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Il direttore del Secolo d’Italia, Antonio Rapisarda, a Inside24. Nel riquadro, Giuseppe Conte

Malumori sinistri

Rapisarda: «Conte ad Atreju ha detto che capotavola è dove si siede lui. Un colpo a Schlein dal posto in cui faceva più male»

Il direttore del Secolo d’Italia: «Atreju, piaccia o non piaccia, è stato il centro di gravità della politica italiana e ha dimostrato che a destra c'è il popolo, a sinistra ci sono le correnti»

I Video del Secolo - di Alice Carrazza - 16 Dicembre 2025 alle 12:07

La realtà, alla fine, presenta sempre il conto alla politica. Ed è esattamente la realtà dei fatti quella che Antonio Rapisarda, direttore del Secolo d’Italia, ha fotografato senza infingimenti ieri a Inside24 su RaiNews. Una realtà che racconta di un centrodestra compatto, visibile, riconoscibile — e di una sinistra che si consuma in una guerra interna per la leadership dell’opposizione. Insomma, «a destra il popolo, a sinistra le correnti».

«Atreju, piaccia o non piaccia, ha riunito ed è stato un po’ il centro di gravità della politica italiana», ha detto Rapisarda. Non uno slogan, ma una constatazione. Perché Atreju non è stato soltanto un evento di parte: è stato il luogo in cui la politica si è mostrata per ciò che è oggi, con un governo che non teme il confronto e un’opposizione che, quando può, lo evita.

Il confronto rifiutato e lo scivolone di Elly

Il rifiuto di Elly Schlein di partecipare ad Atreju non è stato un dettaglio organizzativo, ma un errore politico. Uno di quelli che segnano una leadership fragile, soprattutto se confrontata con la scelta opposta di Giuseppe Conte. La segretaria del Pd, giovane e ancora politicamente acerba e comunicativamente discontinua, ha preferito sottrarsi a un’arena difficile, confermando la difficoltà del Nazareno a reggere il confronto diretto.

Uno scivolone che «la dice lunga», soprattutto se paragonato alla mossa del leader del Movimento 5 Stelle, che invece ad Atreju si è presentato — e non a caso.

Conte e il mal di spazi

“Giuseppi”, come ormai si ama chiamarlo, è un politico che viene da un’esperienza anomala: quella della pandemia, quando — catapultato dal nulla a Palazzo Chigi — ha esercitato un potere quasi plebiscitario, da leader solitario, indiscusso, centrale. Un’esperienza che ha lasciato un segno profondo nel suo modo di stare sulla scena pubblica.

Oggi, quello spazio gli sta stretto. Il cosiddetto “campo largo” non è una casa, ma una gabbia. E l’opposizione condivisa, soprattutto con una segretaria dem che formalmente dovrebbe guidarla, è per lui semplicemente inaccettabile.

Ad Atreju, infatti, lo ha scandito: «Non sono alleato di nessuno». E Rapisarda ha ben sintetizzato: «Capotavola è dove mi siedo io». E ancora: «Conte ha approfittato, da uomo sagace, da levantino com’è, dell’occasione per ribadire che lui gioca da solo». Una frase che non è rivolta alla destra, ma alla sinistra. Al Pd. A Elly Schlein.

La sfida aperta al Pd

Conte non ha semplicemente “preso parola” ad Atreju. Si è ripreso la scena. Ha lanciato una sfida esplicita a un Pd ormai malconcio, privo di una direzione strategica e incapace di imporsi come baricentro dell’opposizione.

E lo ha fatto senza preoccuparsi troppo dei sondaggi in calo, perché la sua partita è un’altra. E il direttore del Secolo d’Italia avverte: «Questo sarà tutto un problema per la Schlein».

Qui sta il punto centrale: ciò che accade nel campo progressista è molto più preoccupante per la sinistra che per il centrodestra. La destra governa, discute, si confronta. La sinistra invece si scontra.

La realtà amara per la sinistra

E allora il dato resta, ed è incontrovertibile. Da una parte un centrodestra che lavora quotidianamente per gli italiani. Dall’altra una sinistra che si interroga su chi comandi, con “alleati” che si smentiscono apertamente. E se questi sono gli amici, chissà come potrà il circolo radical trovar pace.

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di Alice Carrazza - 16 Dicembre 2025