«Censurare Passaggio al Bosco? Una richiesta stucchevole dei soliti circoletti autoreferenziali». Parla Amorese
«Stucchevole», oltre che «vergognoso». Alessandro Amorese, capogruppo di FdI in Commissione Cultura alla Camera ed editore, commenta così la vicenda dell’appello di un certo numero di autori ed editori contro la partecipazione della casa editrice Passaggio al Bosco alla fiera della piccola e media editoria che si apre domani a Roma e che, sottolinea, ha «un titolo inequivocabile»: “Più libri più liberi”.
Che idea si è fatto di questo caso?
«Intanto registro come una buona notizia il fatto che l’Aie, l’Associazione italiana editori, abbia chiarito il proprio no a ogni forma di censura. Esistono delle regole, esistono delle leggi, se gli espositori le rispettano non si vede perché dovrebbero essere esclusi. In questa cornice tutti gli editori hanno e devono avere la stessa valenza e la stessa possibilità di partecipare».
Ma nomi altisonanti del panorama culturale italiano questa esclusione la chiedono…
«Sono i soliti circoletti autoreferenziali. C’è un chiaro tema politico: si vanno a spulciare i legittimi cataloghi di alcune case editrici, identificando autori e temi che dovrebbero essere messi all’indice, poi se quegli stessi autori e quegli stessi temi sono nei cataloghi di altre case editrici va tutto bene. Anzi, se ne esalta l’importanza, si assegnano premi, si fanno serie tv…».
Quindi, secondo lei, non è un tema di cosa viene pubblicato, ma da chi?
«Non è sempre così per un certo ambiente mainstream? È sempre il solito vizio della sinistra di pensare di poter dare patenti, dire “io sì, tu no”, di poter stilare un periodico indice di autori sgraditi e libri da mettere al rogo, salvo poi accorgersi che magari ci si possono fare dei quattrini e riprenderli. Diciamo che queste liste sono piuttosto interscambiabili. Ma non c’è solo questo…».
Dica.
«A questo vizio antico di pensarsi “superiori”, di mettersi su un piedistallo e dare patenti di agibilità, si aggiunge un altro vizio antico: la volontà di mettere a tacere chi la pensa diversamente e, in questo caso, chi fa editoria in maniera indipendente e libera. Queste raccolte di firme non sono solo imbarazzanti, sono anche pericolose. A me ricordano gli appelli contro Calabresi e sappiamo com’è andata a finire. Erano una follia nel clima degli anni di piombo, oggi sono penose».
Lei con Eclettica è anche editore, con quali criteri si scelgono i titoli?
«I criteri sono tanti, una casa editrice strutturata ha diverse collane, direttori di collana, un comitato scientifico. E poi ha le sue inclinazioni, che fanno parte della libertà e dell’indipendenza che ogni editore ha, legittimamente e per fortuna: le differenze arricchiscono la cultura. Noi diamo ampio spazio ai giovani e alle riscoperte di libri che erano finiti dell’oblio, e come noi anche altre case editrici indipendenti, e questo lo ritengo un valore nel valore. Infine, vorrei sottolineare che un editore è anche un imprenditore e in questa vicenda abbiamo assistito, oltre a tutto quello che ci siamo detti, anche a un attacco a un’esperienza di imprenditoria giovanile, che andrebbe sostenuta non colpita. Quell’appello è una storia pietosa da qualsiasi punto di vista la si guardi».