Dalle Camere Penali «dieci buoni motivi» per votare sì al referendum sulla Giustizia: «Una battaglia di libertà, non di potere»
Politica - di Annamaria - 28 Novembre 2025 alle 14:08
È un vero e proprio decalogo per il sì al referendum sulla Giustizia quello redatto dal Comitato costituito dalle Camere Penali italiane e dalla sua Fondazione in vista del referendum. Una guida agile e divulgativa, redatta da “addetti ai lavori”, su una riforma che «costituisce un obiettivo storico dei penalisti italiani», il cui Comitato – si legge sul sito dell’Ucpi – ha l’obiettivo di «sollecitare il dibattito pubblico sulla necessità della separazione delle carriere, al fine di realizzare una giustizia moderna, trasparente e democratica, ma anche più giusta e funzionale nell’interesse di tutti i cittadini». Ecco, dunque, quelle che ad avviso dei penalisti italiani sono «dieci buone ragioni per dire sì alla separazione delle carriere e per una giustizia più giusta, terza e credibile».
1. Un giudice terzo è la prima garanzia di libertà
«Perché senza un giudice terzo non ci può essere il necessario riequilibrio del potere del Pubblico Ministero. Il giudice deve essere libero da ogni vincolo e da ogni influenza, distinto da chi esercita l’accusa. È un principio costituzionale e una condizione essenziale di libertà per tutti. La separazione delle carriere rafforza la figura del giudice e restituisce fiducia, equilibrio e credibilità alla giustizia».
2. Ruoli diversi, stesse garanzie
«Due carriere diverse, una sola giustizia al servizio delle persone. Oggi giudici e pubblici ministeri appartengono alla stessa organizzazione, si valutano tra loro, condividono carriera e organo di governo. La riforma li distingue, rendendoli autonomi e complementari, e riportando chiarezza nel sistema. È così che la giustizia si declina in uno Stato di diritto democratico e liberale».
3. Per un processo davvero equo, ad armi pari
«Solo la parità delle parti garantisce i diritti di tutti. Nel giusto processo accusa e difesa devono confrontarsi in condizioni di parità davanti a un giudice terzo e imparziale. Solo così la verità nasce dal confronto e non dall’autorità. Separare le carriere significa dare piena attuazione ai principi costituzionali del processo accusatorio e restituire ai cittadini la certezza di un giudizio fondato solo sulle prove e garantito da un giudice distante allo stesso modo da chi accusa e da chi difende».
4. Come in tutte le democrazie liberali
«L’Europa separa i ruoli, l’Italia deve colmare il ritardo. In tutte le democrazie consolidate in Europa e nel mondo giudici e pubblici ministeri dipendono da organizzazioni distinte. L’Italia, che rappresenta oggi un’anomalia assoluta, deve finalmente allinearsi ai modelli liberali ed evoluti, non per imitazione, ma per coerenza con la propria Costituzione e con il principio di separazione dei poteri».
5. Una giustizia che fa paura non è giusta
«Chi crede nello Stato deve poter credere anche nella sua giustizia. Quando i ruoli si confondono, la fiducia si incrina. Una giustizia che intimorisce o si chiude in se stessa smette di essere credibile. Separare le carriere significa renderla più trasparente, più vicina a chi chiede tutela e protezione. Perché la fiducia è la prima forma di giustizia, e la giustizia credibile è la base della democrazia».
6. Separare per difendere autonomia e indipendenza del giudice
«L’autonomia si protegge distinguendo i ruoli, non confondendoli. Separare assicura l’autonomia del giudice rispetto al pubblico ministero e aiuta a difendere l’indipendenza della magistratura da ogni condizionamento politico, ideologico o corporativo, rafforzando la sua funzione di garanzia. Una magistratura libera è una giustizia più forte: al servizio della verità e dei diritti, non del potere».
7. Sorteggio dei componenti del Csm: più trasparenza e meno correntismo
«La giustizia deve rispondere ai cittadini, non ai gruppi di potere. Con il sorteggio dei componenti dei due Csm verranno superate le logiche del correntismo che condizionano nomine e carriere, facendo prevalere l’appartenenza sul merito e sulle competenze. Il Csm tornerà così organo di garanzia, come previsto dalla Costituzione, e non strumento di potere interno, capace di condizionare gli stessi magistrati che dovrebbe tutelare».
8. Il Presidente della Repubblica, garante dell’equilibrio e dell’unità della giustizia
«Il Capo dello Stato resta il custode della Costituzione e della libertà dei cittadini. La riforma valorizza il suo ruolo di garanzia: il Presidente continuerà a presiedere entrambi i Consigli Superiori, assicurando coerenza e indipendenza per la magistratura. È il segno più alto di un equilibrio istituzionale che unisce, non divide: una giustizia ordinata e fedele ai principi della Repubblica e di uno Stato liberale».
9. Un’Alta Corte per una giustizia che risponde a tutti
«La giustizia deve essere trasparente nei confronti dei cittadini, non rendere conto solo a se stessa. Chi amministra la giustizia deve rispettarne le regole come ogni cittadino. L’istituzione di un’Alta Corte disciplinare, autonoma e indipendente dai Consigli Superiori, i cui componenti saranno selezionati per sorteggio e in parte nominati dal Presidente della Repubblica, garantirà finalmente che le responsabilità dei magistrati siano valutate con terzietà e trasparenza. La credibilità nasce anche dalla responsabilità: nessuno è al di sopra della legge, tantomeno chi la applica».
10. Una battaglia di libertà, non di potere
«È la riforma di chi crede nella Costituzione e nella giustizia come servizio ai cittadini. È la storica battaglia trentennale dell’Unione delle Camere Penali Italiane: non contro qualcuno, ma per tutti. Perché separare le carriere non è uno slogan, ma un atto di civiltà. Dire SÌ significa, restituire credibilità e autorevolezza alla magistratura, avere un processo più giusto e una giustizia più trasparente nell’interesse di tutti i cittadini».
di Annamaria