Il caso
«Sì, Pasolini era anche conservatore», ma a dirlo non è la destra. Le “scandalose” idee al convegno che ha sdegnato la sinistra
Il dibattito ha affrontato la complessità del pensiero pasoliniano, senza i temuti tentativi di "appropriazione politica" che mancavano nelle premesse: il metodo è stato quello del «dialogo» e della «politica culturale come sintesi nazionale». La Russa risponde alla «spocchia antica della sinistra»: «Pasolini era un grande intellettuale italiano»
Infine si è svolto il convegno dello “scandalo”, quello su “Pasolini conservatore” promosso da Fondazione An e Secolo d’Italia, che tanto ha fatto agitare giornalisti, filosofi, scrittori che compongono un certo caravanserraglio dell’intellighenzia di sinistra.
Pasolini e due visioni della politica culturale: dall’egemonia della sinistra alla «sintesi nazionale» della destra
Allo stato attuale non risulta che l’opera omnia dello scrittore sia andata persa per autocombustione. Difficile sapere se la «profanazione» di questo «padre fondatore della cultura di sinistra» – come ha scritto qualcuno – lo abbia portato a rigirarsi nella tomba, ma tendenzialmente saremmo per escluderlo. L’auspicio è che si possano anche escludere ricoveri per gastriti acute dei tutori dell’ortodossia del pensiero pasoliniano (sì, è un po’ un ossimoro, ma facciamo a capirci). I quali, ora che “l’oltraggio” si è consumato, potrebbero anche cercare di farsene una ragione: in fin dei conti, dovrebbero essere contenti di sapere che Pasolini è letto, apprezzato, discusso, ragionato come patrimonio culturale di tutti, non solo di una parte. Che, insomma, sia riconosciuto come parte integrante di quella «politica culturale di sintesi nazionale» che è la linea guida della destra in antitesi con il concetto di «egemonia culturale della sinistra», come ha spiegato il presidente della Commissione Cultura della Camera, Federico Mollicone di FdI, nei suoi saluti istituzionali al convegno.
La destra e Pasolini: una storia lunga cinquant’anni
Del resto, l’interesse della destra per Pasolini è circostanza nient’affatto nuova e nient’affatto legata alla necessità “ora che è al governo di “costruirsi un pantheon culturale che non ha”, come pure è stato sostenuto nelle polemiche della vigilia. Già nel 1988 la federazione romana del Msi organizzò un ciclo di incontri dal titolo “Ripensare Pasolini… scandalosamente”, promosso dal segretario provinciale Teodoro Buontempo e dal responsabile culturale Lodovico Pace, che fece molto parlare. Tre anni prima a Milano, Ignazio La Russa, anche lui fra i relatori del convegno, organizzò uno speciale a Radio University in occasione del decennale della morte. È però dalla metà degli anni ’70 che echi pasoliniani si affacciano da queste parti, come spunto di riflessione e di dibattito politico e culturale, con tanto di citazione su La voce della Fogna, come ricostruito dallo storico Adalberto Baldoni, anche lui tra i promotori delle iniziative del 1988, nel libro Una lunga incomprensione. Pasolini fra destra e sinistra, che scrisse una decina di anni fa insieme al compianto Gianni Borgna, intellettuale anche lui oltre che apprezzato assessore alla Cultura del Comune di Roma, con Francesco Rutelli e Walter Veltroni.
E, insomma, tutti quelli che a sinistra si svegliano ancora quarant’anni, ma facciamo pure cinquant’anni dopo, urlando contro il fatto che “scandalosamente” la destra tenta di «appropriarsi» di Pasolini o non hanno idea di ciò di cui parlano o dimostrano una visione padronale e totalmente piegata alla politica della cultura, che della cultura è sostanzialmente la negazione.
“Pasolini conservatore”: il titolo dello scandalo che non c’è
Dice: ma il problema è il titolo del convegno “Pasolini conservatore”. Pasolini conservatore giammai! E, vabbè, non sarà stato conservatore, piuttosto «antimoderno», «reazionario», «tradizionalista». E un po’ in tutti questi modi è stato descritto durante il convegno, anticipato da un ampio dibattito sui giornali anche dagli stessi relatori – di diversa estrazione – alcuni dei quali chiamati da questo o da quello a spiegare, quasi a giustificarsi per una “indebita appropriazione politica” che non era nelle intenzioni e che non c’è stata.
Affrontare la complessità di Pasolini senza forzature e senza rimozioni
Antonio Giordano, deputato di FdI e vicepresidente della Fondazione An, ha introdotto i lavori indicandone la filosofia: affrontare il tema della complessità di Pasolini, senza forzature ma anche senza rimozioni. «Era un uomo di sinistra, con una chiara identità politica espressa e aveva intuizioni conservatrici, che comunque non cancellano la sua identità marxista. La volontà non è quella di operare un’appropriazione, ma di creare un dialogo, che è e deve essere la nostra responsabilità culturale». Concetto poi ribadito anche dal direttore scientifico della Fondazione An, Francesco Giubilei.
La Russa risponde alla «spocchia antica della sinistra»
La Russa ha risposto alla «spocchia antica della sinistra che ritiene di avere la prerogativa assoluta di affrontare i temi culturali». Dopo aver ricordato che «nel ’49 Pasolini fu cacciato dal Pci per indegnità morale», mentre «il Msi non cacciò mai un omosessuale per indegnità morale», La Russa ha sottolineato che «ci sono tanti di quei riferimenti in Pasolini che la sinistra non può dire che appartengano alla sua storia come, men che meno noi, possiamo dire che la storia di Pasolini appartenga alla destra». «Ma credo, con forza – ha aggiunto – che possiamo dire che Pasolini sia stato un uomo irregolare, ma così importante da meritare oggi uno studio approfondito e che la sua memoria non possa essere affidata a una parte e l’esame delle sue parole affidate ad alcuni». «È bene che siano affidate a tutti senza preclusioni e con la consapevolezza che comunque lo si voglia guardare – ha concluso il presidente del Senato – Pasolini è stato un grande intellettuale italiano».
Dalle piccole patrie alla mentalità libera: i punti di contatto con il pensiero di destra
È stato poi il capogruppo di FdI in Commissione Cultura ed editore, Alessandro Amorese, a soffermarsi più nello specifico sui punti di contatto tra il pensiero pasoliniano e il pensiero della destra, a partire dal suo amore per le piccole patrie dalla sua «mentalità libera, aperta, come la nostra». «Noi – ha rivendicato Amorese – possiamo parlare di tutto».
Un dibattito per conoscere, approfondire, capire
A parlare di una propensione al conservatorismo di Pasolini sono stati semmai i relatori “tecnici” e in particolare gli scrittori Andrea Di Consoli e Camillo Langone. Con loro ad animare il dibattito, moderato dalla giornalista Annalisa Terranova, c’erano il professore di storia delle dottrine politiche della Sapienza, Paolo Armellini, la Presidente della Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia, Gabriella Buontempo, e il caporedattore cultura del Giornale, Alessandro Gnocchi, hanno approfondito e analizzato ciascuno per le proprie competenze l’opera e la figura di Pasolini: rispettivamente il rapporto tra Pasolini e la modernità, il suo contributo al cinema, il suo interesse per la destra, affrontato attraverso il catalogo delle sue letture.
Gli scrittori che ammettono: sì, Pasolini era anche un conservatore
«Io sono un appropriatore culturale, sono un conservatore impolitico e Pasolini era un conservatore. Si pensa che il contrario di conservatore sia progressista, ma non è progressista, è dissipatore. Pasolini era anti-progressista», ha detto Langone.
Per Di Consoli, poi, «Pasolini è stato conservatore come tutti i grandi che sanno riconoscere la grandezza del passato, ma anche come tutte le persone che sentono il pericolo della frammentazione eccessiva del consumismo». L’invito dello scrittore è stato dunque a uscire dal convegno «con più dubbi che certezze per onorare la contraddittorietà permanente di Pasolini».