Stesso copione
Assalto alla Stampa e no agli ufficiali all’università portano la stessa firma: collettivi e centri sociali
Stessa mano, stessa regia. L’assalto alle sede della Stampa, con lancio di letame e minacce di morte ai giornalisti “collusi” con il genocidio di Gaza e il no della Facoltà di Filosofia di Bologna al corso universitario dei una quindicina di allievi ufficiali portano la stessa firma. Sono i collettivi studenteschi, cresciuti a violenza, antisemitismo e antifascismo. Una lunga palestra di scontri con la polizia, roghi di bandiere e blitz ‘spaccatutto’.
Collettivi studenteschi dietro l’assalto a La Stampa
Sull’attacco al quotidiano torinese nessun dubbio sulla paternità, anche se la sinistra non riesce a pronunciarne il nome. Parla di vandali che mettono a rischio la tenuta democratica o, addirittura, di “fascisti mascherati”. Ci sono i video, le rivendicazioni social dei collettivi e della galassia dei centri sociali orgogliosi dell’assalto. Il linguaggio e la dinamica sono chiare: nel giorno dello sciopero generale cento militanti duri e puri si staccano dal corteo, dopo le fiaccolate a difesa dell’imam filo Hamas della moschea di Torino, sul quale pende un provvedimento di espulsione, scavalcano i cancelli e fanno irruzione al grido di “giornalista terrorista, sei il primo della lista”. Analizzando i video la Digos è risalita a una quarantina di persone. Guarda il caso tutti attivisti del centro sociale Askatasuna, tra i più violenti d’Italia, e dei collettivi, Collettivo universitario autonomo e Kollettivo studentesco autorganizzato, riconducibili sempre al centro sociale torinese. Tra i fermati anche il sedicenne fermato e ammanettato davanti al liceo Einstein durante gli scontri tra studenti di sinistra e di destra.
Centri sociali e antagonisti boicottano il corso per gli allievi ufficiali a Bologna
Non è diversa la provenienza del divieto dell’università di Bologna, con mezzo passo indietro della rettore Giovanni Molari, al corso di facoltà per 15 allievi ufficiali dell’Accademia Militare di Modena. Non s’ha da fare, protestano i compagni dei collettivi e centri sociali, che temono la militarizzazione dell’ateneo. All’insegna di ‘peace and love’ parte il boicottaggio del Cua, Collettivo universitario autonomo. Sono gli antagonisti, anziani maestri di odio quasi mai studenti in corso, che da anni fanno il buono e il cattivo tempo Alma Mater. Neanche a dirlo hanno occupato abusivamente un’aula della facoltà di Lettere e da lì spadroneggiano. Di fatto, tengono ‘in ostaggio’ il rettore dell’università più antica d’Italia. Tipetti svegli. Sono sempre loro ad aver scatenato la guerriglia a suon di lancio di bottiglie di vetro davanti al PalaDozza a scatenare (15 agenti feriti) per protesta contro la partita tra la Virtus Bologna e gli israeliani del Maccabi.
Il Cua si mobilita contro la militarizzazione dell’ateneo
Due mesi fa le prime avvisaglie di guerra agli ufficiali nel nome della pace, ça va sans dire. Il Cua si è mobilitato per fermare ogni accorso tra il Dipartimento di Filosofia e l’Accademia Milano al grido di “fuori la guerra dalle nostre università”. Oggi c’è l’appello diretto a tutta la città di Bologna per opporsi “collettivamente a questo processo di militarizzazione”. C’è pure chi delira sul rischio che gli atenei possano diventare pericolosi avamposti militari o laboratori di addestramento mascherati a laboratori di alta formazione”. Follia pura.
La replica di Meloni a difesa delle forze armate
Accuse ideologiche per fare casino e alimentare sentimenti di odio verso le forze di polizia. Ben altra l’ispirazione della richiesta del capo di Stato Maggiore dell’Esercito, il generale Carmine Masiello. “Creare un pensiero laterale nell’esercito, per dare la possibilità di pensare in maniera differente e uscire dallo stereotipo”, questo l’obiettivo. Altro che militarizzazione. Un proposito difeso dalla stessa premier Meloni. “Arricchire la formazione degli ufficiali con competenze umanistiche è un fattore strategico che qualifica ulteriormente il servizio che essi rendono allo Stato”, ha detto la presidente del Consiglio.