La trattiva
Ex Ilva, il governo porta un altro acquirente e accelera sulla riconversione. Ma i sindacati fanno saltare il tavolo
Palazzo Chigi ha espresso «rammarico» per la decisione dei sindacati di interrompere il confronto, ma ha confermato «in ogni caso la disponibilità a proseguire l’approfondimento di tutti gli aspetti e anche dei rilievi più controversi»
Ci sarebbe una “trattativa riservata” in corso con un operatore interessato all’ex Ilva di Taranto, dopo l’uscita di scena degli azeri di Baku Steel e oltre al fondo americano Bedrock che però propone tagli significativi e Flacks. Ad annunciarlo sarebbe stato il ministro Adolfo Urso durante l’incontro con i sindacati che si è svolto ieri sera. La notizia è trapelata da ambienti degli stessi sindacati, che però hanno fatto saltare il tavolo parlando di rischio chiusura per gli stabilimenti, sebbene – come emerso – il nuovo soggetto in trattativa sarebbe pronto a rilevare tutti gli stabilimenti: non solo Taranto, ma anche Genova, Novi Ligure e Racconigi.
Il «rammarico» del governo per la chiusura dei sindacati
Dopo la conclusione dell’incontro presieduto dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, e durato tre ore e mezza, una nota di Palazzo Chigi ha espresso il «rammarico» del governo «per il fatto che la proposta di proseguire il confronto sull’ex Ilva, anche relativamente agli aspetti tecnici emersi nel corso della discussione, non sia stata accettata dalle organizzazioni sindacali». «L’esecutivo – ha sottolineato ancora il comunicato – conferma in ogni caso la disponibilità a proseguire l’approfondimento di tutti gli aspetti e anche dei rilievi più controversi, sollevati dalle stesse organizzazioni sindacali alle proposte avanzate dal governo per la gestione operativa dell’azienda in questa fase transizione».
Il Piano di riconversione dell’ex Ilva
Il Piano illustrato dal governo prevede, tra l’altro, l’abbattimento dei tempi per la decarbonizzazione degli impianti da 8 a 4 anni. Si tratta di una accelerazione necessaria per la riconversione green e il rilancio dell’azienda, che comporterà il fermo degli altiforni a carbone e un inevitabile aumento dei lavoratori in cassa integrazione che, secondo quanto trapelato, dal primo gennaio potrebbero passare da circa 4.450 a 6mila. È su questo punto che si sono impuntati i sindacati, parlando di volontà di chiudere l’impianto.
In realtà, tutti gli indicatori parlano di una strenua volontà dell’esecutivo di salvare e rilanciare le acciaierie, dando loro finalmente una prospettiva di stabilità a lungo termine. Prima che i sindacati si arroccassero contro la riconversione, Mantovano aveva anche parlato di un necessario approfondimento con tecnici e commissari, a partire dalle ore 9 oggi, per esaminare le questioni presentate al tavolo di ieri.