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La Cgil difende chi non lavora più: quasi la metà degli iscritti è in pensione e la credibilità si abbassa

Una base sbilanciata

La Cgil difende chi non lavora più: quasi la metà degli iscritti è in pensione e la credibilità si abbassa

Politica - di Villy de Luca - 3 Novembre 2025 alle 12:55

C’è un dato che racconta più di mille slogan: quasi la metà degli iscritti alla Cgil è composta da pensionati. Non è un’accusa politica, ma un numero ufficiale. Su 5.172.844 iscritti totali nel 2024, ben 2.419.020 sono ex lavoratori in pensione. In percentuale, il 46,8%. Significa che un iscritto su due non fa più parte del mondo del lavoro attivo. Un sindacato che pretende di rappresentare gli operai, gli impiegati, i precari e gli autonomi, ma che in realtà è guidato da un esercito di pensionati, appare sempre meno credibile come portavoce di chi ogni giorno lavora davvero.

 La Cgil difende chi non lavora più?

Con una base così sbilanciata, è inevitabile che la linea politica e rivendicativa della Cgil sia orientata verso gli interessi di chi è già uscito dal mercato del lavoro: pensioni, perequazioni, diritti acquisiti. Meno attenzione, invece, per chi oggi deve affrontare l’instabilità, la precarietà, il costo del lavoro e la sfida di tenere in piedi un sistema produttivo sotto pressione. La conseguenza è chiara: il principale sindacato italiano rischia di diventare la più grande associazione di pensionati del Paese, più che una forza sociale capace di interpretare le esigenze di chi lavora e produce.

Se l’Italia fosse come il sindacato di sinistra, le pensioni non reggerebbero

C’è anche un aspetto economico e demografico. Se la società italiana avesse la stessa struttura anagrafica della Cgil, con quasi metà della popolazione in pensione e metà al lavoro, il sistema previdenziale collasserebbe nel giro di pochi anni. Eppure, proprio da quella platea arrivano le piazze e gli scioperi “in nome dei lavoratori”, contro ogni ipotesi di riforma o razionalizzazione della spesa.

Un sindacato che guarda al passato

Il Paese cambia, il lavoro cambia, ma la Cgil resta ferma. Nel mondo reale crescono i contratti flessibili, il lavoro autonomo digitale, le start-up e i servizi innovativi; ma nel sindacato più grande d’Italia comanda chi vive di pensione. È il segno di un’organizzazione che guarda più al passato che al futuro, che difende un modello di società che non esiste più. La Cgil continua a sventolare la bandiera dei “lavoratori”, ma i suoi numeri raccontano un’altra verità: oggi la sua forza viene da chi ha già smesso di lavorare. E in un’Italia che ha bisogno di produttività, innovazione e nuove generazioni al lavoro, non c’è niente di più conservatore di un sindacato che si regge sui pensionati.

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di Villy de Luca - 3 Novembre 2025