I dati reali
Perché la sinistra sbaglia ad accusare il governo Meloni sul calo effettivo dei salari: i problemi arrivano dall’era Draghi
Il crollo reale c'è stato dal gennaio 2021 all'agosto 2022, dovuto all'inflazione e alla guerra a Kiev. Da allora c'è una lenta ripresa
Il peso dei salari in Italia è diminuito effettivamente dal 2021 ad oggi. In una percentuale che si attesta intorno all’8%. Tanto che Elly Schlein ha colto la palla al balzo per dare la colpa al governo Meloni, affermando che è colpa dell’esecutivo attuale se c’è stata la perdita effettiva nei salari. Ma, come ha scritto bene Pagella Politica, le cose non stanno affatto così.
I dati reali
Il calo del peso dei salari, considerando l’elemento centrale dell’inflazione, è dell’8,8%. Guardandolo cosi si penserebbe chiaramente che è il risultato di errori del governo attuale. Ma la realtà è ben diversa e non tiene conto di un fattore chiave: quanto accaduto dal gennaio del 2021 all’ottobre del 2022(momento dell’insediamento di Meloni).
Pandemia, guerra, inflazione
Nel periodo gennaio 2021-ottobre 2002, al netto dei due mesi di Conte, ha governato Mario Draghi. E proprio allora si sono verificate una serie di circostanze anomale. La prima, successivamente, è stata l’effetto ripresa dal Covid, con una stagnazione dell’economia che ha conosciuto l’effetto rimbalzo. La ripresa economica ha contribuito fortemente ad aumentare l’inflazione. Nel febbraio del 2022 è iniziata la guerra a Kiev, con un pesante effetto sui costi dell’energia. E’ in questo arco temporale che il peso delle retribuzioni è calato nettamente. E lo dimostrano i grafici. L’inflazione è cresciuta notevolmente al punto che la Bce ha costantemente aumentato i tassi di interesse (con effetti non sempre positivi in realtà).
Le omissioni sugli aiuti del governo e la crescita
Dal 2023, in realtà, il rapporto tra retribuzione reale e inflazione è diminuito, come mostrano tutti gli indicatori. Ciò significa che la curva ha subito una notevole variazione. Ma nell’analisi di Schlein mancano altri dettagli importanti. Dopo il forte calo del potere d’acquisto registrato tra il 2021 e il 2022, con l’impennata dei prezzi, si nota un lento ma costante recupero a partire dal 2023.
Gli stessi indicatori guardano al netto in busta paga e non tengono conto di altri fattori: i bonus che spettano alle famiglie, il taglio del cuneo fiscale ad esempio. E nonostante siano stati eliminati gli aiuti per contenere i costi energetici, sia l’inflazione (diminuita) che il peso effettivo degli stipendi (aumentato) hanno conosciuto una notevole trasformazione.
Perché è un’analisi del tutto sbagliata
Se si leggono i dati comparativi allora Schlein ha ragione. Ma se si leggono i particolari ci si rende conto come il crollo del peso retributivo sia avvenuto in quei 18 mesi del governo Draghi. Nonostante la guerra in Ucraina continui con un effetto sui costi energetici ancora pesante la curva è in rialzo. Lo scrive anche Andrea Bassi su Il Messaggero allorquando dice che la stessa Bce riconosce al nostro governo di avere ridotto il cuneo fiscale contribuendo all’aumento del peso reale degli stipendi. Taroccare la realtà è un esercizio scorretto.
L’esempio del Pil
L’analisi di Schlein è simile a quella che fanno quanti parlano del boom della crescita del Pil dopo la pandemia. Preso cosi sarebbe clamoroso. Ma invece va analizzato dopo il crollo dovuto alla stagnazione che sempre porta a un rimbalzo. La differenza è longitudinale. E li il governo Meloni conferma di avere lavorato abbastanza bene. Non a caso quest’anno i salari rispetto all’inflazione sono cresciuti del 3,3% circa. Con buona pace di Elly.