Parla l'ex numero due del Csm
Giustizia, il fronte del no perde pezzi. Vietti: “Ero contrario, oggi dico sì alla separazione delle carriere”
L’esercito del no al referendum perde pezzi. In tanti hanno cambiato idea, anche tra i giudici, e guardano con favore alla riforma Nordio. Tra questi Michele Vietti, ex presidente del Csm ed ex sottosegretario alla Giustizia, oggi favorevolissimo alla separazione delle carriere. “Quando sono diventato vicepresidente del Csm nel 2010 pensavo che la separazione delle carriere non fosse una necessità”, racconta in un’intervista al Giornale. “I passaggi da una funzione all’altra erano merce rara, mi sembrava che quel sistema potesse anche andare avanti così ma oggi ritengo che questa riforma si debba fare. O meglio, giunti a questo punto, le nuove norme devono essere difese”.
Vietti: ero contrario oggi dico sì alla separazione delle carriere
Il motivo è semplice. “Il potere dei pm, nel tempo, è cresciuto e c’è il rischio concreto che l’accusa si espanda sempre più. Questo – sottolinea Vietti – va contro lo spirito della Costituzione, ovvero dell’articolo 111 che non c’entra con questo referendum, ma dice che accusa e difesa devono battagliare su un piano di parità. Anche nelle formazione della prova”. E ancora: “Non sono un penalista, però le parole dell’articolo 111 mi sembrano chiare. Già oggi c’è una sproporzione evidente fra pm e avvocati in sede processuale, ma questo divario si amplia nello spazio delle indagini. Il pm dispone della polizia giudiziaria, intercetta, raccoglie le prove, ha un arsenale di armi. Se poi è pure collegato al giudice, allora davvero il difensore viene a trovarsi in una posizione di manifesta inferiorità”.
C’è una sproporzione evidente fra pm e avvocati in sede processuale e nelle indagini
Più chiaro di così. L’ex numero due di Palazzo dei Marescialli bacchetta anche la tesi del Csm che il pianeta giustizia ha altre priorità, “questo è benaltrismo”. E non crede neppure al racconto secondo cui con la riforma il pm finirebbe sotto il tallone d’Achille del governo. “Semmai temo l’opposto. Si creano due Csm. Questo vuol dire che i pm avranno la maggioranza schiacciante nel loro Csm. Insomma, può accadere che l’organo di governo dei pubblici ministeri diventi un centro di potere. Più che il pm dimezzato io vedo un super pm”.
Dubbi sul meccanismo del sorteggio, ma la riforma resta un passaggio epocale
Qualche dubbio invece Vietti lo esprime sul meccanismo del sorteggio. “È un altro elemento che mi lascia perplesso. Io sono stato al Csm due volte: nel 1998 come consigliere e nel 2010 come vicepresidente e non credo che tutti i magistrati abbiano le qualità e l’interesse per svolgere un compito così specifico”. Una misura inoltre, che non assicurerebbe la fine del ‘correntismo’. “All’Anm sono iscritti più o meno il 90% dei magistrati italiani. Con il sorteggio arriveranno a Roma senza il voto della loro corrente, ma l’appartenenza non si cancella e fatalmente salterà fuori. Immagino che ciascuno cercherà quelli a lui culturalmente più vicini e certi nodi si scioglieranno solo apparentemente. La riforma nel complesso resta però un passaggio epocale – conclude Vietti – Così importante che lo affronteremo venerdì e sabato prossimi a Stresa in un convegno promosso dalla Fondazione Iniziativa Europa”.