Il libro
“Torino, 16 maggio 1976”: Culicchia racconta l’ultimo scudetto granata. E si tifa come se il finale fosse ancora da scrivere
Il romanzo incrocia la biografia della squadra con l'autobiografia dell'autore. Si tratta di un volume che trasuda calcio e passione, riuscendo a restituire tutto il trasporto per una stagione che segnò un vero miracolo sportivo
Cinquant’anni, o quasi. Il prossimo maggio sarà passato mezzo secolo dall’ultimo Scudetto vinto dal Torino di Gigi Radice. Una vita intera, forse anche due. Allora, però, nessuno avrebbe mai potuto immaginare che sarebbe stato l’ultimo tricolore della serie, per poi lasciare spazio a un digiuno fatto di amarezze e illusioni. Come quella di poter mettere in bacheca la coppa Uefa; invece, a essere alzata, il 13 maggio del 1992 ad Amsterdam, fu soltanto la sedia di Mondonico in un moto di tragica ribellione contro il fato. Ma quella è un’altra storia.
“Torino, 16 maggio 1976”: il romanzo che racconta l’ultimo scudetto dei granata
Torino, 16 maggio 1976. Un tuffo al cuore vecchio e granata (66thand2nd, 2025) è il romanzo dell’ultimo campionato domato dai granata. E a scriverlo è Giuseppe Culicchia, l’autore cioè di Uccidere un fascista, dedicato all’omicidio di Sergio Ramelli e di Il tempo di vivere con te, il libro che racconta la vicenda di Walter Alasia, il brigatista morto la notte tra il 14 e il 15 dicembre 1976 a seguito di uno scontro a fuoco con la polizia, durante il tentativo di arrestarlo (quella notte morirono anche il maresciallo Sergio Bazzega e il vicequestore Vittorio Padovani). Alasia era il cugino di Culicchia. E quella morte, avvenuta a sette mesi dallo Scudetto granata, segna una cesura personale e famigliare traumatica, un prima e un dopo che ha a che fare proprio con quella stagione calcistica irripetibile.
Un racconto «ibrido»
Torino, 16 maggio 1976 è un «romanzo ibrido», per dirla con lo stesso autore. Dove all’interno convivono la «biografia di una squadra» e l’autobiografia di un bambino di undici anni che ha seguito l’impresa dei gemelli del gol, Pulici e Graziani, una vittoria alla volta, fino al trionfo finale da celebrare in quel di Superga, il sancta sanctorum della fede granata, il luogo della tragedia per eccellenza. Ebbene, la morte di Alasia metterà fine a quell’incanto adolescenziale, a una magia che appena l’anno dopo rischierà di ripetersi per poi cedere il passo, per un punto soltanto, ai bianconeri di Trapattoni. La passione di Culicchia per i Granata, a cui dedicherà un gustoso pamphlet dal titolo Ecce Toro (Laterza), tuttavia non verrà mai meno. Sarà diversa. Almeno a livello personale.
Quel miracolo calcistico visto attraverso gli occhi di un bambino
Questa lunga premessa però non deve trarre in inganno il lettore. Il romanzo è dedicato squisitamente al miracolo calcistico scolpito nel 1976, sebbene il punto di vista sia quello di un piccolo tifoso che, quando giocava da solo a pallone, non poteva non immaginarsi nei panni dei suoi eroi. Come ogni bambino, del resto. Di allora e di oggi. Un libro che trasuda calcio e passione, che celebra il ritorno imperioso – grazie a mister Radice – di quel tremendismo granata che rese, negli Anni Quaranta, il Filadelfia un fortino inespugnabile. Cos’è? Ecco la risposta: «I nostri si trasformavano e cominciavano a battersi alla morte su ogni pallone. Arrivavano sempre prima degli avversari, correvano come matti. E Mazzola, avresti dovuto vederlo: attaccava, difendeva, faceva da regista e da punta, era immarcabile. Non ho mai visto nessuno forte come lui».
Novanta minuti al cardiopalma: leggere Culicchia per viverli come se il finale dovesse ancora essere deciso
Un libro per celebrare una squadra straordinaria. Pulici sarà il capocannoniere del campionato, lui «che quando aveva il pallone tra i piedi e attaccava a testa bassa si orientava in base al tifo della Maratona». Terzo per numero di reti sarà Ciccio Graziani, campione del mondo nell’82, ma con la maglia viola: «Generosissimo in campo e fuori, sempre pronto a battersi su ogni pallone, da vero centravanti di movimento». Certo, senza gli assist di Claudio Sala non sarebbero mai arrivati così tanto in alto. Dietro, in porta, c’era Luciano Castellini detto «il Giaguaro»: «Capace di arrampicarsi in cielo con un colpo di reni, parò di tutto, nel corso di quel campionato irripetibile». A ognuno dei «magnifici 11 (+8)» Culicchia dedica un ritratto da palle d’oca. Ma a ripagare l’intero prezzo del libro possono bastare le pagine dedicate a quell’ultima partita, il pari in casa con il Cesena con tanto di autogol, mentre la Juventus veniva sconfitta a Perugia. Novanta minuti da cardiopalma che Culicchia rende come se il finale dovesse ancora essere deciso, costringendoti a rimanere incollato alla pagina. Invece, è già tutto nella storia.