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Gufi annichiliti dall’ennesimo record del governo Meloni: spread a 70 punti, ai minimi dal 2009

Schiaffo alle opposizioni

Gufi annichiliti dall’ennesimo record del governo Meloni: spread a 70 punti, ai minimi dal 2009

Politica - di Adriana De Conto - 3 Dicembre 2025 alle 19:23

Lo spread tra Btp e Bund tedeschi chiude a 70 punti base, in calo rispetto ai 71 dell’apertura. Oltre il dato secco c’è di più. A fine seduta il differenziale si è attestato in flessione di 2 punti base rispetto al livello della vigilia, aggiornando i minimi da oltre 15 anni. È una buona notizia: vuol dire che l’Italia dovrà versare pochi interessi e avrà più fondi per altre necessità. Con il governo Meloni, dunque, abbiamo raggiunto un record. I conti tornano, il governo è stabile, la politica economica prudente premia, lo spread non è mai stato così basso dal 2009. Ma nessuno ne parla. I gufi sono stati zittiti.

Spread ai minimi con il governo Meloni

Funziona così lo spread, ossia la differenza di rendimento tra i titoli di stato italiani (Bpt) e tedeschi (Bund) che tante “sofferenze” procurò all’Italia a partire dalla crisi finanziaria del 2008 e per diversi anni a seguire. Non si parlava d’altro. Il valore -nella giornata di mercoledì 3 dicembre è sceso brevemente a quota 69,9 punti base. Per poi risalire a 70: sono i minimi da dicembre 2009. Un punto base equivale a un centesimo di punto percentuale, cioè allo 0,01%. Il 9 novembre 2011 lo spread toccò la quota record di 574 punti base: era considerato un’emergenza, un vulnus per la credibilità dell’Italia. Un titolo di stato è l’obbligazione, il documento di credito, con cui un paese mette sul mercato finanziario il proprio debito pubblico. Più è bassa la quotazione di un titolo di stato meno le casse pubbliche dovranno versare in interessi (liberando fondi per altre necessità). E più il mercato ritiene il paese in grado di pagare il suo debito. Il rendimento dei titoli decennali italiani è oggi sotto il 3,44%.

Spread, un tempo spauracchio, ora passa inosservato

Il miglioramento del quadro si inserisce in quello che per il debito pubblico italiano viene ormai descritto come un 2025 di netta tranquillità. Lo hanno del resto attestato le promozioni delle agenzie di rating. Lo spread – per anni vero e proprio spauracchio economico e protagonista indiscusso delle cronache politiche – è tornato a livelli minimi con il governo Meloni. Ma i grandi giornali che all’epoca del rialzo titolavano più o meno con un “Fate presto” – intendendo un cambio di governo-  non danno più troppa importanza a un dato che promuove il governo Meloni. Il dato sembra passare del tutto inosservato. Nessun titolo d’apertura, nessun bollettino quotidiano, nemmeno un plauso -figuriamoci-.

Prefiche smentite

Era diventato una forma di terrore quotidiano. Ora che il dato è positivo, tutto tace. Quando invece potrebbe essere un dato da veicolare per infondere un maggiore ottimismo. La narrazione dello spread – par di capire- viene usata a fasi alterne, secondo la convenienza politica del momento: come un clava contro governi scomodi. Con il silenziatore quando le cose vanno bene e la misura dello spread potrebbe dare una lettura favorevole del momento. Dicevano che con questo Governo lo spread sarebbe esploso, che i mercati avrebbero reagito con sfiducia e che l’Italia avrebbe pagato il prezzo dell’instabilità. È accaduto l’opposto. Ed è questo il motivo per cui le prefiche non possono intonare i loro lai dolenti.

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di Adriana De Conto - 3 Dicembre 2025