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Caso Garofani, equilibri e scossoni disfunzionali

Equilibri e distonie

Caso Garofani, più che un “grosso scossone” una pesante imprudenza istituzionale. E la domanda diventa: ora, può restare?

Le dichiarazioni di Garofani contro la Meloni sono problematiche non solo per il ruolo di consigliere che ricopre, ma soprattutto per la sua funzione di Segretario del Consiglio Supremo di Difesa, che richiede un rapporto di fiducia con il premier, vicepresidente dell'organo stesso...

L'Intervento - di Carmelo Briguglio - 20 Novembre 2025 alle 13:28

Caso Garofani”. Ecco come la penso. Sintetizzo. Al Palazzo del Quirinale c’è un consigliere del Presidente della Repubblica, l’onorevole Francesco Saverio Garofani, che ha l’incarico degli affari del Consiglio Supremo di Difesa. Ora, il Presidente può nominare e tenersi come proprio consigliere chi vuole, ci mancherebbe altro. É vero che non ci sono precedenti non remoti di un “civile” in un ruolo che é affidato, per intuitive questioni di competenza, a un militare. E ciò vale soprattutto in un tornante della Storia, in cui l’esperienza specifica nel campo riveste un indiscusso valore. Ma nulla di formale ostava a quella nomina.

Caso Garofani, Meloni é il vicepresidente del Csd di cui il consigliere al Colle é segretario

É pure vero che quella scelta quirinalizia – quando Giorgia Meloni era all’opposizione – Fratelli d’Italia criticò apertamente: il prescelto era stato per tre legislature parlamentare del Pd; come dire, é uomo schierato, marcatamente di parte. La critica aveva una sua ratio, ma, convengo che tre anni fa FdI non poteva pretendere che il Capo dello Stato – che peraltro non aveva contribuito a rieleggere al Colle il 29 gennaio 2022 – cambiasse il proprio convincimento sull’idoneità del designato. La questione vera é che – in attuazione della legge istitutiva 624/1950, poi assorbita dal Decreto Legislativo n. 66 del 15 marzo 2010 e del regolamento varato con DPR 251/1990 – il Presidente Mattarella, appena rieletto, d’intesa con l’allora premier Mario Draghi, propose al CSD pro tempore, di destinare Garofani al ruolo di segretario del Consiglio. Il Consiglio di allora votò la nomina.

Non si faccia confusione: la nomina di Garofani in qualità di consigliere presidenziale, rientra nelle prerogative del Capo dello Stato. Così non é per il segretario del CSD, la cui elezione richiede un’intesa del presidente col premier in carica, e una votazione collegiale da parte del plenum. Mi viene da ragionare su un primo dato obiettivo: il CSD é un organo di rilievo costituzionale che é presieduto da Mattarella, ma il vicepresidente é, per legge, il presidente del Consiglio dei ministri Giorgia Meloni (articolo 5 del DPR 251/1990). Un elemento che é stato finora trascurato nelle analisi del caso.

Lo scossone di Garofani e il diritto-dovere di Bignami

Lo stesso Consiglio Supremo di Difesa, é composto nella sua maggioranza, da ministri dell’esecutivo in carica. Certo, la durata del CSD coincide col settennato del Presidente. E quindi scadrà tra quattro anni. Ma faccio, davvero molto rispettosamente, notare: può il segretario del CSD, esprimersi con linguaggio così rozzamente imprudente, come ha fatto Garofani, dinanzi a un uditorio di “politici, funzionari e sportivi” – leggo dalla Verità, il quotidiano diretto dal pugnacissimo Belpietro che ha sollevato il caso – nei confronti del premier che é vicepresidente dell’organo del quale lo stesso Garofani é segretario? Non é necessario il permanere di un rapporto di fiducia tra il segretario del CSD da un lato, e il capo del governo dall’altro?

Quelle parole, l’auspicato “grosso scossone” – ma di che natura dovrebbe essere? E da chi dovrebbe essere provocato? E con quali mezzi? – non hanno ormai incrinato una relazione necessaria? Domande inevitabili. Quanto a Galeazzo Bignami, a mio parere, ha esercitato il suo diritto-dovere di leader parlamentare del partito di maggioranza relativa: non poteva ignorare dichiarazioni cosi inopportune e di forte impatto pubblico, che autorizzano le più varie ipotesi di contrasto del primo ministro da parte di un soggetto titolare di una alta funzione istituzionale, svolta negli interna corporis della Presidenza della Repubblica.

Bignami non ha tirato in ballo Mattarella, come ha chiarito con determinazione la stessa premier Meloni. Ma proprio e soltanto Garofani, che non ha smentito e anzi ha confermato il suo dire derubricandolo a ciarle da bar, come se queste fossero una postura ammissibile per il rango ricoperto. E francamente il capogruppo di FdI non meritava la reprimenda del Colle: aveva tutte le ragioni di chiedere conto e ragione delle dichiarazioni virgolettate dello stesso Garofani, il cui ruolo di segretario del CSD, è stato finora poco valutato, rispetto a di quello di semplice consigliere presidenziale.

Poteri e doveri del segretario del CSD

Ora, é proprio la funzione di segretario del CSD che rende problematica la posizione di Garofani. Il segretario del CSD non é soltanto un consigliere del Capo dello Stato; é il titolare di una attività che va oltre e interagisce con delicate attribuzioni del governo e del premier in materia di difesa e sicurezza nazionale. «Il segretario del Consiglio sottopone al Presidente della Repubblica l’ordine del giorno di ciascuna seduta del Consiglio, formato sulla base delle istruzioni impartite dallo stesso Presidente, d’intesa con il Presidente del Consiglio dei Ministri, nonché delle richieste formulate dal Presidente del Consiglio dei Ministri…» recita l’articolo 3 del regolamento del CDS.

E secondo l’articolo 11 il segretario é colui che «redige il processo verbale di ciascuna seduta», il quale «è classificato “riservato”, salvo diversa classificazione disposta dal Presidente del Consiglio dei Ministri». E – faccio osservare – solo dallo stesso e da nessun altro. Parimenti la eventuale «declassificazione del verbale, o di parte di esso, è di competenza del Presidente del Consiglio dei Ministri».

La sintonia tra i due Presidenti é una garanzia

Poteri e doveri di prima grandezza. Capite, adesso quale delicatissimo limes ha travolto “il grosso scossone” di Garofani e la sua “chiacchierata in libertà tra amici” contro la Meloni. Sono chiaro: secondo me in una democrazia stabilizzata, qual é la nostra, chi esercita un alto mandato di civil servant, sa qual é il suo dovere quando incappa in un “incidente” del genere. E lo sa meglio di ogni altro uno statista “antico” e saggio qual é il nostro capo dello Stato. Al suo alto magistero in ogni caso é giusto rimettersi. Perché sopra tutto e tutti «salus rei publicae suprema lex esto»: la “sintonia istituzionale” tra i due Presidenti ne é garanzia imprescindibile.

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di Carmelo Briguglio - 20 Novembre 2025