Il mandato popolare
Ponte sullo Stretto, il freno della Corte dei Conti è uno schiaffo ai cittadini, non al governo
All’indomani del rifiuto di registrare la delibera Cipess sul Ponte sullo Stretto di Messina, la Corte dei conti ha rilasciato una nota nella quale ha rivendicato di essersi espressa «su profili strettamente giuridici della delibera, relativa al Piano economico finanziario afferente alla realizzazione» dell’opera, «senza alcun tipo di valutazione sull’opportunità e sul merito dell’opera». «Le sentenze e le deliberazioni della Corte dei conti – si legge ancora nel comunicato – non sono certamente sottratte alla critica che, tuttavia, deve svolgersi in un contesto di rispetto per l’operato dei magistrati».
Dai Cpr al Ponte sullo Stretto: quei freni sospetti della magistratura
Se le si leggono astraendosi dal caso specifico, le argomentazioni della Corte dei conti appaiono assai simili a quelle con cui altri magistrati hanno, per esempio, pervicacemente respinto i provvedimenti di trattenimento dei migranti destinati al Cpr in Albania. Di fatto opponendosi all’azione politica in capo al governo, sebbene con il solo risultato semmai di rallentare i processi, non di fermarli.
«Sarà un caso?»
Sarà certamente un caso che su misure qualificanti per l’esecutivo e molto invise alla sinistra la magistratura trovi spesso e volentieri motivi ostativi, ma la circostanza esiste, è sospetta e assume i connotati di quello che la premier Giorgia Meloni, commentando il rigetto, ha definito «l’ennesimo atto di invasione della giurisdizione sulle scelte del governo e del Parlamento» e una «intollerabile invadenza che non fermerà l’azione di governo, sostenuta dal Parlamento». Il fatto che quel no sia arrivato alla vigilia del voto al Senato sulla storica riforma della giustizia decisamente non migliora il quadro. Anche perché, al Senato, si discute anche la riforma della stessa Corte dei conti. «Sarà un caso?», si è domandata il ministro delle Riforme, Elisabetta Casellati, parlando di «decisione singolare su un progetto così importante».
Il Ponte sullo Stretto di Messina nel programma di governo
Il punto non è quello di rivendicare «i pieni poteri», come si leggeva sui cartelli alzati dall’opposizione al Senato dopo il voto che ha dato il via libera alla riforma della Giustizia. Ma di mantenere i poteri per cui il governo è stato votato. Come la lotta all’immigrazione clandestina, la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina è scritta nero su bianco nel programma del centrodestra, con cui la coalizione si è presentata ai cittadini e per cui i cittadini l’hanno votata. È, per altro, un comma del secondo punto del programma, quello su “Infrastrutture strategiche e utilizzo efficiente delle risorse europee”. «Potenziamento della rete dell’alta velocità per collegare tutto il territorio nazionale dal Nord alla Sicilia, realizzando il Ponte sullo Stretto», si legge nel programma. Oltretutto, l’opera riscontra e ha riscontrato nel tempo un sostegno diffuso da parte di categorie, sindacati, comitati, cittadini, anche se sui canali mainstream a trovare spazio sono per lo più gli esponenti di quel rumoroso “fronte del no”, a questa come ad altre opere, che va dagli ambientalisti alla sinistra.
Alta attenzione sulla correttezza delle procedure o bassa considerazione del mandato popolare?
Più sotto, nel capitolo “Sicurezza e contrasto all’immigrazione illegale”, un punto è dedicato alla «creazione di hot-spot nei territori extra-europei, gestiti dall’Unione Europea, per valutare le richieste d’asilo». Ricorda qualcosa? È chiaro che il programma di governo va attuato nelle forme corrette previste dal nostro sistema, ma è altrettanto chiaro che non si può assistere a una sistematica ricerca di appigli giuridici per frenare le azioni del decisore politico. Perché l’impressione che passa non è quella di un’alta attenzione sulla correttezza dell’operato istituzionale, ma di una bassissima considerazione del mandato popolare su quell’operato.