Politica del merito
Kelany risponde all’Huffington post: “Il nostro modello d’integrazione funziona, altro che cooptazione simbolica”
All’Huffington post c’è chi ha scelto di scrivere un’analisi sui migranti che entrano in politica, riducendo lo studio a una disamina marxista. Stiamo parlando di Alfonso Raimo, che nel pezzo “Mamdani d’Italia: ricognizione sui politici immigrati o di seconda generazione in Italia”, ha intervistato la sociologa Ilenya Camozzi sulla possibilità che nel nostro Paese si ripeta un caso elettorale simile a quello newyorkese. Secondo la professionista, “oggi è difficile che emerga un Mamdani italiano perchè c’è una impreparazione strutturale e culturale di fondo della nostra società”.
A rispondere nel merito della questione è stata Sara Kelany, deputata di Fratelli d’Italia italoegiziana. In una lettera inviata al direttore Mattia Feltri, la parlamentare è riuscita a il mito secondo cui “in Italia, ogni esperienza di immigrati di seconda generazione in politica avverrebbe, in realtà, per cooptazione simbolica” e che la candidatura di un politico con la doppia cittadinanza “sarebbe dunque un’operazione di marketing messa in campo dai partiti per mera strumentalizzazione”.
Altro che Mamdani italiani, Sara Kelany risponde a un articolo di Huffington post
La sociologa Camozzi, interpellata da Raimo, ha sostenuto che “la società italiana è ancora abitata da molti stereotipi etno-razziali. I processi di razzializzazione dell’alterità sono un dato”. Eppure, come ha spiegato la deputata di FdI, l’articolo descrive una “tesi non solo inconsistente nel merito, ma profondamente discriminatoria”. Peraltro, “l’Italia non ha affatto una delle leggi sulla cittadinanza più dure d’Europa. Siamo uno dei primi Paesi europei quanto a concessioni di cittadinanze per anno”. Dunque, “basterebbe questo a far comprendere che non abbiamo affatto un quadro normativo che impedisce di scegliere di essere cittadini e dunque di aderire a un modello culturale, valoriale e ordinamentale, e di concorrere al suo sviluppo”.
Il modello d’integrazione italiano batte tutti quelli europei, altro che razzismo
“A differenza di altri Paesi europei, in cui le esperienze di integrazione sono state un conclamato fallimento, in Italia viviamo miglior sorte”, ha proseguito Kelany nella replica all’analisi pubblicata da Huffington, facendo anche un esempio sul motivo per cui la nostra accoglienza non è uguale a quella degli altri Stati continentali: “Una delle ragioni che sono alla base di questo risultato risiede nel fatto che in Italia non siamo pronti a rinunciare al senso di appartenenza, alle nostre radici culturali e valoriali e dunque alla nostra identità. Questo permette un mutuo riconoscimento, fondato sul rispetto”.
In seguito, l’esponente di FdI ha sottolineato che la cooptazione simbolica, di cui si parla nell’articolo di Raimo, è “offensiva per me e per i colleghi citati”. Poi ha raccontato la sua storia di militanza, per abbattere il muro del pregiudizio: “Io sono figlia di un immigrato egiziano e porto orgogliosamente nel cuore entrambe le mie Patrie, che mi consentono di avere un bagaglio di esperienze, sentimenti e consapevolezza di cui sono grata ai miei genitori”. E ancora: “Nonostante questo crei spesso a sinistra un cortocircuito nelle letture stereotipate che dipingono la destra come arcigna e xenofoba, ho iniziato a fare politica a neanche sedici anni: prima a scuola, nel movimento studentesco, e subito dopo nel Fronte della Gioventù”.
Altro che razzismo, la politica va in base al merito
Insomma, Kelany ha smontato anche la voce di Camozzi, secondo cui “l’Italia non ha un modello di integrazione per stranieri, nonostante sia ora a tutti gli effetti un paese di immigrazione stabilizzata”. Ma non solo, perché la deputata di FdI ha inserito un messaggio importante nella sua lettera, a proposito delle pari opportunità sociali: “Il mio partito e il mio presidente hanno sempre e solo ragionato in termini di merito. Gli spot elettorali li lasciamo a chi, privo di contenuti, ha bisogno di trovare solo nella forma un barlume di sostanza. Spero che questa esperienza possa trovare spazio sul suo giornale, così come ha trovato spazio un’intervista che ho trovato riduttiva e insultante”. In conclusione, “dire che, dopo oltre trent’anni di politica, io sarei stata “cooptata simbolicamente” vuol dire umiliare senza motivo il percorso appassionato di una vita intera“.