Marx was wrong
Le classi sociali sono morte e anche i ceti non stanno tanto bene: bisogna prenderla con… filosofia
La destra offre un modello di comunità, che risponde alla crisi della rappresentanza. Ma alla politica serve il sostegno delle arti e del pensiero, come fu con i grandi movimenti prepolitici del passato. Poeti e letterati non s'inventano, ma si possono organizzare
La lunghissima storia dei conflitti umani ha mostrato spessissimo scontri di religione, visione della vita e del mondo, ideali, idee, passioni, interessi, rivendicazioni; vero, ma i partiti politici come sono stati concepiti tra il XIX secolo e la prima metà del XX sono effetti delle ideologie, e in qualche modo delle classi sociali, quindi appartengono al mondo moderno.
Necessaria premessa: le classi sociali non sono una costante eterna della storia, come, erroneamente, pensò Marx; eterni (per quanto è umano, cioè di lungo periodo) sono i ceti, in cui si nasce e da cui si traggono mentalità, costumanze, linguaggio; e che sono un fatto delle comunità naturali, non delle società formatesi pro tempore, e mutevoli. La classi, le istituì Servio Tullio (classis, da un arcaico verbo calo, as, significava convocazione organizzata dal proprio *domu-caliom = domicilium); si entrava e si usciva da una delle quattro classi secondo il censo. Nella società industriale dal XVIII secolo, si entrava in una classe secondo le condizioni di lavoro: un operaio diveniva operaio lavorando in una fabbrica; un borghese diveniva borghese assumendo, sia pure in forma differenziata, funzioni di organizzazione della società e del lavoro.
Perché scrivo “diveniva”, e non “diviene”? Ma perché nel 2025 siamo lontanissimi dal 1725 e anche dal 1925, e sotto alcuni aspetti anche dal 1955; e gli operai classici sono ormai una categoria rara; mentre i borghesi, il ceto medio, come classe non ci sono più. Il borghese era il signor Germont della Traviata, il quale, Codice Napoleone alla mano, compie il dovere di capofamiglia volendo salvare, sotto l’apparenza dell’onore, in realtà il patrimonio. E si suppone che la sua famiglia, Alfredo a parte, obbedisca, Germont per primo, a precise regole di orari, vestiario, e anche cibo scandito da un calendario inderogabile. Oggi, e anche nella più unita delle famiglie, non è effettualmente possibile nemmeno rispettare orologi e settimane, se X lavora a destra e Y a sinistra… In una famiglia borghese che non è più borghese, è ovvio che non possa dominare un’ideologia borghese, quella liberale dell’Ottocento. Per la stessa dinamica, non esistono nemmeno più le famiglie operaie con le relative ideologie.
Le conseguenze politiche sono evidenti; e la più palese (taciuta ma palese) è che i partiti come li abbiamo conosciuti e vissuti e patiti anche noi fino al 1980-90, non ci possono essere più; e se rimangono come organigrammi e liste di candidati, non sono più espressione di entità sociali in senso stretto, e, più in generale, delle dinamiche della società produttiva e dei consumi; e non costituiscono aggregazioni umane come quando nei paesi c’era la sede e si tenevano allegre o burrascose riunioni.
Emergono poi nuove evidenze (escrescenze, direbbe l’etologo Lorenz) che non sono classi e nemmeno ceti, bensì quelli che il succitato Marx chiama Lumpenproletariat, e sono gli emarginati, detto sia in senso di condizioni economiche, sia, e soprattutto, di condizioni esistenziali. Fatta la tara dei casi aberranti di maranza e violenti e criminali, ci sono masse, e masse numerose e sempre più numerose, di individui (individui, non gruppi) che non si riconoscono come borghesi, ed è ovvio, però nemmeno, tanto meno come proletari, e non ritengono affatto di essere rappresentati da partiti “proletari”, o genericamente di sinistra. Preferiamo qui nemmeno far cenno alle periferie di certe città in palese degrado.
Quanto alla destra, se forse c’è un’identificazione tra Forza Italia e quel che rimane della vecchia borghesia, Fratelli d’Italia, e in qualche modo la Lega, non hanno carattere di classe; e ciò perché “natura delle cose è il loro nascimento”, insegna il Vico; e la destra, se non altro in linea di principio, offre un modello di comunità.
Se queste analisi sono credibili, ci troviamo di fronte a una grave carenza non di partiti o di ideologie, ma di Kultur e di filosofia. La politica dei secoli XVIII e fino a parte del XX è stata accompagnata, interpretata, ispirata da grandi movimenti culturali prepolitici: la poesia, il romanzo, la musica, l’opera lirica; e la filosofia propriamente detta. Fichte condusse alla rivolta patriottica gli infranciosati intellettuali tedeschi e alla vittoria; e in Italia fecero la loro parte i versi foscoliani e leopardiani… e altre rime che io, da classicista, nemmeno mai metterei in un serio testo di letteratura, però trascinarono gli animi semplici; per non dire dei cori verdiani.
Oggi non c’è niente di tutto questo, e mancano gli strumenti di lettura del presente e intuizione dell’avvenire. La letteratura è grigio solipsismo, e con essa lo sono il cinema e la televisione, e sono depressi e deprimenti, altro che esaltare gli spiriti e creare comunità. E siccome poeti si nasce o non si nasce, la poesia e la filosofia e il teatro e il cinema e la musica hanno impellenza di nascere – e non nascono se non ci sono; però hanno anche bisogno di organizzazione. Conclusione: i poeti non s’inventano, l’organizzazione sì.