Giustizia tardiva: il caso
La Cassazione sanziona il giudice lento: ritardi “abnormi”, va punito. La sferzata degli Ermellini rinfocola il fronte del Sì alla Riforma
La sentenza che rinforza le ragioni del Sì sul fronte referendario: il magistrato che smaltisce a rilento gli atti arretrati deve essere sanzionato con un provvedimento che sia proporzionato a tempi dilatati. La vicenda che motiva il "retroscena"
Ritardi dei giudici ingiustificabili? La sferzata della Cassazione rinfocola il fronte del Sì alla Riforma: il magistrato che smaltisce troppo lentamente gli atti arretrati deve essere “punito” con una sanzione che sia proporzionata al ritardo. E c’è un caso che motiva il “retroscena” delineato dal Messaggero: quello in cui gli Ermellini confermano il provvedimento disciplinare contro un giudice per ritardi “abnormi” nello smaltimento degli atti, rafforzando l’argomento politico-giuridico a favore della riforma del governo sulla Giustizia e sulla responsabilità individuale.
Giudice lento, sentenza tardiva: la sferzata della Cassazione
E allora: sul Referendum si allarga il fronte del Sì? Alla domanda che pone il quotidiano capitolino analizzando la vicenda a margine del dibattito sulla Giustizia leggerebbe una recentissima decisione della Cassazione in merito al caso di un giudice sanzionato per ritardi “abnormi”, come una staffilata dei togati stessi alla categoria, in linea con le motivazioni alla base del disegno riformista. Ma procediamo con ordine.
Dunque, partiamo dal casus belli: la Suprema Corte ha assestato un colpo significativo, respingendo il ricorso di una giudice e confermando la sanzione disciplinare della perdita di due mesi di anzianità. La motivazione? Ritardi «gravi ed ingiustificati» nello smaltimento degli atti, un dettaglio che, secondo un retroscena riportato dal Messaggero, non può che allargare il fronte del “Sì” al prossimo Referendum per la riforma della Giustizia. La decisione degli Ermellini, infatti, si configurerebbe come un severo monito su lungaggini e efficienza, toccando un nervo scoperto nel dibattito sulla rapidità e l’organizzazione della macchina giudiziaria.
L’antefatto della vicenda: ritardi “abnormi”e la sentenza del Csm
Come riporta il quotidiano capitolino nel retroscena, il caso riguarda una giudice ritenuta responsabile dalla Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) di aver «mancato ai doveri di diligenza e laboriosità». E i numeri sarebbero impressionanti: oltre duemila ritardi accumulati tra il 2016 e il 2021, con picchi che sfiorano i 2.555 giorni per alcune ordinanze. Tali dilazioni, come sottolineato dai giudici, avrebbero pregiudicato «gravemente il diritto delle parti ad ottenere la definizione in tempi ragionevoli del processo».
Più precisamente: entrando nel merito dell’analisi del quotidiano capitolino su vicenda e vertenza, scrive il Messaggero, argomentando i motivi della sanzione e le motivazioni della contestazione: «I ritardi – più di duemila – contestati al magistrato vanno dal primo aprile 2016 al 31 marzo 2021 e, scrivono i giudici nella sentenza, “sono per numero ed entità di una rilevanza tale da doverne escludere la scarsa rilevanza da un punto di vista oggettivo”».
E ancora (prosegue la citazione): «La Sezione disciplinare del Csm aveva evidenziato che fossero “significativamente numerosi (pari ad oltre l’80% di tutti i depositi effettuati dalla dottoressa nel quinquennio oggetto di ispezione)”. E che avessero “superato ampiamente il triplo del termine previsto dalla legge per il compimento dell’atto e, in molti casi, hanno superato anche la durata annuale”. Infatti ci sono state punte massime di ritardi di 671 giorni per le sentenze civili, di 927 giorni per le ordinanze riservate, di 2.555 giorni per le ordinanze di rimessione in istruttoria di procedimenti andati in decisione, di 1.145 giorni per i decreti ingiuntivi, di 484 giorni per le sentenze civili rito lavoro. Un comportamento che ha pregiudicato “gravemente il diritto delle parti ad ottenere la definizione in tempi ragionevoli del processo”».
La proporzionalità della sanzione: un pilastro confermativo
Allora, il Csm aveva stabilito la sanzione. Che poi ha trovato conferma in Cassazione. I giudici di legittimità hanno ribadito che l’entità di questi ritardi è tale da non poter essere ricondotta a circostanze attenuanti, come il carico di lavoro ingente o le carenze di organico. Tali fattori, infatti, non escludono l’obbligo del magistrato di «meglio auto organizzare il proprio lavoro». Di più. La Cassazione ha ricondotto i ritardi a una «colposa scelta di non adottare delle soluzioni adeguate» nella programmazione del lavoro.
Pertanto, rigettando il ricorso, gli Ermellini hanno chiarito i presupposti per l’illecito disciplinare: la reiterazione, la gravità e l’ingiustificabilità del ritardo. Un ritardo è “grave” quando supera il triplo del termine previsto per legge: come in questo caso. Inoltre, la sua “ultrannualità” richiede una giustificazione «seria, specifica, rigorosa e pregnante», con la prova che «non sarebbero stati possibili diversi comportamenti di organizzazione».
La conferma della sanzione – due mesi di perdita di anzianità – si fonda quindi essenzialmente sul criterio fondamentale della proporzionalità. La sanzione deve essere adeguata a parametri imprescindibili: la gravità oggettiva dei fatti. L’elemento psicologico del comportamento. E le ripercussioni sulla valutazione del magistrato e sulla «fiducia del pubblico nell’istituzione».
Pertanto, il pronunciamento della Cassazione, con l’accento posto sulla responsabilità individuale e l’obbligo di diligenza, va ad allinearsi logicamente alle istanze di chi chiede una giustizia più celere e responsabile. La netta bocciatura della Cassazione di ritardi così “abnormi” non può dunque non essere interpretata tra le righe come un’ulteriore spinta argomentativa a favore di chi sostiene la necessità di riforme dirimenti, come quelle proposte nel quesito referendario. Il messaggio è chiaro: l’inefficienza del singolo non sarà tollerata. E l’auto-organizzazione non può essere un alibi per la paralisi della giustizia.
Referendum e prospettive: più forza ai riformatori, e frecce all’arco del fronte referendario del Sì
Una sentenza, in ultima analisi, che sottolineando i doveri di laboriosità, e l’impatto dei ritardi sui diritti dei cittadini, si inserisce sulla linea del fronte referendario che punta a un sistema giudiziario in cui la celerità e l’efficienza siano la norma. E non l’eccezione.