CERCA SUL SECOLO D'ITALIA

La città di Melfi, capitale ideale della regione Ausonia

Il punto di vista

Una grande regione per un grande Meridione: cos’è Ausonia, terra di legami politici, economici e culturali

Una prospettiva diversa per parlare di autonomia differenziata: l'idea di un'unica grande regione del Sud che competa per estensione e popolazione con quelle del Nord

Politica - di Ulderico Nisticò - 9 Novembre 2025 alle 07:00

Qualche lettore obietterà, a ragione, che l’argomento è stato già da me trattato su queste pagine; ed è vero, se non che a trattarlo, che io sappia, sono sempre solo io; e che c’è oggi una certa maggiore attualità, perché si torna a parlare di autonomia differenziata. E questa se non parte del programma dell’intera coalizione di governo, lo è della Lega, e le altre componenti della maggioranza non hanno presentato obiezioni.

Obietto qualcosa io, ma dopo aver premesso che, in linea di principio, sono d’accordo con l’autonomia. Ripassiamo un poco di storia, e scopriamo che l’Italia è stata per diciotto secoli disunita, e mica per colpa del Congresso di Vienna del 1815 come risorgimentalmente s’insinua, ma a causa dell’incompleta invasione longobarda del 568, quindi parecchi secoli prima; e incompleta perché lasciò fuori Venezia, Ravenna, Roma, Otranto, la poi detta Calabria a sud del Crati, le città campane, e le grandi isole. E anche il regno dei Longobardi non è che fosse compattissimo.

Da allora… no, sarebbe troppo lungo da narrare; e ci limitiamo a descrivere l’Italia dall’XI-XII secolo, quando i Normanni fondarono un regno del Meridione, mentre il Nord e il Centro si disintegravano in città, poi signorie e principati. E dico l’Italia, ma sarebbe più esatto parlare di Italie, con i territori oggi perduti di Savoia, Nizza, Ticino, Corsica, Istria, Dalmazia, Malta…

E mentre i pensatori politici propugnavano l’esigenza di unità politica, è anche vero che molti sostenevano, o almeno praticavano l’identità di alcune città e regioni ed entità politiche come Milano, Venezia, gli Este, la Chiesa, Napoli, la Sicilia; e ancora di più le identità culturali. Se volete un paradossale esempio di esperienza comune a tutti, ogni scolastica storia della letteratura italiana ci lascia l’evidenza che senza la Ferrara estense non si sarebbe la poesia cavalleresca; e così per l’arte dei principi e dei papi…

Mi fermo, se non quanto basta per far notare che, con la sola eccezione mazziniana, tutti quelli che pensarono all’Italia unita non la pensarono unificata e centralista, bensì o alleata o confederale o federale. Poi le cose andarono come andarono, però non era l’unica ipotesi, tutt’altro. L’Italia unificata nel 1861 venne divisa sì in regioni, ma solo sulla carta: e lo dico letteralmente, solo sulle cartine geografiche. Iniziarono dal 1946 ad avere consistenza le autonomie di Sicilia, Sardegna, Aosta, Friuli, e poi di Trento e Bolzano; nel 1970 ebbero luogo le regioni ordinarie, e con i confini delle dette cartine geografiche, senza una seria analisi del reale. Il risultato è che coesistono una Lombardia con dieci milioni di residenti, e un Molise di trecentomila anime, una Basilicata di ottocentomila, una Calabria di un milione e mezzo. E anche Umbria e Marche non stanno meglio, quanto a popolazione.

In queste condizioni, io stesso sarei perplesso di un’autonomia differenziata di aree così diverse per numero di abitanti; e non scordiamo altre stridenti differenze. Proviamo invece a immaginare una regione meridionale di più ampie dimensioni, e che conti dodici milioni di abitanti, unendo (ripeto, unendo) Molise, Basilicata, Campania, Puglia, Calabria: più o meno l’antico Regno di Napoli (non Due Sicilie del 1816), sebbene gli Abruzzi siano ormai Centro e non Meridione; e la Sicilia, come la pensa lo ha già detto nel 1282, e sta bene com’è, con l’aiuto del ponte.

Mi piace chiamare Ausonia questa entità, ma nella storia dei popoli i nomi sono una questione mutevole e di scarso rilievo; e hanno successo solo se hanno successo. Esempio, tutto il mondo chiama Greci i Greci, tranne i Greci! Perciò, dico Ausonia. Per secoli, le terre del Reame (così, infatti, dicevano gli antichi, per non accapigliarsi con nomi) costituirono legami non solo politici ma anche economici e culturali.

Federico II istituì le grandi fiere per lo scambio dei prodotti; e gli augustales come moneta forte; e con le Melfitane, impose il diritto romano giustinianeo, sostenuto nei secoli dai viceré castigliani e dall’avvocatura napoletana, e finché non giunsero… non i “piemontesi” del 1860, bensì i napoleonidi del 1806 con lo Stato centralista e burocratico. Quanto all’economia, il Meridione non è mai stato, come favoleggiavano i classici e i fugaci viaggiatori forestieri e i lettori di strambi libelli, un idilliaco e ricchissimo Eden; però ha molte risorse poco e male utilizzate anche per ristrettezza di territori e di vedute. Pensiamo alla risorsa turismo, che in due terzi del Sud è ridotta quasi solo a balneazione, in spregio di tantissime altre occasioni e realtà. Al Sud dunque non mancano le cose, manca la politica; e non aiuta a ciò la divisione nelle regioni come sopra descritte.

Ausonia, infatti, non dovrebbe essere una somma bruta delle regioni; e tanto meno le sue istituzioni dovrebbero risultare da un’ammucchiata di quelle attuali, a loro volta, nel 1970, scopiazzate dalla partitocrazia statale. Serve un presidente eletto, e che nomini e destituisca gli assessori senza lacciuoli di geografia e di genere e di partito; e un consiglio legislativo di pochi e qualificati membri; con una camera dei corpi intermedi; e una burocrazia piccola, agile e personalmente responsabile.

Siccome un capoluogo ci vuole, indico Melfi per le ragioni storiche non del Meridione in generale, ma specificamente del Reame. Simbolico, perché oggi si può fare tutto con i computer. All’interno di Ausonia, sarebbero utili delle circoscrizioni, da concepire secondo assetti naturali. E qui ci soccorre re Filippo II, il quale individuò queste province: Terra d’Otranto; Terra di Bari; Capitanata; Molise; Terra di lavoro; Principato Citra e Ultra; Basilicata; Calabria Citra e Ultra. Se consideriamo anche gli Abruzzi, c’erano Citra e Ultra. Quanto ai comuni, dico solo che i 404 della mia Calabria sono una palese esagerazione, e vanno drasticamente sfoltiti. Essi, in quanto comuni, e lo dico almeno per tre quarti, non risalgono al re Italo, bensì solo a Giuseppe Bonaparte nel 1807 o a Murat nel 1811. Mi piacerebbe che queste righe divenissero un argomento di discussione in tutta… Ausonia. E chi non è d’accordo, si opponga con validi argomenti.

Non ci sono commenti, inizia una discussione

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

di Ulderico Nisticò - 9 Novembre 2025