma necessaria per comprare il perdono della famiglia della vittima ed evitare l’esecuzione secondo il principio del qisas. Un meccanismo brutale quanto rivelatore delle dinamiche della giustizia islamica, che, nel caso della venticinquenne Goli Koohkan, ha aperto uno spiraglio di salvezza. La sua storia, del resto, è un dramma che incarna tutte le violenze subite dalle donne iraniane: data in sposa a soli 12 anni, e vittima di un inferno di violenze domestiche fatte di abusi fisici e psicologici durate anni, la giovane è finita nel braccio della morte per aver ucciso il marito nel corso di una lite.
Iran, salvata ex sposa bambina condannata a morte per l’uccisione del marito violento
La ex sposa bambina, oggi 25enne, condannata a morte in Iran, è stata fortunosamente salvata grazie a una raccolta internazionale di fondi. Lo rende noto Nessuno tocchi Caino, che lo scorso tre novembre aveva segnalato il caso. La scorsa settimana, inoltre, i relatori speciali delle Nazioni Unite, compreso il relatore speciale sull’Iran, avevano formalmente invitato le autorità iraniane a sospendere la pena capitale, dopo sette anni di detenzione e con un’esecuzione imminente. Ora dunque: appello raccolto e condanna sospesa.
Il patteggiamento con la famiglia della vittima
Secondo l’agenzia di stampa Mizan, vicina alla magistratura, i querelanti nel caso di Goli Kouhkan hanno accettato di rinunciare al loro diritto all’esecuzione come punizione. I funzionari giudiziari non hanno rivelato l’importo pagato, anche se la famiglia della vittima aveva precedentemente richiesto 10 miliardi di toman (circa 100.000 euro), oltre all’esilio permanente di Koohkan da Gorgan. Una notizia confermata anche dall’avvocato di Goli, Parand Gharahdaghi, che ha confermato in un post sui social media che l’originale diya è stata ridotta a 8 miliardi di toman (circa 80.000 euro), che era stata raccolta attraverso donazioni e beneficenza.
Il co-imputato della ex sposa bambina ancora con un piede sul patibolo
Dunque, il merito della salvifica risoluzione non va a un ripensamento etico della magistratura, che pure ha mediato. Ma a una straordinaria mobilitazione internazionale che ha raccolto gli 80.000 euro richiesti dalla famiglia della vittima. E se un sospiro di sollievo si può finalmente tirare per Goli Koohkan, che ora torna in libertà, resta l’amaro in bocca per il destino di Mohammad Abil, il cugino della vittima e co-imputato, che ha ancora un piede sul patibolo. La giovane, infatti, quel tragico giorno lo aveva chiamato in preda alla disperazione. E alla fine l’uomo è stato considerato responsabile della morte della vittima, ed è stato condannato a morte. Pertanto Mohammad rimane nel braccio della morte e rischia l’esecuzione.
Un caso che l’Onu ha definito un «chiaro esempio di discriminazione strutturale»
Un caso, quello della ex sposa bambina, definito dagli esperti Onu come «chiaro esempio di discriminazione strutturale» che ricorda al mondo come in Iran la vera giustizia non sia garantita da un tribunale. Ma da un conto in banca sovvenzionato dalla solidarietà globale.
La drammatica storia di Goli, sposa bambina costretta a un inferno di violenze domestiche
Eppure, la vicenda di Goli Koohkan, di etnia Baluca, che ha ottenuto il “perdono” dalla famiglia della vittima. Che ha trascorso gli ultimi sette anni nella prigione di Amirabad a Gorgan in attesa dell’esecuzione. Con le sue ex compagne di cella che hanno testimoniato l’orrore di anni di violenza domestica. E che la morte di suo marito è avvenuta durante una lite familiare senza premeditazione. Confermando che lei stessa aveva immediatamente chiamato i servizi di emergenza nel tentativo di portarlo in ospedale.
La sua rinascita, prima della salvezza
Goli, che a 12 anni era stata data in sposa, senza il suo consenso, a un cugino, ed è rimasta incinta a 13. Che è stata arrestata a 18 anni con l’accusa di omicidio. Ma che in cella ha imparato a leggere e scrivere, meritandosi non per niente la definizione di «detenuta più calma e gentile», non è un caso isolato: quest’anno in Iran sono state giustiziate più di 50 donne. Molte delle quali in circostanze simili. Non per niente gli esperti delle Nazioni Unite hanno descritto il suo caso come un chiaro esempio di «discriminazione strutturale contro le donne in Iran»… (Nella foto Ansa in alto, una scena del film “La sposa bambina” di Khadija al-Salami).