
Monsieur le President
Un disastro targato Macron: instabilità politica, debito pubblico, malessere sociale. E la Francia paga il conto
Le dimissioni di Lecornu sono l'ultimo atto di una crisi del macronismo iniziata molto prima delle europee del 2024 e resa devastante dalla volontà del presidente di rimanere in sella a tutti i costi
Con le dimissioni di Sebatien Lecornu da primo ministro, Emmanuel Macron inanella l’ennesimo fallimento record da quando, a seguito delle elezioni europee dello scorso anno, decise con una mossa disperata di sciogliere l’Assemblea nazionale nella speranza di evitare l’approdo al governo del Rasseblement national. Mossa miope riuscita in questo obiettivo grazie alla nascita del Nuovo fronte popolare, una sorta di arco costituzionale in salsa francese, ma pagata a carissimo costo dal Paese. Che si è ritrovato alle prese con una crisi politica senza precedenti, durante la quale si sono susseguiti tre governi in 13 mesi, e l’espolosione di tutte le contraddizioni sociali ed economiche legate al macronismo, a partire dalla crisi dei conti pubblici.
Non ne è rimasto neanche uno: Macron ha consegnato la Francia a una insostenibile instabilità politica
Lecornu con le dimissioni di oggi incassa il non invidiabile primato di essere stato il primo ministro più fugace di Francia: è rimasto in carica meno di trenta giorni, dal 9 settembre al 6 ottobre. Fedelissimo del presidente, Lecornu è stato ministro nei governi francesi dell’era macron fin dal 2018. Il suo fallimento è in tutto e per tutto l’ennesimo fallimento di Macron. Ma, del resto, è in buona compagnia dei premier immediatamente precedenti: a ritroso, François Bayrou, durato nove mesi, e Michel Barnier, durato tre mesi. A completare il quadro va anche ricordato che lo scioglimento dell’assemblea dopo le europee di giugno non è stata la causa ma l’effetto di una crisi del macronismo iniziata già prima e, non a caso, segnata dalle dimissioni di altri due premier fedelissimi del presidente: Elisabeth Borne, durata poco più di un anno e mezzo tra il 2022 e il 2024, e Gabriel Attal, enfant prodige del macronismo come Lecornu, che a Matignon ha retto 9 mesi, per poi lasciare il passo a Barnier.
I conti in rosso che hanno fatto di Parigi la nuova “malata d’Europa”
Nel frattempo in Francia succedeva di tutto. Ma certamente lo choc più grave è stato quello della crisi economica. La Francia, secondo l’aggiornamento inviato da aprile all’Ue, si ritrova con un deficit di 155 miliardi, pari al 5,2% del Pil. Quello che ne è seguito è noto: Parigi ha preso a essere additata come nuova “malata d’Europa” e a essere sottoposta a poco lusinghieri paragoni con l’Italia, che invece ha invertito il trend e si prepara a uscire in anticipo dalla procedura di infrazione. Con tanto di paragoni espliciti e inviti a seguire l’esempio di Roma, dalla francese presidente della Bce Christine Lagarde, al settimanale L’Express, che ha esplicitamente messo a confronto la debolezza di Macron con la credibilità di Giorgia Meloni.
Il mese scorso questa crisi economica e politica si è trasformata per la Francia in un declassamento del rating da parte di Fitch e oggi, dopo le dimissioni di Lecornu, è arrivata la notizia di un’impennata dei titoli di stato d’Oltralpe, che conferma la preoccupazione dei mercati e impatta ulteriormente sui conti pubblici.
La crisi sociale, tra manifestazioni anti-migranti e rivolta contro le misure fiscali
Il complicato combinato disposto di conti pubblici disastrosi e precarietà dei governi ha fatto anche esplodere la crisi sociale. Bayrou, “forte” dei suoi nove mesi di governo, è quello che è riuscito a dare meglio degli altri la misura di quanto il disgraziato tentativo di Macron di rimanere in sella a tutti i costi sia stato privo di visione e di cura per il Paese: tra abolizione di giorni di festa, riforma delle pensioni e tentativo di scaricare la colpa su un presunto “dumping fiscale” dell’Italia ai danni della Francia, l’ex-ex premier si è distinto per goffaggine e incapacità. Ritrovandosi per le mani una Francia infiammata, tra rivolte contro i migranti e contro i tagli alla spesa pubblica e le misure fiscali.
Il coro “Macron dimettiti”, dai Republicains a Melenchon
Nel frattempo Macron cercava di puntellare la sua posizione buttandosi a capofitto sulla politica estera, a partire dalle fughe in avanti sui volenterosi. E pure lì non è andata esattamente come sperava. «L’interesse della Francia comanda che Emmanuel Macron programmi le sue dimissioni per preservare le istituzioni e sbloccare una situazione che rimane irrisolvibile», ha detto oggi il vice presidente di Les Republicains e sindaco di Cannes David Lisnard, ricordando che Macron è «il primo responsabile di questa situazione». «Sono in gioco la Quinta Repubblica e l’avvenire del nostro Paese», ha chiarito Lisnard, mentre anche Jean-Luc Melenchon, leader del partito di estrema sinistra France Insoumise, chiedeva «l’esame immediato» della mozione per la destituzione del presidente Emmanuel Macron, presentata da 104 deputati dopo le dimissioni del Premier Sebatien Lecornu. Macron, ha commentato Marine Le Pen, chioedendo lo scioglimento dell’Assemblea nazionale, «sta resistendo in modo irrazionale e sta mettendo il Paese in una situazione terribilmente complicata».