L'intervista
Gasparri: Albanese? A volte sembra la Marchesini, altre la Mannino, poi realizzo che non è un’imitazione…
Il senatore azzurro a colloquio con il Secolo d'Italia commenta le alterne vicende della relatrice Onu che lo hanno fatto passare dalla critica alla commiserazione, e commenta ironico: "Credo non stia bene e che abbia bisogno d'aiuto. Vorrei rivolgere un appello ai familiari"
Il botta e risposta tra Francesca Albanese e Maurizio Gasparri si consuma a distanza, e la differenza sta nei toni e nello stile, con il Presidente del gruppo di Forza Italia al Senato che si è detto indignato – come peraltro mezzo mondo politico italiano, comprese fazioni della sinistra – per il monito lanciato alla stampa tutta dalla relatrice Onu dopo il vergognoso assalto alla redazione del quotidiano torinese da parte degli attivisti di Askatasuna. E il livore sottile, ammantato da quella sorta di snobismo dispotico e da una certa spocchia, tipica di un particolare microcosmo progressista.
«Perché la politica mi attacca per l’irruzione nella redazione de La Stampa a Torino? In questo momento io faccio paura perché rappresento il cambiamento e un risveglio delle coscienze», ha ipotizzato con veemenza e un pizzico di autocompiacimento la Albanese ospite di Luca Sommi ad Accordi&Disaccordi sul Nove. Poi, non contenta di essersela cantata, suonata e concessa finanche una implicita autoassoluzione, ha sferrato il colpo sotto la cintura al senatore azzurro. «Maurizio Gasparri si indigna per le mie parole? Vorrei dirgli: si indignasse lui per il supporto che questo esecutivo sta dando al governo Netanyahu, che da due anni commette un genocidio a Gaza».
Abbiamo chiesto a Gasparri cosa pensasse della replica al vetriolo, e lui con tono decisamente più leggero, ma non per questo meno incisivo, ci ha detto: «Mi ricorda una delle imitazioni del repertorio della compianta Anna Marchesini. A volte anche un promo di uno degli spettacoli di Teresa Mannino, la comica siciliana. Ma poi realizzo che invece è vera: la Albanese esiste e ci dobbiamo rassegnare. Però non posso fare a meno di chiedermi chi gli ha dato questo incarico. E perché la invitano in televisione, la intervistano… Ancora ieri sera l’ho vista in tv che parlava e straparlava.
Modello performances resa sabato nel talk della Nove?
«Io non lo so – prova a darsi una risposta uno sgomento Gasparri – e a questo punto sto passando dalla critica alla commiserazione. Sinceramente? Vorrei parlare con qualche familiare: penso che questa donna abbia bisogno di qualcuno che le stia vicino. Anzi vorrei fare un appello tramite voi ai suoi congiunti: la vedo in difficoltà, e penso necessiti davvero di sostegno»…
In effetti in questo periodo sembra sia quasi in voga una moda a scaricarla da parte dei suoi sodali (o ex sodali) di battaglie politiche e propagandistiche. A tal proposito, come valuta questi sindaci e queste città amministrate dalla sinistra che balbettano, tra attribuzioni e revoche, annunci e smentite, sulla cittadinanza onoraria finita nella bufera insieme ai comuni di Bologna e Firenze che l’hanno proposta?
«Penso che hanno preso una cantonata. Che hanno dato rilevanza a una persona che non la meritava, e che continua a fare a gaffes: una volta arriva addirittura ad attaccare la senatrice a vita Liliana Segre. La volta dopo ammonisce i giornalisti… Hanno sbagliato, però vede, questi sindaci dimostrano di essere recidivi, perché ancora una volta, non più tardi di ieri, il sindaco Lorusso ha criticato Piantedosi, difendendo di fatto Askatasuna. Come anche il primo cittadino di Bologna, Matteo Lepore, che a sua volta se l’è presa col ministro dell’Interno invece che con i violenti. Insomma, credo che questi sindaci della Nouvelle Vague della sinistra abbiano decisamente sbagliato rotta, e continuino a stare dalla parte sbagliata: esattamente come la Albanese. È come se ci fosse da parte della sinistra una sorta di cupidigia a stare dalla parte sbagliata. Speriamo che la gente capisca che quella giusta è la nostra. E che quindi continui a stare con noi».
Del resto anche quando si esprime una qualche forma di condanna il termine adottato per qualificare chi sbaglia è sempre un riferimento di matrice opposta, no?
«Esattamente. Quando irrompono sulla scena i militanti di Askatasuna sono subito, e per tutti, degli squadristi. Io stesso li ho paragonati ai nazisti che bruciavano i libri… Questo perché c’è un complesso che ha radici profonde, per cui se c’è un “cattivo”, anche se è comunista, viene definito a prescindere un nazi-fascista. È come se secondo il pensiero comune il comunista non potesse essere riconosciuto o definito “cattivo”».
Tanto che non esiste una definizione lessicale dell’omologo di squadrista di sinistra, no?
«Perché questo condizionamento finisce per vincolare e suggestionare un po’ tutti. Io credo che siano stati cattivi i nazisti quando hanno bruciato i libri. Ma, altrettanto, penso che siano stati cattivi anche Stalin, Pol-Pot, Mao Tse-Tung. Però, siccome il comunismo in Italia ha partecipato alla guerra di liberazione e la Costituzione è stata scritta dai comunisti insieme agli altri, loro incarnano nell’immaginario il ruolo dei portatori di libertà. Ora, nonostante anche in Italia ci sia stata la “volante rossa”, ci siano stati i gruppi armati che hanno continuato a uccidere parroci, farmacisti, anche dopo la fine della guerra civile, continua a resistere nel pensiero corrente questa idea per cui il comunista nell’immaginario è un buono e, di conseguenza, se anche qualche cattivo dovesse spuntare da quell’area di provenienza, sarebbe comunque uno squadrista. Non si potrebbe dire una guardia rossa… È una guerra delle parole che la sinistra in qualche modo ha combattuto e vinto».
La guerra del botta e risposta con la relatrice Albanese, invece, se l’è aggiudicata decisamente il senatore Gasparri…