La nuova strategia italiana
A Manama l’Italia compie il salto di qualità: Meloni ridisegna l’asse Golfo–Mediterraneo e colloca Roma al centro dell’Imec
Accordi industriali, diplomazia energetica, corridoi infrastrutturali e un nuovo formato Gcc–Med: la premier trasforma la presenza italiana nel Golfo in una piattaforma di cooperazione strutturata
Al vertice di Manama, l’Italia non ha semplicemente partecipato: è stata ospite d’onore, occupando uno spazio che per anni era rimasto vuoto; l’ultima presenza europea in questo perimetro risaliva al 2016, e mai l’Italia era stata invitata. La premier Meloni si è presentata come leader riconosciuta e interlocutrice stabile in un’area — Bahrein, Oman, Arabia Saudita, Kuwait — che oggi è una delle piattaforme decisive della competizione globale. E lo ha fatto con un riconoscimento politico preciso, in un formato tradizionalmente riservato a una lista ristretta di capi di Stato e di governo. Va sottolineato che, nel punto stampa, Meloni ha voluto dare anche un messaggio di sobrietà e di rispetto delle istituzioni: ha scelto di non parlare di sé e ha attribuito il risultato all’Italia, valorizzando il Paese e il suo ruolo più della dimensione personale.
La strategia che mancava
La chiave del nuovo protagonismo italiano nel Golfo non sta solo nelle intese commerciali o nelle visite istituzionali.Meloni ha aggiunto due elementi che l’Italia non aveva mai utilizzato con tale continuità. Il primo è la costruzione di rapporti personali diretti con i leader della regione: quattro incontri in un anno con il vertice del Bahrein, un canale stabile con Riad, una relazione strutturata con Oman e Kuwait. Il secondo è la cornice progettuale del Piano Mattei, che nel Golfo si intreccia con il fondo multi-donatori presso la Banca Africana di Sviluppo, creando un ponte finanziario tra Mediterraneo, Africa e Penisola Arabica. È questa combinazione — politica, personale e progettuale — che ha aperto all’Italia l’accesso privilegiato al vertice del Gcc.
La nuova geometria italiana: dal Golfo alle economie del Mediterraneo
Il vero salto di qualità è che l’Italia non propone un dialogo bilaterale chiuso con il Golfo: propone un sistema. La visione espressa a Manama estende l’iniziativa alle economie del Mediterraneo, creando un ponte strategico tra tre aree che per decenni hanno dialogato senza una cornice comune: Golfo, Mediterraneo europeo e Nord Africa. “Un formato che non intende competere con altre iniziative o forum internazionali né porsi come alternativa a essi, ma che sappia invece lavorare su complementarità”, come ha ricordato ieri Meloni.
La proposta del Gcc–Med Summit, da ospitare in Italia, risponde esattamente a questa esigenza: strutturare un dialogo stabile tra due poli economici — il Golfo come centro finanziario ed energetico emergente, e il Mediterraneo come hub logistico e produttivo europeo — con l’Italia come cerniera politica e geografica. È una visione che nessun altro Paese europeo ha finora avanzato.
I bilaterali: un mosaico coerente
I quattro incontri a margine del vertice mostrano con precisione l’area di investimento politico italiana. Con il Bahrein, Meloni ha consolidato il Partenariato Strategico sugli Investimenti, già rafforzato da un dialogo intenso nell’ultimo anno. Con l’Oman, la premier ha discusso il ruolo di mediazione del Sultanato nella regione e il crescente coinvolgimento delle imprese italiane nei piani di sviluppo omaniti. Con il Kuwait, si è confermata l’eccellente cooperazione nella difesa e l’interesse a rafforzare gli investimenti nel nostro Paese. Con l’Arabia Saudita, il confronto con Mohammed bin Salman ha rilanciato il Partenariato Strategico avviato ad Al-Ula, con attenzione a energia, industria, tecnologia e stabilità regionale. Non è diplomazia episodica, ma una mappa ragionata della presenza italiana nel Golfo.
Imec: l’Italia torna nel centro della geografia globale
Il cuore del discorso della premier è stato l’India–Middle East–Europe Corridor (Imec), la grande infrastruttura che collega India, Golfo, Mediterraneo ed Europa in un’unica rotta strategica.
Meloni lo ha definito un progetto capace di “sprigionare un potenziale enorme”, e soprattutto ha indicato il ruolo italiano: la porta del Golfo verso l’Europa.
Trieste diventa un nodo logistico determinante: porto più a nord del Mediterraneo, sbocco naturale ai Balcani e all’Europa centrale.
Con l’Imec, l’Italia non si posiziona lungo una rotta creata da altri: ne diventa il terminale naturale, rafforzando la propria funzione storica di ponte tra mari, continenti e economie.
La dorsale digitale del futuro passa dall’Italia
A questa infrastruttura fisica si aggiunge il Blue Raman Cable, la nuova dorsale digitale che collegherà Europa e India attraverso Italia, Mediterraneo e Penisola Arabica.
Se il XXI secolo è l’era della competizione sui dati, chi ospita le dorsali digitali ospita anche pezzi essenziali della sovranità tecnologica.
Il fatto che il Blue Raman passi dall’Italia colloca Roma come snodo critico della connettività globale, alla pari dei grandi hub del Nord Europa o degli Emirati.
Una diplomazia energetica finalmente pragmatica
Meloni ha rilanciato l’idea di una nuova diplomazia energetica, fondata sulla neutralità tecnologica e sulla cooperazione multilivello tra Europa, Italia, Africa e Paesi del Golfo.
È un approccio che abbandona le rigidità ideologiche del passato e risponde alle ambizioni del Golfo, oggi impegnato nella diversificazione e nella transizione energetica.
Un’Italia che non si limita a partecipare
Manama dimostra che l’Italia può tornare a comportarsi come un Paese centrale nelle dinamiche globali: per capacità di costruire relazioni, proporre architetture diplomatiche, sostenere progetti infrastrutturali che ridisegnano gli scambi e la sicurezza.