L'intervista a Cazzullo
La confessione di D’Alema: “Resto comunista, non posso dimenticare la mia educazione. Con Putin va fatto un accordo”
Alla sfilata del “resto del mondo”, a Pechino, quando il presidente russo Putin e quello cinese Xi-Ji-Ping avevano sfidato il mondo occidentale e la superpotenza americana con una parata militare mastodontica, c’era anche lui, Baffino, Massimo D’Alema, che imbarazzò molto più la sinistra che non la destra. Oggi, sul “Corriere”, D’Alema rivendica quella scelta, in una lunga intervista con Aldo Cazzullo, e non rinnega il suo passato di comunista. “Non posso dimenticare la mia educazione…”. E su Putin esibisce “realismo”. “La Ue deve trovare un accordo con la Russia”, dice l’ex premier (nella foto in alto, immagine creata con Ia).
D’Alema tra il passato comunista e il futuro nel Pd
“Con il sud del mondo dobbiamo dialogare, non si può isolare l’80 per cento dell’umanità”, dice Massimo D’Alema. “L’Europa deve fare un accordo di sicurezza con la Russia”, aggiunge. Poi spiega la sua presenza a Pechino: “A festeggiare gli ottant’anni della vittoria del popolo cinese nella sua liberazione, e la vittoria della guerra contro il fascismo e il nazismo. Così era scritto sull’invito”. E ancora: “Putin è stato ricevuto con maggiori onori negli Stati Uniti che in Cina. Le ricordo che nella guerra al nazifascismo i russi hanno avuto venti milioni di morti; che la Russia fosse rappresentata mi pare abbastanza inevitabile”. D’Alema poi evidenzia: “I leader occidentali hanno commesso un errore. A Pechino era rappresentato, ci piaccia o no, l’80% del genere umano. Isolare l’80% dell’umanità è un’impresa difficile. Mi fa riflettere un certo imbarbarimento”. Quanto al rischio di una guerra tra Cina e Usa spiega: “Sono d’accordo con Kissinger, quando nel suo ultimo libro scrive che le due grandi potenze devono costruire un nuovo quadro di convivenza. Occorre la consapevolezza che i nostri principi non sono un assoluto; devono convivere con i principi degli altri. In Occidente alla potenza della tecnica corrisponde una mancanza di pensiero filosofico e letterario. Il mondo ha rotto gli ormeggi senza avere una bussola morale. È un tema che i cinesi affrontano nel loro pensiero. La cosa davvero importante che ho fatto in Cina, alla fine del 2024, è stata seguire un congresso di studi confuciani di grande interesse”.
La guerra in Ucraina e lo scenario nucleare
In Ucraina “spicca l’assenza dell’Europa, che ha sostenuto la guerra contro la Russia da una posizione irrealistica, sulla pelle degli ucraini”. Lo dice l’ex premier Massimo D’Alema in un’intervista al ‘Corriere della sera’. Si riferisce anche a Macron? “Certo. Una guerra tra l’Occidente e la Russia è una guerra nucleare: lo scenario è la mutua distruzione. Bisognava trovare una via d’uscita: quello che a un certo punto ha detto Trump a un’Europa spiazzata, infastidita, a rimorchio. Anche se poi si è mosso in modo maldestro, dando un vantaggio a Putin senza ottenere nulla in cambio”, risponde. “Dobbiamo uscire da questo conflitto in un quadro di garanzie per l’Europa. La sicurezza dell’Europa ha bisogno di un accordo con la Russia, come quello negoziato a Helsinki nel 1975, che prevedeva misure concrete, controlli, riduzione degli armamenti”, aggiunge. E la Cina? “I cinesi non fanno guerre, non bombardano nessuno. Se costruiamo un muro tra noi e loro è anche più difficile esercitare una necessaria influenza nel nome della libertà e dei diritti umani”.
Il Pd di oggi e il Pci di ieri
“Non mi piace la parte di chi sta lì a criticare quelli che sono in office . L’elettorato spinge per l’unità Pd-5 Stelle-Sinistra; e in effetti, quando vota appena il 50%, mobilitare i propri elettori è importante. Ma non è sufficiente. Occorre dialogare con un elettorato non di sinistra, con un pezzo di establishment , di classe dirigente del Paese, disponibile a una coalizione più europeista, infastidita dagli eccessi del sovranismo, cui non piace il legame subalterno con Trump, di cui percepisce lo spirito antieuropeo. E dobbiamo fare un discorso più consistente sul futuro dell’Italia. Quello che a suo tempo proponemmo noi ebbe una presa”, spiega. “Schlein ci sta mettendo passione e spirito unitario. Certo, il Pd farebbe bene a elaborare una risposta ai problemi molto seri che abbiamo avanti”. Ma lei è ancora comunista?, gli chiede Cazzullo. “La formazione è quella. Uno non può mai dimenticare l’educazione che ha ricevuto. Ma ho contribuito a porre fine al Pci e a dare vita a un altro partito. Occhetto fece bene, e abbiamo sempre motivo di gratitudine per il coraggio con cui cambiò”.
I suoi più stretti collaboratori, quelli che Maria Laura Rodotà chiamava i Lothar — Latorre, Velardi, Minniti —, guardano con interesse alla Meloni. Come mai?
«Ognuno è sempre stato libero. Ho sempre avuto un’attrazione per il talento. Quand’ero capo della Fgci scovai e assunsi alla Città Futura due giovanissimi che mi parevano capaci di fare i giornalisti: erano Lucio Caracciolo e Federico Rampini. Non sono mai esistiti i dalemiani. Nella misura in cui sono esistiti sono stati un problema, non una risorsa. Penso che ognuno dovrebbe avere più rispetto; non per me, ma per sé stesso».