Dopo il Padre nostro
Certezze addio, in Gazzetta ufficiale il testo modificato dell’inno di Mameli: ecco come cambia
Nel testo originario scritto dal giovane patriota genovese non c'era la locuzione eliminata con decreto del Quirinale
Dopo il Padre Nostro, cambia anche l’inno di Mameli. Una piccola modifica, che riguarda il Si!, esclamato alla fine del nostro inno nazionale e che è stato deciso dal presidente della Repubblica e dal governo. Mentre la preghiera insegnata direttamente da Gesù fu modificata da papa Francesco, nella parte in cui diceva “non indurci in tentazione” (diventata, “non abbandonarci alla tentazione”), il nostro inno elimina solo il si finale.
Perché sparisce il Si finale
Tutto questo lo stabilisce un decreto del presidente della Repubblica del 14 marzo 2025, adottato su proposta della presidente del Consiglio Giorgia Meloni e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 7 maggio 2025.
Lo Stato Maggiore della Difesa, come rivela Il Fatto Quotidiano, lo scorso 2 dicembre, “ha disposto che in occasione di eventi e cerimonie militari di rilevanza istituzionale, ogniqualvolta venga eseguito ‘Il Canto degli italiani’ nella versione cantata non dovrà essere pronunciato il ‘sì!’ finale”. La firma del comando, riportato su una serie di documenti militari, è del generale di divisione Gaetano Lunardo, Capo del I reparto dello Stato Maggiore dell’esercito.
Non c’era nella versione scritta da Mameli
In pratica, si tratta di una modifica richiesta dai militari accettata dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella sulla base di una scelta «purista». Il testo della legge, infatti, motiva l’eliminazione del ‘sì’ con il “riconoscimento del testo de ‘Il Canto degli Italiani’ di Goffredo Mameli e lo spartito musicale originale di Michele Novaro quale inno nazionale della Repubblica”. Sul sito del Quirinale si trova l’esecuzione del 1971 cantata dal tenore Mario Del Monaco che, dopo il verso “Siam pronti alla morte l’Italia chiamò” si conclude soltanto con la musica.
L’inno e la morte giovane di Goffredo Mameli
Scritto dal patriota genovese Goffredo Mameli nel 1847 e musicato da Michele Novaro, divenne ufficialmente l’inno nazionale il 12 ottobre 1946.
L’inno nacque nel fervore patriottico che precedette le guerre d’indipendenza contro l’Austria, diventando rapidamente un simbolo dell’unificazione italiana.
Il testo è ricco di richiami a episodi della storia romana e medievale che simboleggiano la virtù e la resistenza italiane contro gli oppressori, come Scipione l’Africano, la battaglia di Legnano, Francesco Ferrucci e i Vespri Siciliani.
Mameli morì giovanissimo, a soli 21 anni, nel 1849, a Roma, a seguito delle ferite riportate durante la difesa della Repubblica Romana.
Prima c’era la marcia reale
Dal Risorgimento al 1946 l’inno nazionale italiano era la marcia reale, composta da Giuseppe Gabetti, su incarico di Carlo Alberto di Savoia, come marcia d’ordinanza per le truppe del Regno di Sardegna.
Nel 1943, dopo l’armistizio, la marcia fu sostituita dal, “Canto degli italiani”, che rimase in vigore per tre anni, nel tempo di transizione che portò alla fine della guerra e alla scelta della Repubblica nel referendum del 1946.