Allergia al confronto
Altre sinistre, altri tempi: quando Bertinotti sfidava a viso aperto il ring di Atreju. Oggi Schlein traballa e detta le condizioni
Buona la terza. Elly Schlein per questa edizione di Atreju (dopo due dinieghi) sembra pronta a varcare la soglia del villaggio della tradizionale kermesse di Fratelli d’Italia per un confronto a tutto campo. Lo farà solo se sarà un big match con Giorgia Meloni – è trapelato – in caso contrario non andrà. Francesco Boccia si precipita a confermare che la segretaria è pronta. Dopo la strategia dell’opossum, che si finge morto, la segretaria dem deve aver capito che è meglio dare segnali di vita e farsi coraggio se vuole ambire alla leadership del centrosinistra, già messa a dura prova da possibili competitor interni ed esterni.
Atreju: chi ha paura del confronto? La sfida destra-sinistra è un cult
Se teme accoglienze fredde o agguati da parte dei padroni di casa non conosce la storia della festa della destra giunta alla 26esima edizione, né lo spirito che ha animato fin dalle origini gli organizzatori. È nata nel 1998 nella cornice del parco archeologico di Colle Oppio come kermesse “semi-artigianale” dei militanti di Azione Giovani, pionieri under 30 di An che hanno anticipato svolte e linguaggi nuovi, con una buona dose di goliardia e impertinenza. Giovani che poi hanno ‘ceduto’ ai grandi una formula vincente che ha trasformato la festa in un appuntamento che detta l’agenda politica, che ha attraversato tutte le tappe della destra politica, rappresentando anche un crocevia di ospiti internazionali. Oggi è la kermesse nazionale del primo partito italiano.
Nella tana del lupo Bertinotti, D’Alema, Veltroni, Conte e Minniti
Quella di ospitare duelli con gli avversari politici, big della sinistra, premier e ministri di governi di segno opposto, è una costante di Atreju, la sua cifra più autentica. Nel corso degli anni sono saliti sul palco del protagonista della Storia Infinita di Michael Ende i massimi esponenti della politica italiana – destra, sinistra, centro – perché trasversalità, dialogo e sfida sono da sempre il sale della kermesse. Tanti gli avversari che non declinato l’invito e non hanno rinunciato a entrare nella tana del lupo. A partire da Fausto Bertinotti, all’epoca presidente della Camera, che nel 2006 duellò con Gianfranco Fini. E fu molto applaudito quando condannò l’invasione sovietica dell’Ungheria del 1956. “Accettai l’invito per spostare lo scontro sul terreno politico”, dirà il leader di Rifondazione molti anni dopo.
Confronto e goliardia sono la cifra autentica della kermesse di FdI
E ancora Massimo D’Alema, Valter Veltroni, Gianni Letta, Matteo Renzi, Carlo Calenda. Ma anche Luigi Di Maio e Giuseppe Conte. Era il 2019 quando il leader grillino, all’epoca premier, accettò la sfida per un’intervista con Bruno Vespa sul palco dell’Isola Tiberina (“Giorgia! Pensavi che non venissi!”). Oggi vorrebbe tornare non senza qualche punzecchiatura agli organizzatori dopo aver appreso la possibilità di un big-match Meloni-Schlein. Perché a Elly sì e a lui no? “Anche io l’anno scorso, quando ero stato invitato ad Atreju, avevo sondato la disponibilità della premier Meloni per un confronto diretto con me. Quella disponibilità allora non mi venne data. Sono loro i padroni di casa, tocca a loro decidere se cambiare il format”. La candidatura è chiara mossa dalla voglia di non fare il comprimario.
Gli scherzi memorabili, i kaziri per Fini e la Borgata Pinarelli per Veltroni
Nel denso calendario della festa, tra spettacoli, presentazioni librarie, sfide culturali c’è sempre un ring politico in cui destra e sinistra incrociano metaforicamente i guantoni all’insegna del confronto tra programmi e visioni diverse. Atreju non è mai stata un passerella autoreferenziale, una kermesse chiusa, come la festa dell’Unità tanto per non fare nomi dove l’ospitata dell’avversario è una notizia, un’eccezione. Non una festa autocelebrativa ma un luogo aperto ai cittadini. Largo ai ‘nemici’ dunque, accolti con applausi e grande curiosità dal pubblico giovanile e non solo. Compagni cresciuti a pugni chiusi e Bella Ciao hanno sfidato la destra, scoprendo un universo complesso, maturo, ben diverso dal racconto stereotipato di una stampa pigra, sempre lì a misurare il tasso di nostalgismo nascosto.
Oggi la sinistra ha paura del confronto e Schlein detta le condizioni
Avversari e non si sono sottoposti agli scherzi più insolenti, perché la goliardia è l’altro ingrediente che non può mancare ad Atreju. Ne hanno fatto le spese tutti. Lo stesso Gianfranco Fini, padrone di casa, al quale è stato chiesto un impegno a tutela della minoranza cristiana degli inesistenti “kaziri” del Turkmenistan. Il leader di An, con il suo proverbiale aplomb rispose inventando a sua volta, per poi scoprire il tranello dei giovani. Non meno divertente il siparietto con Veltroni, sindaco di Roma, al quale vennero chiesti lumi sulla borgata Pinarelli, inventata di sanapianta. Non riuscì a svicolare alla trappola neppure l’algido D’Alema al quale il giovane di turno salito sul palco chiese la disponibilità a firmare una petizione per una inesistente vittima della caduta del Muro di Berlino. Oggi una sinistra abbarbicata all’ideologia, che litiga sul copyright di Pasolini, carente di programmi, sembra avere paura del confronto, dello scivolone a favore di telecamera. Sarà per questo che Nicola Fratoianni ha già detto che non metterà piede ad Atreju, più “coraggioso” Angelo Bonelli che dovrebbe andare. Dalla Bertinotti alla coppia di Avs il salto di statura è forte.