L'editoriale
Schlein e Conte credono ancora ai sogni di “spallata”. Leader perfetti del campo illuso
Tirando le somme, al netto delle “trombe” sguaiate di queste ore, la sinistra-sinistra in campo non risulta competitiva: il campo largo, larghissimo, extralarge non ha ribaltato il computo delle Regioni, anzi ha fallito i ribaltoni promess
Tu chiamale se vuoi…illusioni. Da tre anni, fin da quando si è insediato il governo Meloni a Palazzo Chigi, le tribù del campo largo si affannano a prendere la ricorsa per questa fantomatica “spallata” ma ogni volta finiscono per inciampare su quel macigno che gli rovina puntualmente i piani: il voto degli italiani. Prendete la grafica pubblicata dal Secolo d’Italia: è la fotografia del responso delle Regionali, l’ultima “cartina” prima delle elezioni politiche del 2027. L’instantanea registra una maggioranza schiacciante a favore del centrodestra: 13 a 6. Segno che, da Nord a Sud, dal 2022 a oggi, non vi è stato alcun smottamento dai territori nei confronti dell’esecutivo: caso più unico che raro nella tormentata storia politica del Belpaese. Dati in linea, del resto, con il responso ottenuto alle Europee (dove il centrodestra ha guadagnato in termini percentuali sia come coalizione che fra i singoli partiti) e con ciò che certificano settimanalmente tutti i sondaggi.
Eppure anche per quest’ultima tornata, come è avvenuto in precedenza, i toni di partenza di Schlein & co. erano stati all’insegna del «Meloni stiamo arrivando». Secondo i loro calcoli doveva finire con un trionfo – assicuravano un 5-1 – con la promessa epocale di ben due regioni da strappare al centrodestra, la Calabria ma soprattutto le Marche del meloniano Francesco Acquaroli. Sappiamo com’è andata: batosta per Pd, 5Stelle e compagni nelle Marche e in Calabria, premio di consolazione in Toscana. Con gli ultimi risultati – le scontate vittorie di Roberto Fico e Antonio Decaro e quella dell’altra sponda, altrettanto telefonata, del veneto Alberto Stefani – l’ultimo parziale del campionato si è concluso 3 a 3. Tutto come prima. Risultato per il quale dalle parti del Nazareno devono pure ritenersi fortunati e ringraziare il caro vecchio “caciccato” – quello che la segreteria diceva di voler abbattere – se sono riusciti a confermare due feudi come Puglia e Campania.
Tirando le somme, al netto delle “trombe” sguaiate di queste ore, la sinistra-sinistra in campo non risulta competitiva: il campo largo, larghissimo, extralarge non ha ribaltato il computo delle Regioni, anzi ha fallito i ribaltoni promessi. Non ha scalfito le forze di governo nei rapporti con l’Europa (al contrario, l’Italia di centrodestra ha conquistato una vicepresidenza esecutiva mentre ad arrancare è proprio la vecchia maggioranza Ursula). Non guida alcuna rilevazione: a macinare record di consensi – proprio ieri l’ennesimo record – continua ad essere FdI. La sinistra ha perso poi, malamente, il referendum sul lavoro al traino della Cgil e si candida a fare il bis, difendendo il peggior correntismo, su quello riguardante la riforma della giustizia. Ha sperato che cavalcare le piazze pro-Pal più radicali si traducesse in voti: invece ha fatto fuggire i pochi voti moderati rimasti, radicalizzato lo scontro interno con i riformisti e mandato in depressione persino Romano Prodi per il quale – non avendo uno straccio di agenda sociale se non gracchiare sull’allarme fascismo – «la sinistra ha girato le spalle l’Italia».
Ma dalle parti del Nazareno, si sa, sono testardi. E così, senza aver affrontato nemmeno uno dei tanti problemi irrisolti – gli stessi che complicano la digestione persino a certi consiglieri del Quirinale – si sono autoconvinti che il «vento sta cambiando» per averla spuntata in due Regioni dove già governavano. I fumi della festa si dissolveranno presto, così come l’illusione di aver dato un avviso di sfratto a Meloni. Occorrerà passare adesso ai programmi concreti, alla politica estera, ai temi della sicurezza, delle tasse, dell’immigrazione e dello sviluppo: e allora sì che finalmente di spallate nel campo largo se ne vedranno. Fra alleati.