Un copione già scritto
Il Pd s’incarta pure sulla vittoria di Mamdani: l’esultanza diventa subito faida interna
La sinistra trasforma subito il nuovo sindaco di New York nella propria icona: Fratoianni batte tutti sul tempo, Schlein fa un uso sconsiderato di punti esclamativi. Ma al Nazareno le sensibilità sono lontane anni luce anche sulla lettura di ciò che è avvenuto nella notte elettorale americana
Nicola Fratoianni ha battuto tutti sul tempo: il suo commento di giubilo per la vittoria di Zohran Mamdani a New York è stato il primo a essere battuto dalle agenzie. Ma si è trattato solo di una questione di velocità: subito dopo sono arrivati anche quelli del Pd. Tutto come da copione, insomma, per una sinistra italiana sempre in cerca di nuove icone in cui riconoscersi e riporre la speranza che la riscossa sia lì dietro l’angolo, a dispetto dei sondaggi, della situazione interna e, soprattutto, dell’assenza di una proposta credibile.
Fratoianni vuole “fa l’americano”: «Il programma di Mamdani è il nostro programma»
Fratoianni in questo è stato formidabile, puntando su una totale sovrapposizione tra Mamdani e il suo programma e Avs. «Ha vinto perché ha proposto l’università e i trasporti gratuiti, prezzi degli affitti bloccati e l’aumento delle tasse per i miliardari. Ha proposto di mettere davanti gli interessi e i diritti della maggioranza delle persone. È il nostro programma. E la vittoria di Zohran significa che si può fare, negli Usa come in Italia. Siamo in campo per questo», ha scritto sui social.
Elly Schlein e l’uso sconsiderato di punti esclamativi
Nella gara a identificarsi nel nuovo sindaco di New York il Pd è arrivato secondo in termini cronologici, ma non per entusiasmo. Dal Nazareno è arrivato un profluvio di dichiarazioni, compresa ovviamente quella della segretaria Elly Schlein, condita da un certo numero di punti esclamativi. «Splendida vittoria di Zohran Mamdani a New York!», ha detto Schlein, per la quale «la sinistra torna a vincere con parole e programmi chiari su stipendi dignitosi, sanità davvero universale, sul diritto alla casa, sui trasporti e i nidi gratis per chi non ce la fa».
«Da tutta la comunità del Partito Democratico congratulazioni al nuovo sindaco di New York! La politica della speranza vince sulla politica della paura che individua solo nemici e capri espiatori», ha aggiunto, ricordando che «vincono anche le candidate democratiche Mikie Sherrill in New Jersey e Alice Spanberger in Virginia, vince il referendum del governatore democratico Newsom in California. Un bel risveglio negli Usa!».
La realtà della notte elettorale Usa: uno scontro interno al partito democratico
Le cose, però, sono assai meno semplici di come se le racconta il Pd, visto che, di fatto, Mamdani ha vinto non con, ma contro il partito democratico Usa, con parole d’ordine che hanno certamente fatto breccia nell’elettorato newyorkese, ma che difficilmente possono attecchire altrove. Lasciando stare paragoni impropri con l’Italia, sono proprio le elezioni in Virginia e New Jersey a suggerire cautela: lì a vincere sono state candidate moderate, lontane anni luce dal radicalismo di Mamdani.
Al Nazareno il “modello Mamdani” acuisce la faida interna
Questa dicotomia, sulla quale la segretaria dem ha sorvolato, è tornata nelle varie dichiarazioni arrivate dal suo partito. E così la scelta di buttarsi sul carro di Mamdani si è subito trasformata in una nuova occasione per frecciate, distinguo e veleni tra ala radicale e riformisti. «La sinistra vince quando fa la sinistra», ha detto Laura Boldrini, la quale ha citato Obama per dire che «oggi il futuro sembra un po’ più luminoso”. E non solo il futuro degli Usa». Per Simona Malpezzi, invece, la notte elettorale americana è «la conferma della forza di un partito plurale, capace di unire anime diverse in una visione comune di progresso, diritti e futuro». Più rivelatrice ancora di come la faida sia acuita e non smorzata dall’inseguimento del modello Mamdani, però, è stata la dichiarazione del deputato di strettissima osservanza schleiniana Marco Furfaro, che dopo aver cantato le lodi del nuovo sindaco di New York e della sua campagna ha sottolineato che un risultato come quello si raggiunge «ascoltando, camminando, rispondendo ai problemi veri, non alle chiacchiere dei talk show o alle lezioni di chi da trent’anni perde le elezioni e continua a spiegarti come si vince».
Scalfarotto parla delle debolezze strategiche dei dem Usa. Forse…
Si sarà voluto riferire più ai riformisti Pd o ai partiti centristi dell’opposizione? Quale che sia la risposta, pure Italia Viva ha letto il voto americano dal suo punto di vista. «Mamdani mi sembra più o meno l’altra faccia di Trump», ha commentato il senatore renziano, Ivan Scalfarotto. «Vedo un paese spaccato in due come una mela, visto che parliamo di New York. Non so quanto questo faccia bene agli Stati Uniti. Se poi pensiamo che, nello stesso giorno, in Virginia e New Jersey i dem hanno eletto due moderate, c’è da pensare che i Democratici non abbiano ancora elaborato una strategia precisa per organizzare una opposizione vera a Trump», ha aggiunto. E, anche qui si pone una domanda: parla solo dei dem Usa o parla dei dem Usa perché i dem italiani intendano?
Ciriani: «Al momento non mi pare un campanello d’allarme per Trump»
Da destra è stato il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, a commentare, rispondendo a una domanda nel corso della trasmissione Ping Pong su Rai Radio 1. «Prendiamo atto che New York ha fatto una scelta di sinistra-sinistra, come diremmo qui in Italia, è un sindaco islamico, con posizioni radicali. Però New York non rappresenta gli Stati Uniti profondi e il popolo americano nella sua interezza», ha detto, avvertendo che «tenderei ad aspettare almeno le elezioni di medio termine prima di dare un giudizio. Al momento direi che non è un campanello d’allarme per l’ala conservatrice».