Malumore alle (5) stelle
Patrimoniale? “Non è all’ordine del giorno”, ma la lite sì: il niet di Conte scatena il mal di pancia tra big M5S e grillini ortodossi
Il leader M5S sconfessa Schlein e gela i suoi con il "no" alla super tassa rossa, provocando la rivolta interna di Appendino e Fico: tra identità tradita e tentativi di "normalizzazione" centrista, il Movimento va in crisi d'astinenza "antisistema"
Sono bastate due parole per seppellire la proposta della patrimoniale e scatenare malumori e occhiatacce che mandano il tilt ami-nemici e campo (largo) d’azione giallo-rossa. Due paroline pronunciate dal presidente Conte che fanno tremare i muri del già terremotato palazzo movimentista e mettono in discussione le “stelle” appuntate sulla casacca di quei grillini che un tempo furono gli ortodossi anti-casta (e che ancora puntano a crederci)… Una sacca residuale, ma che, ultimamente più che mai, sta facendo rumore, dando fiato alle trombe della dissidenza a vertici interni e alleanza dem-5S, sempre più traballante.
Patrimoniale, Conte gela i suoi con un niet irrevocabile
Dunque, Giuseppi ignora Schlein e gela i suoi con il “no” alla super tassa rossa, provocando la rivolta intestina di Appendino e Fico: tra identità tradita e tentativi di “normalizzazione” centrista, il Movimento va in crisi d’astinenza “antisistema”. Bastano due paroline a Conte per innescare la miccia che ha scoperchiato il vaso di Pandora nei corridoi del M5S: «Non è all’ordine del giorno».
Una chiusura netta che apre la stura alle recriminazioni interne
Una chiusura netta che, oltre a chiudere il discorso in casa pentastellata, segna una clamorosa linea di demarcazione che scava ulteriormente il solco della distanze, alimentando un cortocircuito tra Pd e 5S in corso da tempo (per la verità), e al tempo stesso dando anche una scossa ai sostenitori – rinnegati dalla frase di Conte – di una delle “bandiere” storiche del grillismo.
Corto circuito M5S-Pd e all’interno del Movimento stesso
Un cortocircuito, dunque, sia politico che identitario. Da un lato, Conte intende posizionare il M5S su una linea più moderata e “istituzionale”, mirando a presentarsi come figura affidabile nel nascente “campo largo” progressista. Dall’altro, il suo niet scatena una vera e propria fronda interna da parte di chi vede in questa mossa l’ennesimo passo verso la “normalizzazione” del Movimento.
Patrimoniale seppellita, il trauma del tradimento di Conte e dei “grillini rinnegati”
E insomma, dietro le quinte nodo alla gola e giramenti di testa serpeggiano tra i parlamentari M5S. «Un’uscita infelice», sussurrano molti tra i corridoi del Movimento formato Conte, ricordando come solo un anno fa i cinquestelle avessero presentato in manovra un emendamento per introdurre una patrimoniale progressiva. E allora? La sensazione che dilagherebbe diffusamente, dunque, lamenterebbe un “tradimento dei princìpi fondanti”.
Non solo. A rinfocolare le polemiche provvede anche l’ex presidente Inps e oggi europarlamentare M5S, Pasquale Tridico, che ha ricordato come l’idea di una “patrimoniale europea” (un’imposta minima del 2% sui patrimoni sopra i 100 milioni) fosse stata lanciata proprio dai banchi dell’opposizione grillina. All’epoca il presidente era d’accordo. E oggi? “Non voglio che Meloni e Salvini mi descrivano come uno che toglie soldi ai cittadini,” avrebbe confidato ai suoi collaboratori, cita virgolettando il sito di lacapitalenews.it.
Patrimoniale, il diktat di Conte scatena la rivolta dei “Big”
Un cambio di rotta repentino e tutt’altro che condiviso che ha trovato una netta opposizione in figure di spicco del Movimento. Chiara Appendino, per esempio, sembra non abbia usato mezze misure sui social: “Una tassa di solidarietà per i super-Paperoni non è ideologia, è giustizia sociale. Il M5S non può sottrarsi a questa battaglia”.
Il monito di Fico, il malumore della base
E parole altrettanto chiare sono arrivate da Roberto Fico, oggi candidato in Campania nella burrasca di barca e scialuppe di salvataggio elettorale, mentre soffia il vento e urla la bufera, lancia un monito da intramontabile Sol dell’avvenire: “La nostra Costituzione prevede la proporzionalità delle imposte: chi ha di più deve dare a chi ha di meno. Non possiamo dimenticarlo”.
Cercando di risanare una frattura che non investe solo i vertici, ma si estende fino alla base. Sui social, infatti, gli stessi attivisti esprimono delusione, accusando i 5 stelle di star dimenticando “gli ultimi” in nome di un calcolo politico.
E intanto Conte prova a mettere una pezza…
Il vero nodo del contendere, infatti, non sono solo le tasse, ma l’identità stessa del Movimento. Da tempo, una parte dei pentastellati prima accusa Conte di rischiare di appiattirsi sul Pd. Poi di voler trasformare il M5S in una forza di governo moderata e istituzionale. “Non può inseguire il centro se vuole restare riconoscibile”, mormora un deputato storico…
Conte, dal canto suo, prova a difendere il suo pragmatismo e a far ingoiare il rospo della scelta calata dall’alto: “Non è il momento delle bandiere ideologiche, ma delle proposte concrete”. Il risultato è un Movimento in bilico: dove si colloca davvero Conte? Nella sinistra riformista di Schlein o in un’area centrista capace di strizzare l’occhio ai delusi di altri partiti all’opposizione? Per ora, il leader nicchia. Ma la sua prudenza nel gioco degli equilibri del “campo largo” rischia di aprire una ferita profonda nella sua stessa base, terremotando la galassia pentastellata già pericolosamente frastagliata.