Il Rapporto Ismea svela quanto vale l’agricoltura italiana. Lollobrigida: «I numeri parlano da soli»
Lo studio conferma che agricoltura e agroalimentare italiano sono in piena espansione e rivela un "effetto dazi" al contrario
L’agroalimentare italiano si conferma uno dei grandi motori della crescita nazionale. Il nuovo Rapporto Ismea 2025, presentato oggi nella sala Cavour del Masaf alla presenza del ministro Francesco Lollobrigida, fotografa un settore in piena espansione, capace di reagire alle turbolenze internazionali di varia origine e di consolidare la leadership del Made in Italy nel mondo. Una storia di successo che porta la firma del lavoro quotidiano degli agricoltori, delle imprese e del sistema produttivo, ma anche – come sottolineano i vertici di Ismea – delle politiche lungimiranti del governo Meloni, che in soli tre anni ha mobilitato oltre 15 miliardi di euro a sostegno della filiera.
Il rapporto Ismea: l’agroalimentare vale il 15% del Pil nazionale
Il quadro delineato dal rapporto è di quelli che non lasciano spazio a interpretazioni: l’agroalimentare rappresenta oggi il 15% del Pil nazionale, con un valore aggiunto pari a 44,4 miliardi di euro per l’agricoltura e 38 miliardi per l’industria alimentare. Risultati che collocano l’Italia al primo posto in Europa per valore aggiunto agricolo e al terzo per industria di trasformazione, dietro soltanto Germania e Francia. Numeri straordinari che si affiancano a primati consolidati, come il record mondiale di circa 900 prodotti Dop e Igp, simbolo della nostra eccellenza e della nostra identità agroalimentare.
Crescono occupazione e investimenti
Molto positivo anche l’andamento dell’occupazione agricola, che supera un milione di addetti, con una crescita dello 0,7% nell’ultimo anno e del 2,9% nel decennio, a fronte di un crollo del 17% in Europa. In aumento anche gli investimenti privati, che nel solo 2024 toccano quota 10,6 miliardi di euro, mentre la produttività agricola italiana rimane la più alta dell’Unione.
L’effetto dazi al contrario
Sul versante del commercio estero, il Made in Italy continua a correre: nel 2024 l’export ha raggiunto la cifra record di 70 miliardi di euro, con un balzo del 17,1% negli Stati Uniti proprio a causa dei timori – più o meno giustificati – sull’aumento dei dazi. Un trend che prosegue anche nel 2025, con un +5,7% nei primi nove mesi. Impressionante anche il cambio di passo della bilancia commerciale: da un deficit di 6 miliardi nel 2015 si è arrivati a un surplus di 2,8 miliardi. I prodotti di eccellenza italiani hanno valore e l’acquirente finale statunitense è anche disposto a pagare di più, pur di averli. Il “brand Italia” è, oggi più che mai, uno status symbol.
Lollobrigida: «I numeri parlano da soli»
Il ministro Lollobrigida, commentando il rapporto, ha fatto notare come «i numeri parlino da soli»: investimenti senza precedenti, protezione delle filiere, sostegno agli imprenditori agricoli, consolidamento dell’export e nuovi spazi di crescita aperti dal Piano Mattei in Africa e dalle missioni in Asia. «Il governo Meloni – ha sottolineato – ha fatto scelte strategiche e coraggiose, mettendo al centro il settore primario e accompagnando le imprese nella sfida dei mercati globali. L’Italia può crescere ancora: serve più produzione e una presenza sempre più forte nei mercati strategici come gli Stati Uniti e l’Unione Europea».
Lollobrigida ha inoltre richiamato la necessità di una difesa rigorosa dei nostri produttori nei negoziati internazionali: dal dossier Mercosur, dove l’Italia è stata decisiva nel cambiare l’impostazione iniziale della Commissione, alla battaglia sul riso contro un accordo europeo definito dal ministro «uno scandalo che danneggerebbe il nostro comparto e alimenterebbe lo sfruttamento nei Paesi terzi».
Un successo di sistema
Le sfide non mancano, e mai mancheranno. Il quadro generale, tuttavia, è chiaro e fortemente positivo: il sistema agroalimentare italiano è in salute, cresce più della media europea, attira investimenti, aumenta l’occupazione e consolida il proprio ruolo nel mondo. Un settore che si conferma non soltanto un motore economico, ma un grande patrimonio identitario del Paese.
Un risultato complessivo che, come osserva il presidente di Ismea, Livio Proietti, è «merito di un sistema Italia in cui ognuno svolge il proprio ruolo, dal ministro dell’Agricoltura agli operatori della filiera» che dimostra solidità e capacità di crescere nonostante tensioni geopolitiche, guerre e spinte protezionistiche. Il direttore generale di Ismea, Sergio Marchi, parla di «dati molto positivi che confermano la bontà del lavoro svolto dal sistema agroalimentare e dalle politiche del governo Meloni», sottolineando come l’Italia sia un Paese trasformatore ed esportatore con prodotti unici, difficilmente sostituibili sui mercati globali.
Il Rapporto Ismea 2025 certifica in modo inequivocabile e asettico che la direzione intrapresa dal governo Meloni è quella giusta. Un’Italia che produce, cresce ed esporta qualità: è questa la forza del nuovo agroalimentare italiano. L’attenzione, ora, è tutta rivolta al prossimo 10 dicembre, data in cui verrà votata la candidatura della cucina italiana a patrimonio culturale immateriale dell’Umanità a Nuova Delhi. Un esito positivo non potrà che dar luogo all’apertura di nuove possibilità e di nuove prospettive per il settore agroalimentare italiano nel mondo. E di un nuovo, ulteriore slancio al nostro Bel Paese.