CERCA SUL SECOLO D'ITALIA

Australia senatrice burqa

Il dibattito

Senatrice australiana indossa il burqa in aula per protestare contro l’Islam integralista: sospesa per una settimana

“Se il Parlamento non lo vieterà, mostrerò io stessa questo copricapo oppressivo, radicale e non religioso, che mette a rischio la nostra sicurezza nazionale e comporta maltrattamenti per le donne”, ha dichiarato Pauline Hanson

Esteri - di Alice Carrazza - 25 Novembre 2025 alle 11:53

In Australia arriva la sanzione per la senatrice dell’estrema destra Pauline Hanson, che nel corso della seduta di lunedì 24 novembre è entrata in aula indossando il burqa. Sette giorni di sospensione, riferiscono i media locali, per la leader del partito One Nation, che non è musulmana e si batte affinché il burqa venga vietato nei luoghi pubblici. Nel proporre la sospensione di Hanson, Penny Wong, ministro degli Esteri, ha accusato la senatrice di aver “deriso e diffamato un’intera religione”.

La senatrice col burqa

Ieri critiche, polemiche e indignazione avevano portato a sospendere la seduta quando la 71enne Hanson, senatrice del Queensland, ha ripetuto di fatto una provocazione già messa in atto nel 2017, rifiutando gli inviti a togliersi il burqa. Stamani in Senato sono stati 55 i voti favorevoli a sanzionarla, cinque quelli contrari. Sulla pagina Facebook ‘Pauline Hanson’s One Nation Party’ è stato pubblicato ieri un post con accuse di “ipocrisia” ai senatori per aver bloccato una proposta per vietare il burqa. “Se non vogliono che il senatore Hanson lo indossi, vietino il burqa”, si leggeva nel messaggio. In Australia, secondo gli ultimi dati ufficiali del 2021, i musulmani sono circa il 3,2% della popolazione, oltre 25 milioni di persone. Oggi in aula ci sono due donne musulmane che rappresentano gli australiani, Mehreen Faruqi e Fatima Payman, la prima a indossare l’hijab in Parlamento.

“Se il Parlamento non lo vieterà, lo mostrerò io”

Dopo la sospensione, la leader di One Nation ha spiegato così la sua protesta: “Quindi, se il Parlamento non lo vieterà, mostrerò io stessa questo copricapo oppressivo, radicale e non religioso, che mette a rischio la nostra sicurezza nazionale e comporta maltrattamenti per le donne, direttamente sul pavimento del nostro Parlamento affinché ogni australiano capisca cosa è in gioco”.

La campagna “Prima che sia troppo tardi”

Mentre in Australia si grida alla “provocazione”, in Italia una riflessione seria è già stata avviata. La campagna “Prima che sia troppo tardi” parte da un dato di realtà: da anni nelle grandi città europee si sviluppano comunità parallele, chiuse, impermeabili, in cui i precetti religiosi prevalgono sulle leggi nazionali. Il “separatismo religioso” rappresenta una minaccia.

Per questo Fratelli d’Italia ha presentato una proposta di legge che prevede: il divieto del velo integrale in tutti i luoghi pubblici, controlli più severi sui finanziamenti dall’estero per edifici di culto, pene più dure per i matrimoni combinati, divieto dei certificati di verginità (salvo motivazioni sanitarie), possibilità di chiudere temporaneamente i luoghi di culto dove si diffondono idee fondate su superiorità o odio religioso. Un impianto normativo che punta a tutelare sicurezza nazionale, parità di genere e rispetto della dignità femminile.

Un tema che pesa

Un tema che pesa ancora di più in una giornata dedicata alla lotta contro la violenza sulle donne
La discussione acquista ulteriore significato in una giornata come questa, dedicata alla sensibilizzazione sulla violenza contro le donne.

Il burqa e gli altri veli integrali non sono soltanto simboli culturali: in molte realtà rappresentano la negazione dell’identità femminile e dell’autonomia personale.

Non ci sono commenti, inizia una discussione

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

di Alice Carrazza - 25 Novembre 2025