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Report e la “bufala” del Garante imbeccato: “Decisioni prese dal Collegio”. FdI: “Ghiglia scelto nel Conte-bis”

Si sgonfia il caso

Report e la “bufala” del Garante imbeccato: “Decisioni prese dal Collegio”. FdI: “Ghiglia scelto nel Conte-bis”

Politica - di Lucio Meo - 26 Ottobre 2025 alle 17:56

Tanto rumore per nulla. L’inchiesta di “Report” sulla multa comminatagli dal Garante della Privacy – un Collegio composto da quattro persone – dopo la diffusione degli audio privati dell’ex ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, con la moglie Federica Corsini, a proposito del caso Boccia – si è sgonfiata ancora prima che la puntata dedicata alle presunte pressioni di FdI sull’autorithy andasse in onda. Quei 150mila euro di multa alla redazione di Sigfrido Ranucci, per violazione delle più elementari norme sulla privacy personale, bruciano ai contribuenti, più che allo stesso giornalista, e nulla hanno a che vedere, ovviamente, con il recente attentato da lui subito, sul quale la solidarietà è stata bipartisan.

Il video nel quale si vede uno dei quattro consiglieri, Agostino Ghiglia, con un passato nel Msi, entrare nel Palazzo di via della Scrofa il giorno prima dell’erogazione della sanzioni, è stato presentato come la prova di una “pressione politica” di FdI contro la redazione di Report. Ma le cose non stanno così. In primis perché i componenti dell’Authority sono quattro (Pasquale Stanzione, Presidente, Ginevra Cerrina Feroni, Vicepresidente, Agostino Ghiglia e Guido Scorza, componenti) e deliberano, dopo un’istruttoria degli uffici, con una decisione a maggioranza. E sembra strano che un organismo nominato dal Parlamento nel 2020, con un maggioranza giallo-rossa che sosteneva il governo Conte-bis, si sia consegnato a un partito che al tempo aveva solo il 4% e stava all’opposizione. Pensare che un solo componente possa aver condizionato, dopo essere stato a sua volta condizionato, le decisione di un organo complesso e collegiale come l’Authority per la Privacy, sembra davvero paradossale. Ma Sigfrido Ranucci, conduttore di Report, ha reagito accusando “qualcuno” di “armare il Garante della Privacy per punire Report e lanciare un segnale ad altre trasmissioni”, suggerendo un’influenza politica dietro la sanzione.

Report e le pressioni sul Garante: la replica dell’Authority

“Il Garante per la protezione dei dati personali, in relazione alle ultime notizie di stampa, ribadisce la piena indipendenza di giudizio e la libertà di determinazione dei suoi componenti”, sottolinea lo stesso Garante sul caso Report che ritiene doveroso precisare, per la massima chiarezza, “che ogni procedimento è istruito dagli uffici, che in esito a tale istruttoria predispongono uno schema di provvedimento a cui fa seguito, da parte del componente relatore, la presentazione della proposta al Collegio (articolo 15 regolamento 1/2000) – continua il Garante – Tale proposta può, pertanto, essere deliberata, o meno, dal Collegio, il quale, dunque, può condividerne, o meno, il contenuto”. “Le deliberazioni sono adottate a maggioranza dei votanti e, ai sensi dell’articolo 153 del codice privacy, il voto del presidente prevale in caso di parità – conclude – Il Garante conferma, in tutti i suoi componenti, che nel caso della sanzione irrogata a Report la predetta procedura è stata pienamente rispettata: dopo ampia discussione, il Collegio ha deliberato in linea con la proposta degli uffici”.

La precisazione di FdI: “Nomine avvenute con Conte…”

Da Fratelli d’Italia è il senatore di Fratelli d’Italia, Costanzo Della Porta, componente della Commissione Affari costituzionali, a dare un taglio alla vicenda.”Ranucci insiste nella sua bizzarra tesi, quella secondo la quale il Garante per la protezione dei dati personali nel sanzionare la Rai agirebbe su indicazione del governo Meloni e di Fratelli d’Italia. Questa sanzione, invece, è corretta e pienamente rispettosa delle norme in materia di privacy. Ma soprattutto Ranucci non dice che chi oggi siede alla Privacy è stato eletto nel 2020, quando c’era il governo Conte bis sostenuto da Pd e M5S, e in quel Parlamento Fratelli d’Italia era all’opposizione con un peso parlamentare pari al 4 per cento degli eletti. Insomma, altro che emanazione del governo Meloni, come sostiene Ranucci, l’attuale Garante per la protezione dei dati personali è espressione del Parlamento della scorsa legislatura. L’ennesima conferma della strumentalità delle accuse di Ranucci”.

La nota durissima di Federica Corsini

In serata è intervenuta anche la giornalista Federica Corsini, moglie di Gennaro Sangiuliano: “E’ tempo di ristabilire la verità dei fatti. Fino a oggi ho mantenuto il massimo riserbo sulla vicenda che ha visto coinvolto l’allora ministro Gennaro Sangiuliano, nel rispetto delle istituzioni e del mio personale stile di vita, fondato sulla discrezione. Ho atteso che le autorità competenti approfondissero i fatti, pur essendo, in ultima analisi, la principale vittima di quanto accaduto. Ritengo però necessario intervenire ora, per tutelare la verità storica e giuridica di questa vicenda, che rischia di essere oscurata da tentativi, comprensibili ma infondati, di spostare l’attenzione dal cuore del problema”. “Si cerca infatti di accreditare la tesi di presunti ‘interventi esterni’ volti a influenzare la decisione del Garante per la protezione dei dati personali. È un’ipotesi del tutto priva di fondamento, e rappresenta un nuovo, inaccettabile attacco alla mia persona. Il Garante non aveva altra scelta se non quella di intervenire, alla luce di circostanze oggettive e documentate”.

L’audio – spiega Corsini – divenuto di dominio pubblico è stato illecitamente acquisito da una persona oggi imputata, con me parte offesa. La Procura della Repubblica di Roma lo afferma chiaramente nelle sue conclusioni, che ricostruiscono le modalità con cui il file è stato ottenuto e diffuso. Proprio per queste ragioni, tramite i miei legali, ho diffidato, l’8 dicembre 2024, la Rai e la trasmissione ‘Report’, non dal dare la notizia, cosa che da giornalista non avrei mai chiesto, ma dal trasmettere l’audio, che mi avrebbe esposta a un’ulteriore mortificazione pubblica dopo mesi di attenzione mediatica”.

“Come sottolinea la Procura, a differenza di un altro giornalista al quale l’audio era stato ‘proposto’ e che lo aveva rifiutato, Report ha scelto di accettarlo e diffonderlo, pur conoscendone la provenienza illecita. Ciò rileva sia sotto il profilo penale (atti persecutori e interferenza illecita nella vita privata), sia sotto quello della tutela della riservatezza. Nella richiesta di rinvio a giudizio della Procura di Roma, al capo 4) di imputazione, si fa riferimento esplicito anche alla data dell’8 dicembre 2024, giorno della messa in onda della trasmissione, e di commissione del reato, evidenziando la piena consapevolezza della natura illecita del materiale diffuso. È quindi fuorviante, e palesemente ‘difensiva’, la tesi – sottolinea – secondo cui il Garante sarebbe stato mosso da influenze esterne o da valutazioni politiche”. “Le sue decisioni si fondano su fatti oggettivi e inequivocabili, ribaditi anche nelle conclusioni della Procura di Roma”, conclude Federica Corsini.

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